Prolougue

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"Sometimes it takes a little faith to make it through the night."
- "Through the Dark" One Direction

Madrid, 24 febbraio 2014

Stavo passeggiando lungo le strade principali di Madrid.

Ho sempre amato viaggiare.
La mamma mi raccontava sempre che quando ero nel suo grembo, amavo stare in mezzo alle nuvole, per questo mi hanno chiamato Aura, dea della brezza e dell'aria fresca.

Nei miei diciotto anni di vita ho vissuto veramente poco nella mia terra madre, l'Italia, e ho viaggiato in lungo e in largo, da un polo all'altro. Erano davvero pochi i paesi che non avevamo visitato, ma dopo che mia madre si era ammalata il mese precedente, avevamo deciso di stabilirci a Madrid, dove le cure erano migliori per lei.

Madrid era una delle città che mi aveva colpito particolarmente, dopo Londra, con la sua architettura particolare, ma allo stesso tempo affascinante. La prima volta che la visitammo avevo all'incirca sette anni e mi ricordo che non so come me ne innamorai, e Dio solo da quanto feci dannare i miei genitori quei giorni.
Quando ero una bambina non mi è mai pesata l'idea di viaggiare cosi tanto; ma crescendo ho capito che anche se amo viaggiare, molti aspetti vengono trascurati.
Non ho mai conosciuto a pieno i miei nonni materni e paterni, neanche la mia cuginetta Lisa, che aveva due anni in meno di me.
Secondo, ma non per importanza, non avevo mai avuto amici in tutta la mia vita. Non mi giovava più di tanto la situazione, anche se alcune volte avevo bisogno di conforto che non fosse quello regalatomi dai miei genitori.
Nell'adolescenza per placare questo vuoto mi sono rifugiata nella musica. Un gruppo in particolare attirò la mia attenzione con una sola canzone.
Erano gli One Direction, gruppo pop anglo-irlandese formatosi a X-Factor nel 2010.
Ogni giorno le loro canzoni mi accompagnavano, nei momenti tristi mi rallegravano e mi aiutarono molto dopo la scoperta della malattia.
Inoltre eravamo un po' simili, viaggiavamo in tutto il mondo, nonostante il fatto che per loro fosse lavoro e non solo passione.
Viaggiare non era la mia unica passione. Amavo ballare, e nel corso della mia breve vita avevo imparato talmente tante danze locali che di alcune non mi ricordavo più il nome.
La mia preferita era sicuramente il flamenco. Lo avevo imparato quando a dodici anni andai in Andalusia, la patria del flamenco.
Mi ricordo che rimasi ammaliata da tali movimenti, tanto che costrinsi i miei a far prolungare il viaggio solo per imparare questa arte.

Il flusso dei ricordi si bloccò quando arrivai a casa, una modesta villa poco fuori la capitale spagnola.
L'odore di lavanda misto a gelsomino si insinuò presto nelle mie narici. Era il profumo per ambienti preferito di mamma, e insisteva sempre quando le dicevamo che volevamo cambiare.
Entrai nel salone in stile rustico dove sul divano era sdraiato mio padre, un uomo di quarantasette anni con occhi azzurri come ghiaccio, che in quel momento stava guardando una partita di football.
"Hola papa que juego estas viendo?"
Lui si girò e mi sorrise
"Hola mi hija, vedo che oggi siamo in vena di parlare in spagnolo, comunque sto guardando una partita della Fiorentina"
Mio padre era originario di Firenze, una meravigliosa città e capoluogo della Toscana, una delle mie regioni italiane preferite.
"Strano non le guardi mai"
Ridacchiammo insieme. Io e mio padre avevamo un rapporto stretto, io gli raccontavo tutto e lui lo raccontava a me, ovviamente omettendo alcuni particolari, dato che per lui ero ancora 'la sua piccola e innocente Aura'.
"Vabbè bu, vado a vedere come sta la mamma" lo salutai con un bacio sulla guancia e iniziai a salire le scale, per raggiungere la camera dei miei genitori.
Cercai di aprire la porta il più silenzioso possibile, avevo paura di svegliarla; sempre se dormiva. La stanza era avvolta nel buio e sul letto c'era mia madre, che come immaginavo dormiva. Mia madre era una donna bellissima, con lunghi capelli neri e occhi verdi, che in quel momento erano spenti, distrutti dalla chemio. La donna solare che fino a un mese fa era parte integrante della mia vita era ormai sparita, lasciando spazio ad una donna spenta e distrutta dalle cure. Questo mi faceva molto male e tante notti mi sono ritrovata a piangere per colei che mi mise al mondo. Anche io cambiai con lei. Diventai più chiusa ed ero sempre triste, ma cercavo di nasconderlo il più possibile a mio padre, aveva già la mamma a cui pensare e non volevo assolutamente essere un peso.
Uscii dalla sua stanza dopo averle dato un caloroso bacio sulla guancia mentre alcune lacrime minacciavano di uscire dai miei occhi azzurri.
Entrai nella mia stanza, grande abbastanza e arredata appositamente per una ragazza di diciotto anni e mi sedetti sull'enorme letto a baldacchino, che dava le spalle ai numerosi poster di Niall, che tra i cinque era senza dubbi il mio preferito.
Sbloccai il mio I-phon 5, regalatomi dai miei genitori al mio sedicesimo compleanno e andai su wattpad, dove continuai a scrivere una delle mie numerose fan fiction.
Non sono mai stata amante della lettura e la scrittura in generale, ma in quegli ultimi anni mi aiutò molto.
Facevo davvero pena, la mia grammatica sembrava quella di una bambina delle elementari e i verbi li coniugavo alcune volte al passato e altre al presente.
Fin da piccola capii che lingua e letteratura italiana era il mio tallone di Achille, e che le lingue e le materie scientifiche erano assolutamente il mio forte. Per questo i miei genitori durante l'home schooling preferivano potenziare quelle anziché l'italiano. Non che non l'abbia fatto, facevo solo meno ore rispetto alle altre materie.
Passarono alcune ore, dove ascoltai un po' di musica e improvvisai un paio di coreografie, una di moderno e una di flamenco.
Sentii qualcuno bussare la porta e dopo aver sussurrato un avanti vidi mio padre entrare silenziosamente nella mia stanza.
"Ei piccina mia"
Stava usando un tono calmo, sembrava serio e quando lo era significavano solo guai.
"Che c'è babbo, che ho combinato questa volta?" Il mio tono era un po' agitato, e nonostante non avessi fatto nulla avevo paura di avergli fatto un torto in qualche modo.
I miei pensieri furono bloccati da una risata; la sua, e piano piano sentii l'ansia svanire.
"No Aura non hai fatto nulla. Devo solo dirti qualcosa di una notevole importanza."
Drizzai le orecchie, pronte a sentire qualsiasi cosa, sperando fossero buone notizie sulla situazione della mamma.
"No, non quello che pensi tu. L'ospedale non mi ha ancora riferito gli esiti degli esami."
Il mio viso assunse presto un espressione triste e vidi negli occhi di mio padre un barlume di compassione.
"Odio vederti così piccina mia, per questo ho deciso che tu abbia bisogno di prenderti una pausa da questa situazione stressante"
Non stavo capendo dove volesse andare a parare; non pensavo avesse capito il mio stato d'animo.
"Babbo ma che dici, la situazione per me non è stressante"
Lo sentii irrigidirsi, ed ero sicura che aveva capito che stavo mentendo. Abbasai lo sguardo, pentita di ciò che avevo detto.
"Pensi che non sappia che piangi tutte le notti? Aspettavo solo che tu arrivassi a raccontarmelo, ma comprendo il fatto che tu lo abbia fatto per non darmi un peso in più, anche se non lo sei e mai lo sarai Aura."
Senza dire nulla lo abbracciai, in uno di quei abbracci che solo il papà può dare.
"Per questo ho deciso che andrai a fare l'au pair a Doncaster per qualche mese. Questa mia grandissima amica ha bisogno di aiuto con le sue gemelline e sarebbe felicissima di conoscerti."
I miei occhi si riempirono di lacrime di gioia,era uno dei miei sogni più grandi; ma un grande senso di colpa dato dal mio egoismo fece trasformare quelle lacrime in un vero e proprio pianto disperato.
"No babbo, per quanto mi piacerebbe non posso abbandonare te e la mamma; non in questo momento."
Lui strinse l'abbraccio e mi lasciò un bacio sulla nuca.
"Tesoro, ne avevo già parlato con la mamma e lei è d'accordo con me. Vuole vederti felice e vuole che tu ti faccia degli amici o magari trovarti qualche ragazzo; anche se su questo non sono d'accordo, sei la mia bambina nessuno ti può toccare."
Ridacchiai seguita da mio padre
"Adoro quando sorridi bimba mia, ora però vieni giù a mangiare qualcosa. Tra due giorni parti."
Annui e mi alzai dal letto non dopo aver dato un altro lungo abbraccio a mio padre. Non so come avrei fatto senza di lui, che insieme alla mamma erano la mia stella polare.

🧚🏻‍♀️🫧Nota Autrice🫧🧚🏻‍♀️
Eccoci qui con un altra storia. Fin dalla stesura delle prime frasi ho capito che questa potrà essere una delle storie migliori che io abbia mai fatto in vita mia. Ditemi cosa ne pensate nei commenti e al prossimo capitolo
-islabett🫧🧚🏻‍♀️

She's my Angel|| N.HDove le storie prendono vita. Scoprilo ora