Episodio 2

156 42 19
                                    

Dopo aver fatto un salto di sei piani, Blake si mise a camminare. I lampioni sparsi per strada cominciarono a spegnersi uno dopo l'altro perché l'alba era vicina. Sapeva di dover affrettare il suo passo ma a poco le importava, aveva bisogno di riflettere. 

Niente di ciò che nella notte appena terminata era capitato sarebbe dovuto accadere, soprattutto aver mostrato il suo vero volto ad un essere umano. Si era data delle regole per una ragione, continuava a ripetere a se stessa, mentre metteva un passo davanti l'altro senza prestare attenzione al suo cammino.

Quando le prime luci di un nuovo giorno cominciarono a colpire le facciate dei palazzi, Blake arrivò a destinazione.
Si trattava di un magazzino dismesso, una volta di proprietà di una piccola organizzazione che lo utilizzava come base operativa per i loro intenti criminali e in cui Blake si era imbattuta una decina di anni prima. Il proprietario, il capo dell'organizzazione, dopo quell'incontro, aveva deciso di cederlo a Blake a seguito di una contrattazione quasi amichevole. Desiderava infatti quel magazzino per sé nel momento stesso esserselo trovato davanti.

A Blake piacevano le belle vedute e quel magazzino era poco distante dall'oceano. La porta principale, per non ricevere visite malvolute, era stata bloccata da grosse tavole di legno inchiodate l'una all'altra, mentre l'entrata laterale era stata nascosta a dovere per impedire di essere trovata dai giovani che di notte si aggiravano in zona, in cerca di luoghi abbandonati in cui intrufolarsi. Ma se dall'esterno l'aspetto trascurato risultava poco invitante, l'interno non passava di certo inosservato. 

Blake aveva sistemato ogni trave traballante, ritinteggiato ogni parete screpolata dal tempo e si era liberata di tutto quello che i membri dell'organizzazione criminale avevano lasciato in giro quando dovettero abbandonare di corsa il magazzino. Quel magazzino, conquistato con l'unico scopo di essere un nascondiglio, negli anni per Blake era diventato qualcosa di più caro. Nessuna delle convenzioni umani le erano mai appartenute, ma per qualche inspiegabile motivo aveva ceduto ad una di quelle: il bisogno di avere un posto da poter chiamare "casa".

Passò l'intera mattina a dormire e quando il sole tramontò prese la decisione di restarsene rintanata, contrariamente a quello che faceva ogni sera. La causa era da attribuire all'incontro con Nat e più precisamente alla domanda che continuava a porsi da quando era scappata dal suo balcone: Che i giorni di solitaria solitudine siano terminati? Non era l'unico attanagliamento che stava subendo la sua mente, c'era qualcosa di ancor più serio vale a dire l'aver rivelato il suo nome per la prima volta, dopo più di un secolo, ad una mortale. I suoi pensieri inevitabilmente si tradussero in una sensazione nuova, mai provata prima e che le destò preoccupazione. Questa sensazione, che altro non era che la voglia di vedere di nuovo Nat, fu percepita da Blake come segnale di pericolo perché, nonostante sapesse che avere un legame l'avrebbe resa vulnerabile e l'avrebbe distratta dalla sua missione, era la cosa che desiderava di più. Proprio per questo, quando la luna alta si affacciò sull'oceano, Blake decise di restarsene a casa.

Nat era appoggiata con i gomiti sulla ringhiera del suo balcone e assorta fissava il sorgere della luna, mentre il vociare dei passanti sotto casa sua faceva da sfondo ai suoi pensieri. Ciò a cui aveva assistito la notte precedente non l'aveva sconvolta, piuttosto le aveva fatto nascere il bisogno di saperne di più. Di quella misteriosa creatura, che le aveva salvato la vita, conosceva solo il nome e non le bastava. I

Il pensiero di lei l'aveva occupata per tutta la giornata. Anche a lavoro i suoi colleghi avevano notato qualcosa di diverso in Nat, qualcosa che non le consentiva di concentrarsi tra un ciak e l'altro. Guardava fuori nella speranza assurda di intravedere Blake tra quei passanti. Erano troppe le domande che avrebbe voluto farle ma aveva paura che non l'avrebbe più rivista. Diede un'occhiata all'orologio sul polso destro e scappò dentro, stava facendo tardi al suo appuntamento. 

Leroy, che la sera prima bussando alla porta aveva interrotto l'interrogatorio di Nat e fornito a Blake l'occasione di andare via, le aveva chiesto di accompagnarlo ad un concerto nella piazza grande della città e Nat, un po' per l'incessante insistenza del ragazzo e un po' per occupare i pensieri, aveva accettato seppur malvolentieri.
Arrivarono in piazza dove un mare di folla circondava il palco allestito per l'evento. Leroy obbligò Nat a seguirlo tenendola sottobraccio, perché il suo intento era quello di arrivare sottopalco, e per farlo non avevano altre alternative che farsi largo a spallate tra gli spazi stretti e tra una persona e l'altra. Nat a causa del suo guardarsi intorno incessantemente, distratta e disinteressata, proseguiva solo grazie a Leroy che la tirava a sé, a fatica, dopo ogni passo. Fu in quei momenti di distrazione e di sguardi persi tra la folla che Nat intravide Blake, un attimo prima dello spegnersi delle luci. 

La band ospite della serata intonò nel buio il primo pezzo e la gente gridò improvvisamente per l'entusiasmo e l'attesa, tranne Nat che fissava ancora il punto in cui era sicura di averla vista. Non aspettò nemmeno la metà della canzone quando si staccò dalla presa di Leroy e scappò nella direzione in cui aveva visto Blake scomparire, mischiata tra la folla. Cercò di farsi largo, ma la gente che saltava a ritmo la ostacolava e quando finalmente riuscì a venire fuori dal trambusto la vide allontanarsi e girare l'angolo in fondo la piazza. Si tolse i tacchi e cominciò a correre per non perderla di nuovo e quando finalmente raggiunse la sua schiena, le toccò la spalla e dall'emozione che provava si rese conto di quanto avesse voglia di vederla. La ragazza si girò e in Nat quell'emozione si tramutò in delusione. Diede la colpa al suo subconscio, che evidentemente stava vivendo le prime fasi di una cotta, di aver disegnato sul volto di una sconosciuta quello di Blake.

Delusa di essersi sbagliata e allo stesso tempo preoccupata per aver realizzato di provare qualcosa a cui non riusciva a dare un nome per quella intrigante sconosciuta, decise di finire la sua serata e andò verso casa, dimenticandosi totalmente di Leroy. Entrata nel suo appartamento, lanciò le chiavi sull'isola posta nella zona cucina del suo raccolto open space, scese dai tacchi che abbandonò sul pavimento e di nuovo assorta procedette verso il balcone, togliendosi gli orecchini a clip. Fece un giro di maniglia e spalancò le porte-finestre, si poggiò con il ventre sulla ringhiera, strinse i lembi del suo cardigan rosso incrociando le braccia intorno la vita e sussurrò.

Seduta a cavalcioni sulla trave più alta del tetto a volta, Blake intravedeva l'oceano guardando attraverso un piccolo oblò di legno e vetro. Riusciva, anche da lontano, a distinguere chiaramente il rumore delle onde che si infrangevano sul frangiflutti. Quel suono restituiva al suo animo calma e bloccava ogni pensiero. Ma proprio mentre godeva di quei momenti di pace e di respiro udì il rimbombo di una voce nelle sue orecchie. Riconobbe la voce di Nat così forte e così chiara che ebbe l'impressione che fosse proprio lì accanto a lei e la stesse chiamando per nome. Come la forza di una calamita che tira con violenza un pezzo di metallo, così quel richiamo, convinto e disperato, agì su Blake la quale, nonostante l'impegno preso con se stessa quella notte, non riuscì a frenarsi.

The NocturnalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora