Chapter One

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"Leaving now, is that the right thing?"
-"I Wonder" Lily James

Madrid, 26 febbraio 2014

Sentii la sveglia suonare, portandosi via la mia voglia di vivere predisposta per quella giornata. Odiavo la sveglia con tutto il mio cuore, era un aggeggio infernale, creato per rompere i coglioni alle persone.
Cercai di spengerla in tutti modi possibili, ma continuava a emettere quel fastidioso suono, che mi stava facendo martellare le tempie. Dopo cinque minuti riuscii finalmente a spegnerla e mi infilai nuovamente sotto le coperte.
<<Finalmente pace>>pensai
Avevo parlato troppo presto, dato che dopo neanche due minuti sentii la porta di camera mia sbattere violentemente contro il muro. Dire che sobbalzai era un eufemismo, credevo di aver perso dieci anni di vita in un solo momento.
Quello che però mi fece ancora più paura era una figura nera sulla porta, che mi squadrava con occhi arrabbiati neri. Presto capii che quella figura era mio padre.
"Aura Selene Manfredi, vedi subito di alzarti da questo letto se non vuoi perdere il volo."
Non usava quasi mai il mio secondo nome, e se lo usava voleva dire che era veramente incazzato.
Controvoglia mi alzai dal letto e accesi la luce, sbattendo più volte gli occhi per abituarmi al bagliore.
La mia camera era un completo disastro in quel momento. Le ante degli armadi erano completamente aperte e diverse valigie era sparse nel mezzo della stanza.
"Dio che casino"
Chiusi le ante dell armadio e sistemai le valigie vicino alla porta.
"Babbo, potresti venire ad aiutarmi perfavore"
Sentii una risposta positiva e in poco tempo lo vidi arrivare. Prese le due valigie più grandi, che pesavano sicuramente un capitale e le portò al piano inferiore.
Staccai il telefono dalla carica e presi con me il caricatore, per poi prendere le due valigie più piccole.
Portai tutto al piano inferiore dove notai mia madre, che era seduta su uno sgabello, vicino l'isola.
"Buongiorno mamma" la salutai con un bacio sulla guancia.
"Buongiorno mio piccolo raggio di sole"
Un sorriso lieve spuntò sulle mie labbra. Mia madre mi chiamava sempre così; amavo questo soprannome alla follia.
La abbracciai stringendola e le diedi un bacio sulla nuca, quasi calva per via della chemio.
"Mi mancherai tanto bambina mia, ma hai bisogno assolutamente di staccarti da questa situazione"
Calde lacrime scorrevano dai suoi occhi, e io tratterei le lacrime che stavano per sgorgare.
"Non sai quanto mi sono pentita di averti portata in viaggio con me e babbo per tutto questo tempo. Non hai vissuto le tue esperienze, non ti sei mai fatta amici. Mi dispiace tanto mio piccolo raggio di sole."
Non potevo ascoltare quelle parole. Iniziai a piangere sul suo petto, nonostante fossi più alta di lei. Non era colpa loro, io ho amato viaggiare e il resto passava sempre in secondo piano.
"No mamma non dire così. Tu e babbo non avete affatto colpe. Ho amato viaggiare con voi e la situazione non mi è mai pesata più di tanto. Vi voglio troppo bene, mi mancherai tanto."
Strinsi ancora di più l'abbraccio. Dovevo sentire bene la sua presenza, l'avrei rivista dopo qualche mese.
"E vi prego chiamatemi per qualsiasi cosa; non mi nascondete niente. Ma soprattutto mamma, devi lottare, sei una donna forte e supererai anche questa bestia."
Tirai su di naso e sciolsi l'abbraccio.
Odiavo gli addii, anche se questo era sicuramente un arrivederci.
"Ciao bimba mia ci vediamo tra qualche mese"
Dai suoi occhi lucidi notai un briciolo di orgoglio che non fece altro che farmi sorridere.
"Ciao mamma mi mancherai tanto."
Presi le mie valige e insieme a babbo le caricai in macchina.
Salimmo e mio padre mise in moto.
La radio si accese e una canzone inconfondibile risuonò all'interno dell'auto. Era what makes you beautiful degli One Direction. Una della mie canzoni preferite in assoluto, che avevo fatto ascoltare ai miei genitori un infinita di volte; tanto che ogni volta che passava in radio io e i miei genitori la cantavamo a squarciagola.
E fu così anche quella volta. Mio padre inizio a cantare con poche intonazione le parole e io lo seguii. Eravamo entrambi stonati come delle campane, ma a noi non importava affatto; era uno di quei momenti felici da passare con le persone che ami.
Il tragitto da casa nostra fino all'aeroporto di Madrid durò circa venti minuti; venti minuti passati a cantare e a parlare.
Il sole si stava facendo spazio, scacciando la luna, in una bellissima alba.
L'aeroporto era stracolmo di persone; c'era chi piangeva per un arrivo e chi per una partenza; e ero sicura che io sarei stata in poco tempo come la seconda opsione.
Andai a fare la fila per pesare le valigie da stiva, e dopo averle imbarcate era arrivato il momento che meno aspettavo. Dovevo fare i controlli per entrare nel gate, e quello significava solo una cosa, salutare mio padre.
Sentivo le lacrime minacciare di uscire, cosa che fecero non appena sentii mio padre abbracciarmi calorosamente.
"Ciao piccola mia, viviti questa esperienza al meglio."
Era dura per lui tanto quanto per me. Non ci eravamo mai separati così tanto e non pensavo fosse così dura dirgli un arrivederci.
"Ciao babbo."
Presi l'ultima valigia, ossia il bagaglio a mano e andai a fare i controlli.
Non appena mi considerarono 'idonea' mi avviai verso il gate. Sarei atterrata ad a Doncaster-Sheffield, che era situato a Finningley; una cittadina a quindici minuti da Doncaster.
Il volo sarebbe durato circa tre ore, nel quale avrei volato in business, classe per me inutile per un volo di sole tre ore, nonostante ciò mio padre volle insistere.
Non appena chiamarono per il gate fui una delle prime persone a imbarcarsi. La business class era molto prestigiosa e avevo tutti i confort a disposizione. Il volo partì circa alle sette, e sarei arrivata là per le nove, dato che Doncaster era un ora indietro rispetto a Madrid.
Sentii l'aereo tremare leggermente, segno che si stava decollando, mi stavo godendo quel momento, nonostante fossi sola per la prima volta in tutta la mia vita.
Il volo fu molto tranquillo, le hostess erano come sempre gentilissime, e durante il tragitto mi offrirono più volte vari snack.
Non appena atterrai corsi fuori l'aereo il prima possibile, inspirando a pieni polmoni l'aria di quella che per alcuni mesi sarebbe diventata casa mia.
Andai al ritiro bagagli, dove ritirai le mie due valigie da stiva, rigorosamente blu.
Mi incamminai verso la sezione arrivi e cercai una famiglia, con un cartello con su scritto il mio nome.
Ma non trovai quello che mi aspettavo. Il cartello con il mio nome c'era, ma ad aspettarmi non era una famiglia, bensì un uomo vestito come un bodyguard.
Lentamente avanzai verso di lui, dire che mi faceva paura era un eufemismo, ma continuai lentamente ad avvicinarmi finché non gli arrivai davanti.
Lui non si smosse nemmeno di un millimetro e iniziò a parlare.
"È lei la signorina Aura Selene Manfredi."
Storsi la bocca alla nomina del mio secondo nome. Nessuno mi chiamava così, nonostante il nome Selene mi piacesse molto.
"Si sono io"
Lo dissi in un sussurro poco udibile ma lui parve capire lo stesso.
"La prego mi segua; la signora e le figlie la stanno aspettando a casa."
Prese le mie valigie e iniziò ad incamminarsi verso un auto nera, dai vetri oscurati.
Mi fece salire e mise in moto. Era piuttosto strana la situazione, quindi decisi di farmi coraggio.
"Emh mi scusi..."
Solo ora ricordai che non sapevo il suo nome, e mi maledissi per la figura di merda appena fatta.
"Jhon, mi chiamo Jhon signorina."
Feci un lieve sorriso per poi continuare.
"John, come mai non è venuta direttamente la famiglia qui? E soprattutto la prego di non chiamarmi signorina e mi dia del tu."
Vidi un sorriso quasi impercettibile sbucare sul suo volto.
"Sign-, Aura. Vedi la famiglia è abbastanza conosciuta, e per la tua privacy hanno preferito far venire me. Detto questo vorrei che anche tu mi dessi del tu, sono solo un bodyguard."
Capii leggermente la situazione, e sinceramente mi fece compassione.
"Nonostante ti nomini solo un bodyguard, i miei genitori mi hanno insegnato a dare del lei a tutti al primo incontro, per una questione di rispetto. E finché loro non mi danno il via per chiamarli con il tu io continuo a dare del lei."
Sul suo volte apparve un sorriso sincero.
" I tuoi genitori ti hanno educata davvero bene Aura, dovresti essere fiera di loro."
E lo sono, volevo rispondergli, ma non ebbi abbastanza tempo, visto che la sua macchina si fermò davanti a un enorme villa.
Spalancai gli occhi alla vista di quella casa; e in quel momento capii tutto.
Ero davanti alla fottutissima villa dei Tomlinson.

🧚🏻‍♀️🫧Nota autrice🫧🧚🏻‍♀️
Ed eccoci qua, alla fine del primo capitolo. Spero vi piaccia e al prossimo capitolo.

She's my Angel|| N.HDove le storie prendono vita. Scoprilo ora