"Convivenza improvvisa"

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Capitolo 1. Minho

Stavo preparando una cena veloce, cercando di ignorare il caos della giornata, quando il mio telefono iniziò a vibrare sul bancone. Era un messaggio di Jisung.

Jisung: "Minho, ho un grosso problema. Posso venire da te?"

Non era da lui essere così diretto, e questo mi fece fermare per un attimo, un vago senso di preoccupazione che iniziava a insinuarsi. Risposi subito, immaginando chissà quale catastrofe.

Minho: "Certo, cosa è successo?"

In meno di cinque minuti, Jisung era alla porta, con una borsa enorme appesa a una spalla e un'espressione disperata. Era completamente fradicio, come se fosse stato sorpreso da un temporale, e sembrava fuori di sé.

"Il mio appartamento è un disastro. Un tubo è esploso e c'è acqua ovunque. Non posso restare lì stanotte. Posso restare da te?" disse tutto d'un fiato, senza neanche salutarmi. I suoi occhi scuri mi guardavano, pieni di ansia e speranza.

Lo feci entrare, annuendo. "Certo, nessun problema. Sei il benvenuto."

In quel momento, non sapevo ancora che accettarlo significava molto più che offrirgli solo un posto dove dormire.

"Certo, nessun problema. Sei il benvenuto."

Jisung sospirò di sollievo e mi seguì all'interno. Gli indicai il divano, il più comodo che avessi, e gli porsi un asciugamano per asciugarsi. La sua maglietta era appiccicata alla pelle e i capelli gocciolavano, lasciando tracce scure sul pavimento.

"Grazie, Minho. Ti devo un favore," disse, iniziando a sfregare l'asciugamano sui capelli. Il movimento scopriva la curva del collo, e mi ritrovai a distogliere lo sguardo, sentendo un'improvvisa e ingiustificata tensione nelle spalle.

"Non c'è bisogno di ringraziamenti. Sai che puoi sempre contare su di me," risposi, cercando di concentrarmi sul pentolino sul fornello. "Ho fatto abbastanza pasta per due, se hai fame."

"Ho una fame da lupi," rispose, con un sorriso. Si sedette al tavolo, guardando il piccolo appartamento con curiosità. "Non sono mai stato qui, sai? È carino, molto... te."

Risi, versando la pasta nei piatti. "Sì, non è niente di speciale, ma funziona."

Ci sedemmo a mangiare, parlando delle solite cose - il lavoro, la musica, gli altri membri del gruppo - ma c'era qualcosa nell'aria, una corrente sottile di tensione che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, sentivo un tuffo al cuore, e mi chiedevo se anche lui sentisse la stessa cosa.

Dopo cena, mentre Jisung si preparava per dormire sul divano, mi ritrovai a pensare a quanto fosse strano avere qualcun altro in casa. Non era una sensazione spiacevole, anzi, ma mi rendeva anche dolorosamente consapevole di ogni movimento, di ogni suono. Quando Jisung si infilò sotto le coperte, sembrò riempire l'intero spazio.

"Buonanotte, Minho," disse, con un tono di voce così basso che sembrava quasi un sussurro.

"Buonanotte, Jisung," risposi, spegnendo le luci. Tornai nella mia stanza, ma rimasi a lungo a fissare il soffitto, con la mente piena di pensieri e il cuore che batteva troppo forte.


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