Il coro

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Mandy

«Che è successo? Sei stata messa in punizione?». Brianna era seduta in sala mensa, a un tavolo situato davanti a un'enorme vetrata. Insieme a lei c'erano Jacob e una ragazza dalla carnagione color cioccolato che non conoscevo. Tutti e tre, al mio arrivo, mi scrutarono con curiosità.

Io mi lasciai cadere sulla panca. Notai che la mia amica aveva tenuto in serbo per me la mela e la bottiglietta d'acqua. Svitai il tappo e bevvi una generosa sorsata, prima di risponderle.

«Più o meno. Sono stata obbligata a seguire le lezioni di canto di padre O'Connor, dopo la scuola».

«Non mi sembra una punizione terribile». Brianna piegò la testa di lato e mi studiò.

«Scherzi? Io e padre O'Connor ci detestiamo. Sarà tremendo». Appoggiai entrambi i gomiti sul tavolo e mi presi la testa tra le mani, quasi quel gesto potesse bastare ad alleviare l'angoscia che mi dilaniava.

«Poteva andarti peggio. Pensa se ti avessero messa a pulire i cessi!», si intromise la ragazza di colore. Aveva una cascata di ricci scuri e un paio di occhi grandi e ipnotici. Evitai di risponderle che avrei preferito i cessi a padre O'Connor. «A proposito, io sono Rhama», si presentò.

Il suo sorriso aperto e gioviale mi conquistò all'istante. Sentii di potermi fidare di lei, così le strinsi la mano sorridendo a mia volta. «Ciao, io sono Mandy».

A un tratto Jacob si schiarì la gola. Mi voltai a guardarlo. Aveva gli occhi fissi sulle sue Converse blu e le guance accese. «Ehm, grazie per avermi difeso prima», bisbigliò.

Io sollevai una mano nel tentativo di minimizzare. «Figurati, non ho fatto nulla».

«Sei stata molto coraggiosa, invece», disse Rhama. Nelle sue iridi lessi una profonda ammirazione che non sentivo di meritarmi. Il mio non era stato coraggio, ma incoscienza. Gabe avrebbe potuto farmi molto male, se padre O'Connor non fosse intervenuto in tempo. Mi doleva ammetterlo, ma il professore di latino mi aveva salvata.

«Non sono molte le persone che hanno il fegato di opporsi ai bulli della scuola», bofonchiò Rhama.

«I bulli della scuola?». All'improvviso ebbe tutta la mia attenzione.

Lei annuì sporgendosi in avanti. «Gabe, Danielle e la loro combriccola». La sua voce si tramutò in un bisbiglio, lo sguardo si fece più cauto, attento. «Qui dentro comandano loro. Prendono di mira i più deboli, come Jacob. E se non fai come vogliono, ti rendono la vita impossibile».

«Accidenti!». Mi ero messa in un gran bel casino sfidando Gabe.

Rhama mi fissò intensamente. «Fai molta attenzione, cercheranno di fartela pagare».

«Be', grazie dell'avvertimento».

«Se vuoi, puoi contare sul mio aiuto». Sollevò una mano e io battei il cinque, come a consolidare un accordo di reciproca collaborazione. Brianna fece altrettanto. Poi tutte e tre ci voltammo verso Jacob che aveva raccolto le sue cose e si era infilato lo zaino. Accorgendosi che lo stavamo fissando, arrossì dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Non sapeva più dove guardare.

«Non puoi continuare a farti trattare in quel modo», gli dissi. «Devi reagire».

«I-io n-non sono molto coraggioso», rispose ribadendo l'ovvio.

Cocciuta com'ero non mi diedi per vinta e gli sorrisi rassicurante. «Da oggi non sei più solo a combattere contro di loro, ci siamo noi. Hai capito?».

Lui esitò. Si grattò la punta del naso, poi un debole sorriso gli incurvò le labbra sottili. «Sì, ho capito». Non aggiunse altro. Ci voltò le spalle e si allontanò in fretta, la schiena un po' ricurva.

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