2. 𝐓𝐢𝐩𝐬 𝐡𝐨𝐮𝐬𝐞

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𝐍𝐎𝐄𝐌𝐈:

«𝐈𝐑𝐄𝐍𝐄, noccioli', muovetevi a salire»

Come mi ha chiamato? Noccioli'? Sul serio? Come diamine si è permesso?

«Ciao Andre'» dice Irene alzandosi in piedi e sventolando la mano in alto.
«Si ciao, salite su» dice con voce leggermente seccata, i suoi occhi ricadono su di me, mi guardano e mi mettono in imbarazzo, ora sono sulle mie ginocchia coperte da una leggera calzamaglia scura, ora sul mio viso, provo a sostenere il suo sguardo, ma le iridi verdi e marroni mi stanno facendo bruciare, stringo il tessuto del vestito, mentre Irene mi prende per mano e apre la portiera della Volkswagen Golf grigia, ed entrambe ci sediamo nei sedili posteriori rimanendo in silenzio.

Andrea fa partire la macchina, ed il silenzio ci schiaccia come se fosse un macigno, è opprimente e fastidioso, quasi troppo rumoroso da ascoltare, un fischiettio acuto e stonato.
«Allora com'è andata la serata, ragazze?» dice, non so in che modo ma mi sembra di sentire un leggero divertimento nella sua voce, mi guarda dallo specchietto retrovisore interno, gli occhi sulle piccole macchie chiare che mi costellano le guance, macchie troppo chiare da sembrare stelle, prive di melanina e mi rendono speciale da quando sono nata, ma essere speciali non è sempre bello, certe volte è la più pesante delle condanne.
«Noccioli', Irene è stata brava?» mi chiede e questa volta sono certa di aver sentito fastidio e divertimento, vedo i suoi occhi riflessi nello specchietto, sono ancora fissi su di me e mi stanno perforando, mi stanno spogliando, dalla calzamaglia, dal vestitino verde, da tutto, abbasso lo sguardo mentre mi maledico per non essere andata a piedi.
«Hey fratellone! Io mi comporto sempre bene!» dice facendo la finta offesa la mia amica, incrocia le braccia al petto e gonfia le guance rossastre, la guardo e involontariamente sorrido, i folti capelli ricci fulvi che le incorniciano il viso sembrano soffici come nuvole e negli occhi hazel si possono vedere chiaramente delle sfumature di allegria e ingenuità fondersi tra loro.
«Certo certo» risponde Andrea leggermente ridendo «Dove abiti noccioli'?» domanda, stringo i pungi quando avverto la nota di disappunto e cruccio nella sua voce profonda e nonostante tutto in questo momento la cosa che più mi infastidisce di più è vederlo portarsi una mano ai mossi capelli rossicci per spingerli in dietro con disinvoltura mentre sorride, sorride in quel modo che già mi urta, sfacciato e se posso osare dire arrogante, che mi fa sentire quasi di troppo, come un anello in più che orbita intorno a Saturno, una falena in un branco di farfalle, ma non ho il tempo di metabolizzare quello sguardo crudo che si sposta da me, tornando sulla strada, mentre il silenzio attende la mia risposta.
«Via delle panche numero 14» dico piano, il mio sguardo si sposta sulle sue mani che tengono il volante, le dite picchiettano ad intervalli regolari su esso, ed io prendo coraggio dicendo con un soffio: «E comunque... mi chiamo Noemi» sento le guance bruciare, ardere e mi sento come un vulcano che sta per eruttare, come una ragazzina con uno stormo di farfalle nello stomaco, ma io non sento le farfalle, non sono più una ragazzina, io sento lapilli ardenti che mi bruciano dall'interno, mi volto verso Irene quando lo sento sento trattenere una risata, a lei la vedo con un sorriso di bambinesco stampato sulle labbra sottili e rosate e tiene le mani a forma di cuore mentre fa l'occhiolino, mi trattengo dal mandarla a quel paese urlando e mi limito a mimare un: "Smettila" con le labbra, lei invece si limita a sorridere ancora di più facendomi la lingua di fuori.

«Fratellone metti la musica?» chiede Irene guardando fuori dal finestrino, vedo Andrea annuire leggermente e rispondere con un flebile "si", poi la sua mano destra si muove verso la radio e dopo averla accesa sceglie una stazione radio, la voce di un ragazzo giovane accompagnato dalla chitarra mi distrae da tutti i pensieri, mi rendo solo conto che anche Irene ha iniziato a cantare quella melodia orecchiabile. Ad un certo punto sento il telefono vibrare nella borsetta, lo prendo, sperando sia una sua notifica, quando accendo il telefono però sospiro un po' sconsolata, è solamente una notifica qualunque, inizio a guardare anch'io come Irene fuori dal finestrino, le case che passano, gli alberi, l'unica cosa che continuo a vedere è il cielo, ricoperto ancora di nuvole, ma la pioggia è cessata, solo un cupo silenzio anche fuori, e non appena sento la voce di Andrea la mia piccola quiete cessa come la pioggia.
«E' questa noccioli'?» chiede fermandosi e girandosi per guardarmi, io annuisco, stringo la mio borsetta e mi preparo per uscire.
«Grazie del passaggio» dico mentre scendo, sono sempre più in imbarazzo e mi rendo conto che forse l'ho già detto troppe volte, Irene mi guarda sorridendo e mi saluta con la mano mandandomi un bacio volante, lui invece mi guarda, mentre parte e va via. Inizio ad andare verso il portone, tiro fuori le chiavi dalla borsetta e apro, apro e corro su per le scale, non so cosa mi abbia spinta a farlo, forse il sonno, si probabile, è tardi, è l'una, quindi credo sia quello, forse è il freddo, la mia schiena è scoperta e mi accorgo solo ora che sto tremando, anche quest'ipotesi non è da escludere, oppure sono tutte le emozioni delle ultime cinque ore, e tra tutte credo sia la soluzione più sensata, l'odore di alcol, la musica a palla, le urla, gli amici di Irene, lei che pomicia con Cosimo, i vestiti sul tavolo, quell'immagine è quella che mi è rimasta più impressa nella mente, e poi c'è Andrea, un ragazzo che non conosco e voglio assolutamente conoscere, lui è solo il fratello della mia migliore amica, non ha nulla a che fare con me, e mai lo avrà; in tanto arrivo all'ultimo piano, apro la porta, come mi aspettavo la casa è deserta, le luci spente e il riscaldamento pure, per cui, vado subito ad accenderlo e senza neanche cambiarmi corro in camera mia.

 𝐂𝐨𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐚𝐝 𝐨𝐥𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora