Capitolo 75: Le squadre - ✓

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«Quando avevo detto che mi sarei aspettato il peggio, non intendevo per davvero.»

«Ah, no? Perché alla fine, con un ponte intero da dover mantenere in due, credevo che peggio potesse non essere neanche abbastanza per descrivere quello che c'è toccato.»

«Allora, chiariamo bene una cosa. La SWAT non è poi così male, ho cercato di non procedere con gli insulti per educazione, ma... – si massaggiò il mento con due dita per rendere l'idea di chi si stava sforzando abbastanza per mantenere il gioco – ...essere certi e convinti di avere il comando, quando fondamentalmente il ponte è vuoto, non mi è parsa una scelta saggia.»

«Che posso dirti, Shakalaka. Davanti a certi individui bisogna essere accondiscendenti.»

«Ma non così! Cioè, una sola pattuglia a bloccarci e dirci di non andare? Ma scherziamo?»

Sully sbuffò una risata, non potendo non resistere alla tentazione di sorridere. Aveva accanto il suo amichevole collega e compagno di bevute, un fratello che aveva avuto lontano per tre fottuti anni e che adesso era finalmente insieme a lui, riuniti nel duo che aveva fatto tremare per un bel periodo il Navy SEAL per la complicità che avevano costruito in pochissimo tempo. Il cecchino aveva avuto tanti amici nella sua vita; era sempre stato un tipo aperto, estroverso, dalle mille sfaccettature; il suo atteggiamento ironico e scanzonato era la chiave che l'aveva reso il cliente prediletto di qualunque pub visitasse. 

Non era neanche così difficile dover interagire con qualcuno. Ce l'aveva scritto nel sangue sin da giovane; non era un vero capobranco, ma la sua presenza si faceva sentire. Eccome se si sentiva. Eppure gli era bastato incominciare il Navy SEAL per aumentare la sua fama e poi conoscere dopo qualche anno quel soldatino timido e zelante che stava per essere sopraffatto da chi voleva finire più in alto di lui.

Era strano come Jake Grant avesse potuto cambiarlo completamente da quando era entrato nella sua vita. Non poteva esserci serata senza di lui; non poteva esistere il divertimento senza le sue battute disperate e rassegnate. Quante volte Jake era stato costretto a dover tenere a bada la sua stupidità, Sully aveva perso il conto. Anche solo abbordare una ragazza, scommettendo con gli occhi vivaci dell'amico puntati addosso, in attesa del suo fallimento per ottenere bibite gratis per tutta la serata, era diverso, unico. 

E quelle volte che doveva essere Jake a farlo, impacciato com'era, gli dava una carica in più; incitarlo a superare quei paletti invisibili che si creava, gli spezzava totalmente la routine. Era come se fosse la sua coscienza, una sorta di angioletto che combatteva contro il diavolo che bruciava dentro di lui e lo faceva rimanere con i piedi per terra; era sempre stato un tipo con la testa sulle spalle, l'artificiere.

«Perché ridi? Perché ridi sempre davanti ai miei scleri?» si abbatté Jake, le spalle basse.

Sully lo spintonò giocosamente. «Perché solo tu puoi farti mille problemi inesistenti. Mi mancavano.»

«A me no.» rise forzatamente l'altro. «Più passa il tempo, più le forze armate calano di prestazione.»

«Per questo noi esistiamo, per fare la differenza.»

«Non era quello che avevo esattamente in mente.»

Jake e Sully stavano camminando accorti lungo la strada del grande ponte che li separava dall'edificio in fondo, circa un chilometro e mezzo; quando erano stati scortati dal furgone a destinazione, si erano immaginati le peggiori litigate contro le pattuglie della SWAT, agenti su agenti che li avrebbero azzannati con le parole per dire loro di sloggiare. Invece avevano beccato una singola vettura e cinque uomini, più ragazzi, che non sapevano da dove cominciare ed era stato incaricato loro solo di non far passare nessuno. 

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora