Turbamenti

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Ryan

Amanda eseguì il vocalizzo alla perfezione. La sua voce era qualcosa di straordinario: cristallina e angelica, con un timbro acuto ma dolce allo stesso tempo. Scivolava sulle note come se fosse nata per cantare. L'intera cappella sembrava risuonare della bellezza del suo canto, anche gli altri coristi parevano averlo notato. Lo si intuiva dai loro volti attoniti. Mentre la ascoltavo, mi sentii talmente toccato dalla sua esibizione che riuscivo a malapena a respirare.

Amanda Walsh era una contraddizione vivente.

Possedeva il carattere di un demonio e la voce di un angelo. Ed era bellissima. Avevo tentato in tutti i modi di ignorarlo, senza tuttavia riuscirci. Fin dal primo momento in cui avevo posato lo sguardo su di lei, avevo capito che quella ragazza era diversa da tutte le altre. Fiera, orgogliosa, con uno sguardo che sembrava scavarti dentro.

Aveva lunghi capelli scuri, lisci e all'apparenza setosi, al punto che mi prudevano le mani dalla voglia di infilarci dentro le dita. Gli occhi erano grigi, contornati da ciglia folte, mentre le labbra... le labbra imploravano di essere baciate.

Non riuscivo a credere a quanto fosse bella.

Aveva una sicurezza e una forza che volevo domare, possedere. Solo che non potevo. Non POTEVO.

Dannazione, ero un sacerdote. Avevo votato la mia vita a Dio, e finora non mi era mai pesato. Almeno fino a quando non avevo incontrato Amanda Walsh in quel dannato orto!

In quell'occasione ero stato sul punto di flirtare con lei, approfittando del fatto che mi aveva scambiato per il giardiniere o qualcosa del genere. Avrei dovuto dirle fin dall'inizio chi ero in realtà, invece non l'avevo fatto. E il motivo mi era dannatamente chiaro: per un momento, un unico fottuto momento, avevo desiderato non essere un prete ma soltanto un uomo. Un uomo libero di guardarla, di toccarla, di viverla.

Solo successivamente mi ero reso conto di quanto fosse assurdo il mio desiderio. Amanda era una ragazza di soli diciotto anni ed era una mia allieva. Come se non fosse stato sufficiente il mio voto a Dio, a rendere una qualsiasi relazione tra noi qualcosa di proibito, di peccaminoso. Potevo fare un'unica cosa: resistere a quella dolce tentazione e mettere tra noi quanta più distanza possibile.

Pertanto, mi ero calato nei panni dell'insegnante inflessibile. L'avevo ridicolizzata davanti all'intera classe, dopodiché avevo sperato che padre Byrne la punisse. E per cosa? Per essere troppo bella? Era stato sciocco da parte mia, nonché crudele. Se adesso quella ragazza mi odiava, era più che comprensibile.

In verità, io avevo bisogno del suo odio. Per non cadere in tentazione, per allontanarla da me.

Eppure, dopo aver sentito la sua voce, mi sentivo come un naufrago incantato da una sirena. Avevo smarrito la via.

Di nuovo.

«Avanti, dica qualcosa!». All'improvviso Amanda mi distolse dalle mie riflessioni. Sollevai lo sguardo su di lei, confuso.

«Come?»

«Sono stonata? Ho una voce terribile? Non abbia paura di ammetterlo, preferisco la verità nuda e cruda».

Pensava di essere stonata? Oh, santo cielo! Possibile che quella ragazza non si rendesse conto del suo talento? Oppure era alla ricerca di complimenti? Ebbene, da me non li avrebbe avuti. Non potevo rischiare in alcun modo di guadagnarmi la sua stima o il suo affetto.

Tornai serio all'istante, il mio sguardo si fece affilato. «No, non sei stonata. Prendi pure posto insieme ai soprani, iniziamo le prove».

«I soprani?». Mi fissò, smarrita.

«Sì, prima fila a destra».

Alcune ragazze ridacchiarono, poi una di loro sollevò una mano. «Vieni qui, Amanda. Mettiti accanto a me».

Lei raggiunse la sua postazione strascicando un po' i piedi. La studentessa che aveva parlato prima le passò uno spartito e sorrise.

«Grazie», rispose Amanda, all'apparenza un po' intimidita.

«Io mi chiamo Nora e loro sono Isobel, Laila e Hazel», si presentò il soprano indicando le altre coriste.

A questo punto, decisi di mettere un po' di ordine. «Bene, fatte le presentazioni, possiamo cominciare. Che ne dite?».

Nella cappella calò il silenzio. Mi alzai lentamente, presi il mio spartito e mi posizionai davanti ai ragazzi.

«Cominciamo dall'Ave Verum di Mozart», esordii. «Amanda, tu sai leggere uno spartito?».

Lei scosse il capo. «No, non ho mai studiato musica».

«Okay, segui me per il tempo e vai dietro alle tue compagne».

Le prove procedettero senza intoppi. Amanda aveva un buon orecchio, dovetti riprenderla solo un paio di volte, ma per il resto del tempo seguì gli altri soprani in modo ineccepibile. Alla fine dell'ora, prese le sue cose e si avviò con gli altri ragazzi verso le aule di studio.

Io tirai un sospiro di sollievo.

Mi sentivo, teso, accaldato. Le mani mi tremavano. Caddi in ginocchio davanti all'altare, il capo chino e nella mente una miriade di pensieri confusi. Negli ultimi anni ero stato un uomo devoto, avevo dedicato la mia vita a Dio e alla Chiesa, ma ora, per la prima volta, mi ritrovavo a lottare contro i miei stessi desideri. Non riuscivo a scrollarmi di dosso l'incantesimo che Amanda esercitava su di me.

Giunsi le mani in preghiera. «Signore, ti prego di allontanare da me la tentazione. Abbi pietà del tuo povero servo». Continuai a pregare in silenzio per un po', sperando che Dio mi ascoltasse, che mi indicasse il cammino. Ma quella era una battaglia che dovevo combattere da solo, l'ennesima prova a cui il Signore mi sottoponeva.

E io l'avrei vinta.

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