Capitolo 2/3

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Dodici chili di bolide. Non abbastanza leggera per poter contrastare la forza di gravità a lungo, soprattutto con un carico di due persone. Alluminio e leghe di carbonio ne componevano la struttura esterna, una scatoletta pallida larga due dita e lunga più di un metro, in altezza mezzo. I due sedili erano incassati nella struttura, due depressioni sporgenti con il solo comfort di una striscia di tessuto ciano a proteggere il culo dal metallo sottostante. Non aveva ruote per atterrare; all'estremità inferiore si aprivano per l'evenienza due piedini impossibili da notare una volta tornati nell'incastro, su cui la piccola moto si adagiava una volta a terra. Generazioni di scienziati e ingegneri avevano passato intere notti insonni per dare alla luce il pezzo forte della struttura, alla coda e al capo del bolide: ciò che le permetteva di solcare libera i cieli con una potenza impossibile da eguagliare su terreno. I quattro propulsori non superavano le dimensioni di una mano. Potevano anche sembrare semplici coni bianchi, ma avevano partecipato alla creazione di una nuova Era. La volta celeste non era più un lusso per pochi, ma qualcosa possibile da raggiungere, facile come bere il cosiddetto bicchiere d'acqua.

Persephone sfilava sotto di noi, solo una macchia confusa di grigio e bianco. Aumentai la presa, poggiando la testa contro la sua schiena. L'aria ci turbinava intorno, sferzandomi il viso. I miei riccioli scuri, sfuggiti dal casco, si agitavano come serpi impazzite. Con una lenta manovra, il veicolo prese a discendere verso il basso, puntando il muso al suolo. I tetti dei palazzi si avvicinavano a vista d'occhio. Gli Skyline dei grattacieli formavano un anello intorno al centro della città. Il paesaggio prese forma con il diminuire della velocità. Si sarebbe potuta descrivere in molti modi la megalopoli di Persephone. Un panino a più strati, con infrastrutture e strade che si congiungevano e schiacciavano fra loro. Scorsi la sopraelevata che collegava il quartiere di Kameetown e la zona residenziale di Braedon. Strisce e strisce di macchine né affollavano la superficie, spintonandosi a suon di clacson. Modelli ormai antiquati e poco funzionali, con serbatoio a idrogeno. Il frastuono si disperdeva nell'aria per pochi metri, prima di venire respinto da mura insonorizzate. Gli edifici si innalzavano fin dai piani più bassi della città, spuntando qua e là come funghi. Sui tetti brillavano i pannelli solari. Ogni tanto si scorgevano aree verdi colme di alberi e aiuole, in cui camminava piccoli uomini grandi come formiche.

Il bolide svoltò a sinistra con un'ampia curva, immergendosi nella giungla di vetro e metallo. Seguì per qualche secondo la strada, a pochi metri dai tettucci delle auto, per poi svoltare senza emettere alcun suono in un viale alberato. Una cancellata che si apriva sia sulla destra che sulla sinistra e continuava per molti metri in tutte e due le direzioni sbarrava il continuo. Il ragazzo fece abbassare la moto volante fino a farle toccare il suolo, a pochi metri dalla barriera. Alla nostra destra si eresse con un fruscio una torretta di metallo, all'altezza delle nostre ginocchia ,mimetizzata nel terreno fino a poco prima. Dopo pochi suoni strozzati, una soave voce di donna alleggió nell'aria domandando i nostri nomi.

"PD23-Unit588" Una luce verde di conferma si accese per un secondo.
"PD12-Unit598" Anche al mio nominativo ci fu un segnale positivo. Il cancello sprofondò nella terra, lasciandoci la strada libera. Il ragazzo accelerò,lasciandosi alle spalle solo una nuvola di polvere e ghiaia.

L'edificio della Cooperative for the intelligent education of the young minds of the future non aveva che due piani, ma si allargava su uno spazio immenso di cui si perdevano i confini. Con la sua forma circolare che si stringeva leggermente verso la cima e i motivi colorati dei vetri poteva essere scambiato per un diamante multicolore. Più la moto si avvicinava al parcheggio adiacente, più era possibile ammirare i varii mosaici delle vetrate. Raffiguravano tutte le scoperte scientifiche e letterarie dell'ultima millennio, con colori vivaci e disegni singolari.

Raggiunto lo spiazzo di cemento, la moto prese posto in uno dei rettangoli delineati dalle righe bianche. Aiutandomi con il braccio di 588, scavalcai con la gamba sinistra il sedile e mi lasciai scivolare verso terra. Al contatto con il terreno, le mie caviglie ebbero un fremito, ma la sensazione di disagio non duró che per qualche minuto. Sul prato e negli spazi adiacenti all'entrata della Cooperative non so scorgeva anima viva, tranne che per qualche passero.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 03 ⏰

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