Prologo/Capitolo 1

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L’uomo si allargò il nodo alla camicia con due dita, lasciandosi scappare un sospiro carico di mille altre apprensioni. Era stata davvero una lunga riunione quella. Per niente simile alle altre cinque che l’avevano preceduta. Una vera spina nel fianco. Non erano passati neanche tre mesi dalla sua vittoria stracciante alle elezioni, e già se ne pentiva. Nemmeno un secondo libero. E andando avanti la cosa non sarebbe che peggiorata. Aveva immaginato un meritato riposo dopo la sua scalata al potere, una vera e propria lotta, e invece la cosa non pareva avere fine. Raggiunse la porta del suo nuovo ufficio, una delle entrate apparentemente anonime della casa bianca. Quel luogo era la strana unione di un museo, una galleria d’arte e un antico tempio greco-romano. Il presidente se ne era innamorato al primo sguardo. Anche senza il fascino legato al nome del luogo, “ Sono il presidente e risiedo nella Casa Bianca, piacere” l’uomo si ritrovava spesso a fare discordi del genere fra sé e sé, rimaneva un bel po' di bellezza. Appena messo piede nello studio, Magnus Digby sì sentì subito meglio. La stanza ovale era di un banco caldo, su cui la luce schermata dalle tende alle finestre rimbalzava in morbide curve. Il mobilio era spartano, il necessario per accogliere un ospite, e formata dalla sua scrivania, la sua poltrona imbottita e tutta la cancelleria possibile  a tema stati uniti. Addossato ad una delle pareti curve, un divanetto faceva bella mostra di sé, candido, dai bordi dipinti d’oro. Al suo fianco, su un tavolino dalle gambe intagliate in zampe di leone, una calla solitaria era sbocciata da poco. Ecco quello per cui aveva tanto lavorato. Il presidente attraversò la sala con grandi falcate, andando ad occupare la poltrona tanto ambita. Alzò la testa all’aria, e un odore di cannella e legno gli massaggiò le narici, facendogli scappare un altro sospiro. Passò lo sguardo carico di ammirazione sul suo nuovo impero. “ Io” pensò “Farò in modo che la storia si ricordi di quando Digby divenne presidente.” Tonkh.
Sbam.
Il dolore non arrivò subito. Lo svenimento, quello sì, fù immediato. Come il sangue. Quando Magnus riprese conoscenza, si accorse subito di essere legato, con delle corde strette che gli graffiavano la pelle. Non era più sulla poltrona dietro la scrivania, ma appoggiato alla porta d’ingresso,in posizione fetale. E ovviamente immobilizzato. “Mi dispiace dirle,signor ex presidente…” L’uomo sobbalzò per lo spavento, prima di darsi dello stupido da solo. Chi poteva averlo legato se non un intruso? Allungò il collo verso la fonte della voce, ma un lampo di dolore alla testa lo fece subire tornare al suo posto. “ Che ogni suo impegno futuro è stato appena cancellato.” “Verranno a cercarmi, lo sa vero?” Gli uscì un tono strozzato poco professionale. Come avrebbe potuto non sentirsi terrorizzato? Quel tale, chiunque fosse, era riuscito a introdursi nella Casa Bianca e a prenderlo come ostaggio. Doveva essere un professionista. Il presidente cercò di pulirsi le mani sudate contro i pantaloni come meglio poteva. “Non riuscirà nemmeno a fuggire. Sarà meglio se ti costituisci subito, se non vuoi passare tutta la vita in prigione.” Magnus si lasciò scappare un sorriso di vittoria. Tutti i telefilm serali che aveva seguito gli avevano insegnato che la paura di una vita dietro alle sbarre mettevano in ginocchio anche i più tenaci malavitosi. L’improvviso silenzio non fece che darli più fiducia. -Il mio primo attentato sventato proprio dalla vittima. Chissà, potrei anche farci un po' di pubblicità...-
Vrooh.Click.
Le ruote della sua poltrona scivolarono lungo il pavimento. Dalla sua visuale, Digby osservò le lucenti scarpe nere del suo rapitore mentre accerchiavano il suo tavolo, avvicinandosi. Alla sola vista dell’intruso, Magnus si lasciò scappare un singulto, seguito da un brivido. “Hai preso la decisione giusta. “ Il presidente allungò le mani legate, la voce poco più di un sussuro. Ma invece del coltello che si sarebbe aspettato, l’uomo gli allungò contro qualcosa di non molto più grande, grigia metallo, e con un foro che si appoggiò con delicatezza alla fronte di Digby. Tutto il fiato che aveva nei polmoni sparì in un attimo, lasciandosi dietro solo una gola secca. “Io voglio solo il bene per questo paese, proprio come lei.” “La prego” Il presidente fissò gli occhi in quelli del suo rapitore. “ Il futuro inizia oggi Digby. Ma lei non vivrà abbastanza per conoscerlo.”
Bang.
Magnus non provò nulla tranne che un gelido abbraccio mentre il proiettile gli attraversava il cranio. Il suo corpo senza vita si accasciò a terra come una foglia secca.

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