Sorge il sole da ovest, il merlo gracchia sopra la croce; agli uomini crocifissi manca l'addome, a quelli impiccati le gambe. La via dei cipressi è deserta e al lato destro della strada stanno le croci. Gli uomini morti sono lì da giorni, si capisce dalla pelle secca e dalla terribile puzza. Laggiù, lontano, un castello si erge su un colle, circondato da tre larghe mura e difeso da torri alte come monti. Un corno suona, un corvo gracchia, un grido nella aria e il cielo cade. Il cielo cade. Blu come è il mare si precipita addosso alla terra e la bagna con le sue stelle. L'acqua del cielo soffia come vento e fa' freddo, molto freddo. Tutto è bianco come neve e il cielo, che non è più cielo, ora sembra una lastra di ghiaccio che imprigiona il sole. Lì sta un pesce, in mezzo all'acqua del cielo che lo circonda e cerca di nuotare verso il ghiaccio. Si scontra con la lastra che imprigiona il sole e muore. Ancora una volta è il pesce in trappola. E lui, lui è ancora sulla via dei cipressi che si dirige al castello. Cammina sotto l'acqua del cielo mentre le stelle lo guardano con fare altezzoso perché esse sono più belle e più in alto. Il condor lo segue, di croce in croce, e gracchia. Ma lo guarda come un padre che guarda il figlio che sbaglia la strada. Allora la rondine vola nell'acqua e cerca di raggiungere il ghiaccio che imprigiona il sole. E l'aquila gracchia. Lui segue la creatura perché ne è estremamente attirato. Le ali renderebbero libero l'uomo di raggiungere le vette più alte del mondo. Un uomo che vola; nulla di più insensato. Lui segue la creatura e raggiunge il limite del ghiaccio. Vede dall'altra parte, lì è il sole, gli alberi e un'altra terra. Guarda in basso, non c'è più terra ne stelle ma solo acqua e accanto a lui la creatura. Il merlo gracchia e becca il ghiaccio. Lui guarda ancora dall'altra parte. Il mondo è tinto di rosso. Le teste dei genitori di lui colorano il ghiaccio del loro sangue; le orbite vuote contengono le stelle e i pianeti. E il merlo è ora dall'altra parte del ghiaccio, dove è imprigionato il sole. È il sole ad essere in prigione o lui? Lui che è dove sta la morte e l'oscurità. Il merlo è ora libero perché può volare. Ma lui no. Lui vuole essere libero. E chiude gli occhi e cerca di superare il ghiaccio. Li riapre ma è sempre lì. Solo ora si accorge di essere sotto l'acqua del cielo, l'uomo non è ne del cielo ne dell'acqua. E non respira, soffoca; come il pesce, lui si scontra sul ghiaccio con forza fino a farsi male. E ancora più forte, sempre di più. Intanto l'acqua gli entra in bocca e lui urla e soffoca. Ora da' craniate contro il ghiaccio. Qualcosa si rompe. Forse la sua testa, forse il ghiaccio. Nessuno lo sa ma tutti sappiamo che come sempre l'elefante vola più in alto di tutti gli animali alati. Lui ora è libero.
Si svegliò, Oscar, e fece un lungo respiro a bocca aperta come se gli mancasse l'aria. Era come se fosse morto e poi tornato in vita. Nulla di più strano c'era nell'aria di quella mattina. Il sole era sorto, da dove non lo ha visto nessuno perché dormivano tutti. Nei sogni il sole sorge raramente e quando succede non è mai di buon auspicio per il futuro. Si svegliò di scatto e fece come uno che è appena riemerso dall'acqua. Era domenica. Si sentì bussare alla porta. Oscar si era alloggiato nella camera VI dell'osteria già da qualche mese. Entrò Giona, aveva la stessa età di Oscar e da tempo lavorava come tuttofare nell'osteria di Ben. Da poco Benjamin detto il Corto aveva aperto quest'osteria a cui diede il suo nome, aveva uno scudo appeso alla porta: lo stemma del signore oltre il Bosco Scuro. Giona era biondo, più basso di Oscar e sembrava il più giovane tra tutti i ragazzi del paesino a nord del bosco. Lavorava sodo tutti i giorni feriali ma nel tempo libero si dilettava ad essere il miglior amico di Oscar il Vagabondo. Una tradizione di paese era mettere un nomignolo a qualsiasi persona e chi era molto conosciuto poteva averne più di uno. Giona veniva chiamato il Temerario perché a soli sei anni uccise un cinghiale che voleva attaccare lui e suo padre nel bosco. Aveva con se un pezzo di pane e un po' di acqua. «Su, che fai ancora così? Vestiti! Ti ho portato una cosa da mangiare. Che mi guardi così? Siamo in quaresima. Mia madre neanche il pane mi ha fatto mangiare. Mi manda in chiesa solo con acqua nello stomaco, speriamo solo che il corpo di cristo mi ristori un pochino. Hai saputo? Liliana ha rotto il fidanzamento con il Barbaro. Oggi fai attenzione, potrebbe guardarti.» Oscar indossava un farsetto azzurro con ornamenti d'oro colorato, ma quanto avrebbe voluto indossare la sua cotta di maglia. «Tra tutti i paesini che ho visto questo è il primo così affezionato alla religione.» «Siamo all'antica?» chiese Giona. «No, di paesi all'antica ne ho visti. Ciò che mi sorprende è il vostro attaccamento alle tradizioni, e mi piace. In questo secolo è difficile trovare gente come questa.» «E pensare che è quasi mille e cinque.»
Erano in chiesa, padre Mario stava celebrando la sua messa e dal pulpito gridava ai giovani e alle giovani: «Porci, voi che venite a tubare come piccioni nella casa del Signore! Guardatevi uomini! Sembrate lupi intenti alla caccia e voi, donne! Pare che come agnelle vi lasciate catturare mentre sorseggiate l'acqua dal fiume per l'ultima volta. Un poco come se già sapeste cosa vi attende. Non lasciate che il leone afferri la gazzella! Siate pure come lo era la nostra santa vergine Maria! E voi, padri e madri perché non dite ai figli vostri che sono diventati una banda di balordi pervertiti? Cresciuti in un mondo che ormai non pone ne regole ne freni alla lussuria!...» Continuava così e pareva non finire, intanto Oscar aveva la sua Liliana da osservare. Lei bella come una rondine volava in alto cielo. Fatta da Dio per essere osservata e ammirata in tutta la sua splendezza. In chiesa la cosa funzionava così: i maschi tutti ai banconi di destra stando a fissare chi gli pigliava osservare mentre le donne, a sinistra, a prostrare la loro devozione al padre eterno, e poi di tanto in tanto, snervate dal voler sapere chi le fissava, buttavano giusto un occhio a chi esse volevano fosse colui che le fissasse. Liliana, in terza fila, vicino a sua cugina, quest'ultima poverina, Lira detta la Cornacchia, già sapeva che nessuno la guardava così con devozione pregò nostro signore, giro un attimo lo sguardo, veloce come un dardo, e vide come sempre che nessuno la fissava così come buttò l'occhio se lo rimise a posto e una lagrima di desolazione le uscì. Già mezza messa era passata, il prete al fine scese dal pulpito, ma Liliana ancora non s'era girata. Oscar la guardava come se fosse la madonna ma lei sembrava decisa a pregare tutto il giorno. Liliana temeva chi potesse stare a fissarla, era come se per un momento sentisse su di se il destino di mille anime perdute nell'amore, inoltre s'era da poco lasciata, come l'avrebbero chiamata se da un giorno all'altro si fosse trovata du nuovo fidanzata? Come minimo sgualdrina oppure svergognata. Ma la tentazione era troppo grande e il peso degli occhi troppo grave da portare ogni domenica santa. Allora per primo alzò lo sguardo al cielo, "Solo una rapida occhiata!" pensò e poi abbassò la testa. Da tempo le altre ragazze le avevano detto che era passato il tempo in cui tutti gli uomini la stavano ad osservare, che lei non ne aveva approfittato e che ora i ragazzi guardavano solo Benedetta detta la Tuttofare, lascio a voi l'interpretazione... E difatti era vero ma sino a quel momento non le era importato perché s'era sistemata con il Barbaro, ma ora nessuno la guardava e addirittura le era parso di vedere un giovincello che si voltava verso di lei ma in realtà s'era messo a guardare la cugina, stupita Liliana lo disse a Lira ed ella si voltò tutta contenta, appena però la Cornacchia incrociò gli occhi del giovane questi rabbrividi, si girò verso l'altare alla ricerca del crocifisso e si fece il segno della croce. Liliana continuava a guardare le pupille dei ragazzi, possibile che nessuno s'incrociava coi suoi? Uno si, tra la mischia di occhi sembrava una formica di fronte al mondo, ma c'era. Non riusciva a riconoscere il ragazzo ma lo guardò fisso negli occhi, questo bastava per risolvere ogni cosa.