Chapter 4 - it's a slow dive

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Doyoung camminava piano

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Doyoung camminava piano. Di fronte a lui una distesa incolta, un prato verde, che inghiottiva i corpi, nel quale potevi confondere e perdere te stesso.

La pioggia continuava a scorrere, a scendere dal cielo, bagnando la sua pelle, inzuppando i suoi capelli. Quest'ultimi, sparsi sulla sua fronte, grondavano, disperdendo gocce d'acqua sul suo volto accaldato, raffreddando le sue gote leggermente rosate.

I suoi abiti, grigi, neri, monocromi, erano perfettamente rispecchianti nel cielo. Tutto sembra lugubre, tutto tranne che il prato, che aveva assistito agli ultimi respiri esalati dalla vittima.

Doyoung decise di estrarre una sigaretta dal pacchetto che teneva custodito nella tasca della sua camicia in flanella e se la accese, nonostante il suo accendino fece resistenza, forse per la pioggia. La cenere iniziò a disperdersi, a volare via, confondendosi nel grigio del cielo.

Uno, due passi e poi si fermò. Tutte le prove vennero cancellate dalla pioggia. Notò l'impronta, di chissà chi, forse della vittima, forse del suo carnefice. Era già melma, melma pura indistinguibile, melma fatta di terrore e puro rancore.

Doyoung sospirò, afflitto e cercò di spazzare via le gocce dai suoi occhi, dalle sue sopracciglia, inutilmente.

Si inginocchiò e poi si guardò attorno, cercando di vedere la prospettiva della vittima, lì vicino al pozzo idrico, a quella distesa acquosa, agitata per via della pioggia.

Chiuse gli occhi e pensò ai suoi ultimi momenti. Poi rifletté, aspirando ancora dalla sigaretta, espellendo tutta la sua ansia.

Cosa avrebbe potuto scrivere sul rapporto di quella giornata? Non aveva niente in mano, se non le foto del cadavere della vittima e di come l'avevano ritrovata.

Il suo corpo era disteso vicino alla riva, a pancia in su, con i polsi legati in una corda ispida. Un tessuto attorno alla sua bocca, tanto da fermarle la voce, le grida. Il volto inclinato, lateralmente, con lo sguardo perso nell'abisso.

L'assassino voleva che la trovassero così, sapeva perfettamente che la prima cosa che avrebbe catturato l'attenzione di quelli dei crimini violenti, di Minjun, Doyoung e la loro squadra, era proprio quel pezzo di stoffa mancante, a forma di cuore.

Perché prendersi il tempo di tagliare perfettamente la veste, disegnando un cuore preciso, speculare su se stesso. Era così importante per lui? E soprattutto perché li teneva? Come premi?

Voleva vendicarsi per tutti cuori che gli erano stati rubati vent'anni prima?

Questi, ben sigillati da buste trasparenti, catalogate come prove, risiedevano ancora nel sedile del passeggero, della macchina di Doyoung. Osservarono la pioggia scorrere sul cruscotto, sul vetro, come lacrime amare.

Doyoung aspirò l'ultimo tiro e conficcò il mozzicone nel terreno, poi si alzò nuovamente in piedi, tanto che gli girò la testa. Barcollò, quasi senza forza, chiedendo al cielo l'aiuto necessario per trovare il colpevole.









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