Non sapevo bene perché fossi così contenta di vederlo, in fondo ciò che c'era stato tra noi era solo un continuo di prese in giro e sguardi di scherno reciproco, eppure la gioia mi aveva perversa non appena avevo visto il suo viso. I suoi occhi ambrati si incollarono ai miei, come a studiarmi nel profondo, e con uno sguardo accigliato che, se non lo avessi conosciuto, avrei definito anche preoccupato, mi chiese: «Che succede, angioletto?»
Non sapevo da dove iniziare, non sapevo che cosa dire in quel momento, volevo solo farmi rassicurare dal suo calore e appoggiarmi al suo petto, nascondendoci la testa. Sapevo che Leth non era tipo da consolazione o commiserazione nei confronti del prossimo, ma non avevo nessun altro, oltre a Cloe, con cui potermi sfogare e confidare. Lasciandomi completamente stupita, mi strinse ancora più forte e, mettendo da parte la sua arroganza, mi sussurrò dolcemente all'orecchio: «Vieni con me, angioletto. Ti porto in un posto sicuro.»
Mi lasciai guidare e mi accorsi a malapena che stavamo entrando in un portale oscuro, comparso al volere di Leth. Non provai nulla, nemmeno un accenno di dolore come mi era capitato la prima volta che lo avevo attraversato da sola, e in meno di un secondo mi ritrovai a poggiare i piedi sulla grigia erba dell'inferno. Il luogo era come lo ricordavo, cupo e oscuro, ma bellissimo nella sua assenza di colori, fatta eccezione per quel cielo rosso rubino che ci sovrastava mostrando tutta la sua potenza. Qualcosa però era cambiato, se la prima e unica volta che ero stata lì mi era sembrato deserto, ora pullulava di ombre e demoni che si aggiravano tranquilli nel loro habitat naturale, nutrendosi della disperazione delle anime condannate all'eterna dannazione. Rimasi stupefatta da quel macabro spettacolo che si prestava ai miei occhi: se avessi dovuto immaginare l'inferno, sarebbe stato proprio così.
Cercai con lo sguardo gli occhi di Leth che incrociai subito, notando una vena di interesse e perplessità che ne faceva rilucere le languide e ambrate iridi: stava seguendo il movimento dei miei occhi, e doveva aver compreso che tutto era diventato visibile anche per me. Non sapevo che cosa si celasse dietro a quella improvvisa e inaspettata rivelazione, ma non ebbi tempo di interrogarmene perché mi senti strattonare con veemenza il braccio destro e una voce roca e cavernosa dire: «Ma che bel bocconcino ci hai portato, Beleth, un bell'angelo pronto per essere dannato e prosciugato di tutta la sua inutile e presuntuosa purezza d'animo.»
L'essere che mi stava tirando nella sua direzione era un'ombra: era una forma umana fatta di vapore nero, dai contorni sfumati che si muovevano come piccole fiammelle intente in una danza di cui solo loro ne conoscevano il ritmo. L'unica cosa che risaltava di quella orrenda figura erano due occhi, dalle fattezze umane, ma dalle pupille allungate e gialle, che ricordavano vagamente quelle di un serpente. Sentii Leth irrigidirsi al mio fianco, la sua mascella si contrasse ed un espressione di odio e potere si formò sul suo volto: «Togli le tue sporche mani da lei, inutile ombra. Lei è mia, nessuna di voi ombre dovrà mai toccarla, è un ordine e un ammonimento.»
L'ombra arretrò a quelle parole, come se avesse timore della gerarchia che poneva Leth in netta superiorità nei suoi confronti, e si girò borbottando qualcosa che assomigliava particolarmente a delle imprecazioni piuttosto blasfeme.
Ero sua? Quelle parole mi infusero nel corpo un piacevole calore che si irradiava a partire dal basso ventre in tutto il corpo, facendo fremere le punte delle mie dita. Quel tono, quelle parole, quel senso di possessione erano terribilmente attraenti, e non potevo fare a meno di sentirmi sempre più affascinata da quel demone tanto seducente. Mi accorsi appena della sua mano che afferrava delicatamente la mia, conducendomi verso una destinazione a me ignota, e mi trovai inaspettatamente a desiderare che si trattasse della sua camera. Le mie aspettative non furono deluse, e in un battito d'ali mi ritrovai all'interno della sua stanza che era esattamente come la ricordavo, ma, nonostante quello, le pareti rosse che sembravano fatte di sangue che scorre mi colpirono e affascinarono come se non le avessi mai viste prima. Mi girai verso Leth e mi soffermai ad osservarlo con interesse, scorrendo con gli occhi la sua intera figura. Era troppo bello per essere un demone, non emanava un'aura oscura o malvagia, l'unica cosa che lo tradiva era quella sua aria da predatore e quegli occhi troppo vigili per essere umani.
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Devil in Paradise
RomanceLayla era una ragazza normale, arrivata alla fine del liceo. Stava per iniziare la sua vita da adulta, coronata da un'ultima festa che avrebbe cambiato tutto per sempre. Si trattò di un istante, un istante maledetto che le avrebbe portato via tutto...