DI MALE IN PEGGIO

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Erano le tre di notte, come al solito non riuscivo a chiudere occhio e l'unica cosa che potevo fare era andare ad ubriacarmi al pub sotto casa mia. Scesi le scale e mi ritrovai faccia a faccia con le luci di Venezia: con tutti i suoi bar, le sue gondole colorate, le sue case sulla grande laguna centrale.
Con questo paesaggio mozzafiato non mi capacitavo di essere caduto in una depressione così profonda. Era come se fossi improvvisamente nell'oblio, come se tutti i miei demoni più profondi si fossero coalizzati contro di me. Entrai nel solito, lurido locale e ordinai i miei due classici negroni. Li buttai giù a grandi sorsi e uscito mi sedetti sul pontile; c'era una barca che stava attraccando, era a dir poco splendida, assomigliava a quella che anni fa avevo acquistato e che proprio la scorsa settimana mi avevano confiscato.
Ero passato dall'avere tutto a non avere più nulla, ero passato dallo sballo, dall'estrema felicità alla depressione, alla solitudine. Tutte le donne che avevo frequentato erano scomparse con misere scuse e ora che ero sparito anche dalla scena lavorativa ero fregato.
In pochi giorni mi avrebbero anche sfrattato e non avrei più avuto nulla, ma stavolta letteralmente nulla. Come avevo fatto a perdere tutto?
Da circa un anno non avevo più dipinto niente e avevo cominciato a bere e giocare d'azzardo, stavo camminando sul filo del rasoio.
Forse vi starete chiedendo: non hai una famiglia a cui appoggiarti? Non ho rapporti con la mia famiglia da qualche anno e non me ne pento minimamente. Mia madre aveva tentato di capirmi, ma purtroppo era sempre rimasta succube di mio padre che mi aveva da sempre disprezzato, morì quando avevo appena diciotto anni; ero figlio unico.
"È il momento di riscattarmi", circa mille volte al giorno mi ripetevo in testa questa frase, poi però non concludevo nulla e finivo per passare la notte tra un incubo e l'altro vomitando come un malato dopo una chemio, però a causa dei drinks bevuti.
Le sere ripensavo ai momenti di gloria, alle mie mostre, ai sorrisi delle persone quando incontravano il loro pittore preferito, e pensare che quel pittore tanto amato ero io.
Ero solito dipingere volti: di donne, uomini, anziani che incontravo casualmente per strada, bambini nella loro spensieratezza; ma ora stando chiuso nei locali o in casa non avevo più contatti con nessun soggetto e soprattutto con nessuna donna.
Dopo questa lunga riflessione decisi di tornare a casa, e giusto per farmi cullare dalla malinconia sfogliai gli album della mia gioventù: passata a fare guai qua e là insieme ai miei amici, che ora avevo completamente perso di vista.
Mi sentivo vuoto dentro, forse solo un grande amore avrebbe potuto colmarmi, avrebbe potuto ispirarmi: una musa come compagna di vita, pronta a stravolgermi la vita. Stavo solo fantasticando, nulla di tutto ciò sarebbe potuto accadere, chi potrebbe mai essere attratta dal male, dal buio in un mondo tale: pieno di luce e serenità?
Che cosa ho fatto? Ho distrutto la mia vita, completamente, come un tornado ho fatto volare via tutto: soldi, amore, felicità, successo. Tutto. Tutto ciò che avevo sempre desiderato.
Un conato di vomito risalì dallo stomaco, un capogiro mi fece traballare, mi avvicinai al bagno gattonando, da quanto ero sbronzo non riuscivo a reggermi in piedi. Vedevo tutto distorto, come quando fai la giravolta troppo a lungo e vedi tutto ruotare intorno a te. Poi chissà che ci avevano messo in quei negroni.
Vomitai anche per i sonniferi che avevo preso nelle ultime settimane, li avevo presi per evitare incubi che anziché scomparire erano raddoppiati. Avevo tutto lo stomaco in subbuglio e non facevo altro che sudare e vomitare, la mia vita aveva perso tutti i piaceri e così aveva fatto anche il mio fegato, che non ne poteva più di tutto questo alcol.
Dopo una lunga mezz'ora passata in quel sudicio bagno mi buttai nel letto, e in preda a vari colpi di freddo mi addormentai esausto.

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