Chapter 5 - when you die slow

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Piangere sotto la propria pelle. Doyoung lo faceva spesso. I suoi occhi erano gonfi, il suo corpo avvampava. Tutte le lacrime trattenute sotto la sua epidermide, che celava al mondo. Il suo cuore si stringeva in una morsa dolorosa, fino a quando il petto non gli scoppiava per il dolore.

Serrava la mascella, stridendo i denti, deglutendo a fatica la saliva amara. Si raccomandava di rimanere forte, per non lasciar trapelare alcuna emozione, per non essere ciò che essi volevano.

Ogni lacrima invece che scivolare sulle sue gote scorreva nel suo corpo, attraversando le sue braccia, le sue gambe, il suo petto. Acqua di torrente, lungo le sponde erbose. Acqua di torrente limpida, violenta, che sfociava in una cascata.

Le ruote della sua sedia cigolarono, forse per un movimento improvviso del suo piede, che provocò una leggera spinta. Così si rianimò, tornando alla realtà.

La scrivania che aveva di fronte era ben ordinata, tutta inscatolata, come la sua vita. Piattini in vetro, piccole scatoline chiuse per sigillare le prove, fiale sul piedistallo, etichette ben impilate e una penna nera affianco.

Sulla mano sinistra aveva un piccolo piattino trasparente, al centro un miscuglio melmoso, con tracce di sangue e altro materiale ancora da analizzare, sulla sua mano destra una pipetta, che serviva per trasportare tale materia sul vetrino, pronto per il microscopio.

Era notte e come spesso accadeva si ritrovava lì, per continuare a studiare, per diventare il detective migliore della squadra, il migliore di Seoul. Eppure, dopo sette anni, Doyoung si sarebbe reso conto che era soltanto uno dei tanti. Una pedina sullo scacchiere. La mossa giusta, sulla casella giusta. Scacco, la sua vita era già destinata a qualcosa di ben superiore.

Era notte e molti si stavano divertendo nelle strade di Seoul, eppure per Doyoung non cambiava nulla, ormai era sempre notte. Per questo, insieme ad altri allievi del dipartimento, decise di continuare a studiare, analizzando prove, classificandole e incatolandole.

Eppure la sua mente non voleva appartenere al presente, bensì ad un altro mondo. Così si perse ancora tra i mille pensieri, fino a quando una persona non si scontrò con lui, apposta.

Il busto colpì la sua spalla, ma non appena Doyoung se ne accorse, il piattino era già a terra, frantumato, con la prova del tutto dispersa.

Strinse i denti, la lacrima era pronta ad uscire, ma un fuoco interiore la incenerì. L'acqua non doveva prevalere in lui, questo si era ripromesso.

Era solo il suo secondo anno di addestramento, ma tutti già lo odiavano lì nella scuola. Troppo pretenzioso, troppo studioso, troppo riservato. Non rideva, non mangiava con loro, non parlava affatto. Era strano ai loro occhi, forse fin troppo intelligente e astuto per loro.

E una volta inginocchiato per rimediare all'errore commesso, con i capelli neri davanti agli occhi, disordinati sulla sua fronte, sperò quasi di morire lì, in quella stanza buia, appena illuminata da piccole lampade artificiali, appoggiate sulle scrivanie. Sperò di morire di dolore, per mettere fine a quella sofferenza, perché mai avrebbe trovato una via di uscita, mai sarebbe riuscito a prevalerla.

Paper Hearts | Kim Doyoung Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora