🧿🩸Ilary e Adamo contro Alastor🪽🎸

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🧿🩸Ilary🩸🧿

Il ritorno al mondo reale fu improvviso. L'oscurità del Vuoto Dimensionale si dissipò, come squarciata da una luce accecante, ma durò un solo istante, perché poi la penombra della stanza di Adamo piombò di nuovo su di me, insieme al raggio di oscurità che la travolse in pieno. Provai a difendermi, con uno scudo di luce che avevo pensato di generare sin da quando avevo avvertito il suo corpo lasciare il Vuoto Dimensionale, ma non fui abbastanza veloce - e abbastanza forte - da contrastare la potenza di Adamo, che infranse lo scudo e mi colpi al plesso solare, facendomi volare indietro.

Mi scontrai con Alastor, ancora alle sue spalle.
Sebbene il Demone della Radio avrebbe potuto evitarla con facilità, non si spostò e anzi mi accolse contro il suo corpo, attutendo appena l'urto. Coi piedi ben piantati al suolo, scivolò indietro di un paio di metri, un avambraccio posato contro il
petto di me .

«SORELLINA!» urlò invece Adamo, quando si accorse di aver colpito me e non l'odiato demone.
Alastor si inginocchio, accompagnandomi a terra, dato che il colpo mi aveva messa k.o. «Ilary?» mormorò tra sé, guardandola per un secondo. Il suo viso addormentato, che ciondolava ora inerte, gli fece venire una fitta al petto.

Strinse la presa delle dita attorno al mio braccio, quasi senza rendersene conto, e dovette farlo con più forza di quel che avrebbe voluto, perché corrugai la fronte in una smorfia di dolore, tornando però cosciente.

«Che cosa ho fatto?» disse Adamo, guardandosi i palmi tremanti, il panico di nuovo intenso nelle sue iridi cremisi. «Mi dispiace... mi dispiace, non volevo... non volevo...» Indietreggiò, prendendosi la testa tra le dita e scuotendola con frenesia.

Io, che aveva riaperto gli occhi, ignorai del tutto Alastor, che ancora mi teneva stretta a sé, e mi girai invece a guardare Adamo. Allungò un braccio verso di lui. «Adamo...» sussurrò.

L'espressione negli occhi di Alastor mutò per un solo istante, poi li puntò contro l'ex angelo. «È ora che tu vada a dormire» ringhiò.

Mi lasciò andare , che ancora troppo debole per tenermi su da sola, scivolai sul pavimento. Poi, divenne semplicemente enorme, tanto da occupare tutta la stanza, le sue corna che sfioravano soffitto e pareti, simboli voodoo di un verde fosforescente che accendevano lampi luminosi tutti attorno. I suoi tentacoli di tenebra si scagliarono contro Adamo e lo colpirono con forza, da ogni direzione, come pugni di un campione di pugilato, dritti alla stomaco, ai fianchi, sulle mandibole, sul mento. Lo scagliarono lontano, di nuovo contro il muro e poi per terra, e piombarono su di lui, le loro punte acuminate che sembravano intenzionate a trafiggerlo.

Osservai la scena a occhi sgranati.

Le risate folli di Alastor riempivano la stanza, rimbalzando con echi infinite.

Strisciò in avanti, con le poche forze che le erano rimaste. «Ti prego... non farlo...!» mormorò.
«ALASTOR, FERMATI!»

I tentacoli si arrestarono a un centimetro dal corpo di Adamo, riverso al suolo, di nuovo privo di coscienza. Numerosi graffi ed ematomi si stavano già facendo largo sul suo corpo. Iliana temette davvero per la sua vita, ma lui emise un mezzo rantolio e lei singhiozzò di sollievo.

I tentacoli di Alastor non lo trafissero, ma lo avvolsero come bende ben strette, mentre il
Demone della Radio tornava delle sue dimensioni normali. Lo trascinò di fronte a sé. Adamo, col sangue che gli colava dal labbro spaccato, dal naso e da un taglio sulla tempia, riuscì ad aprire un solo occhio. Nonostante fosse ormai privo di forza, in fondo alla sua iride rossa bruciava ancora un fuoco battagliero.

«Sei fortunato» mormorò Alastor, «che lei sembri tenere a te molto più di quanto tu tenga a lei, altrimenti saresti già bello che morto. Di nuovo.»

Adamo corrugò la fronte, ma non fece in tempo a replicare che Alastor lo scaglio lontano, con così tanta forza che lui batté la nuca contro il muro e perse definitivamente i sensi.

Ancora una volta, provai  a strisciare verso di lui, fino all'ultimo, ma gli stivali neri e rossi di Alastor le si fermarono di fronte, impedendomi di procedere. Si inginocchiò  di fronte e la fissò assorto. «È meglio lasciarlo riposare e schiarirsi le idee.» Lo disse come un consiglio, ma sembrava più un ordine.

Mi affacciai oltre la sua figura, poi sospirò e annuì. Alastor le porse persino una mano, per aiutarla a rimettersi in piedi, e io accettai.

«È finita?» domandò Niffty, sbucando oltre lo stipite.

A quanto pare, Lucifero aveva tolto la barriera.

«State tutti bene?» domandò invece Charlie, preoccupata. Guardò prima Alastor, poi me - che non ero illesa, ma almeno era in piedi - e infine
Adamo.

«Stiamo una favola!» rispose il Demone della Radio, con il suo sorriso smagliante che traspariva anche dal tono di voce gioioso e fuori luogo.

«Ilary...?» domandò invece Lucifero, riservandole un'occhiata guardinga.

Io annuì. «Io... sì. Credo di sì.» I miei occhi, come una calamita attratta da un magnete, tornarono ad
Adamo.

«Non preoccuparti» disse Charlie, comparendo nel suo campo visivo. Sorrideva, in modo genuino, gentile e ancora ansioso. Le prese una mano tra le sue, sottraendola ad Alastor. «Ti prometto che ci prenderemo cura di lui, ma credo che adesso sia meglio... lasciarlo solo.»

Io deglutii. «Non gli farete del male, vero?»
«Non più di quanto non sarà necessario, Piccolo
Angelo» rispose però Alastor.

Lo guardai male.

«Quello che intende dire» si intromise Vaggie, «è che non gliene faremo, se lui tornerà in sé e riuscirà a controllarsi.»

Storsi le labbra, ma alla fine annuì. «Mi fido di te» disse, guardando Vaggie, che fece un cenno col capo. «E di te» aggiunse, guardando Charlie.

Quelle parole mi commossero, perché i miei  enormi occhi dalla sclera gialla si illuminarono di lacrime felici. Le strinse di più la mano tra le sue. «Non ti deluderò, Ilary.»

Sorrisi, poi, senza guardare più nessuno, si trascinò verso l'uscita della stanza, col cuore pesante quanto le sue gambe ancora deboli.

«Mi dispiace..» mormorò Lucifero, quando gli passò accanto. «Sarei voluto intervenire, ma Charlie è arrivata e ha detto di lasciar fare ad Alastor, e io...»

«Tranquillo» lo rassicurai , mostrando anche a lui un debole sorriso. Poi proseguì verso la porta e in corridoio.

Husk ed Angel erano ancora lì.

«Stai bene, ragazzina?» domandò il primo, la sua voce roca e un po' impacciata.

«Io... credo di...» non riuscì a concludere la frase.
Gli occhi mi si gonfiarono di lacrime e le gambe cedettero. Mi coprì il viso con le mani e sarei crollata in ginocchio, se qualcuno non mi avesse  afferrata al volo, accompagnando la mia caduta.

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