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«Diana»
Nel sentire la voce acida di mia madre, alzo di scatto la testa dal libro che stavo leggendo e serro gli occhi.
«Mamma» esordisco.

Io e mia madre non siamo in buoni rapporti da quando mio padre è scappato con mio fratello. Il nome della famiglia si è disonorato e lei ha fatto di tutto per riportarlo in alto. E c'è riuscita, con un solo intoppo: me. La figlia ribelle che non rispetta tutti gli stereotipi che ci sono per le ragazze. Sono quella sempre sbagliata, quella sempre sarcastica, quella che cede facilmente all' ira. Quella oscura. E in pubblico devo sempre indossare una maschera. Non mostrare emozioni. Fai finta che vada tutto bene. Sorridi. Fai finta che ti interessi quello che ti stanno dicendo e non essere sarcastica. Non fare battute. Non sbadigliare. Non sederti scomposta. Sono queste le cose che mi ripete sempre mia madre prima che arrivino ospiti o prima di uscire. Come se fossi una bambina piccola che non sa come comportarsi.

«Quante volte ti devo ripetere che questo tipo di libri non è adatto ad una signorina? Dio, se una volta tanto mi ascoltassi non morirebbe nessuno, sai?» so già che mi sta aspettando la solita ramanzina sul tipo di libri che leggo, quindi mi alzo e faccio per dirigermi verso la porta, ma lei mi afferra un polso e mi blocca con un «Abbiamo ospiti, preparati». Mi lascio sfuggire un sospiro frustrato. Dobbiamo per forza avere sempre ospiti? Questa casa sembra di dominio pubblico, ormai, tanta è la gente che viene ogni giorno.

«Posso andare, ora?» sbuffo infastidita e finalmente mi lascia il polso. Giuro che se nomina mia sorella sbrocco. Lo giuro.

A quanto pare però, anche solo pensando al diavolo spuntano le corna. Lupus in fabula. Mia sorella fa il suo ingresso con quella sua vocina acuta e fastidiosa da topo mentre chiede a suo marito di aspettarla in salotto. Mia madre corre ad abbracciarla e salutarla e la riempie di baci. Non posso fare a meno di pensare che con me non ha mai questo comportamento. A me non dimostra mai un minimo di affetto. Mai.

Mia sorella mi squadra dall' alto in basso senza neanche degnarsi di salutarmi. Faccio un sorriso sprezzante e dico con tono acido: «Cos'è, tu e il tuo bel maritino avete finito i soldi? O ti serve un favore?» poi noto la sua pancia leggermente gonfia e le lancio un' altra frecciatina. «Oh, ho capito, casualmente il bambino non assomiglierà al padre e tu non sai come spiegarglielo, giusto? Oppure ti ha messo incinta Dio?» sgancio la bomba ed esco dalla stanza mentre mia madre guarda confusa me e mia sorella. Riesco a sentire Celeste urlare una cosa del tipo «É successo una volta sola!»

So benissimo che Celeste tradisce suo marito. È ovvio. Strano che mia madre e lui non l'abbiano ancora capito. Fa tanto la perfettina e la santa, ma quella ogni notte cambia letto. Avrà fatto un casino e sarà rimasta incinta di qualche fantino di casa di suo marito. Poverino, è anche un bell'uomo. Non se la meritava una serpe come mia sorella.

Penso a questo mentre entro nella mia camera e apro l'armadio. Ovviamente mi devo cambiare, sennò chi la sente poi sua maestà Ambra Roosley? Opto per un vestito semplice azzurro e che riesco a mettere senza l'aiuto di una domestica. Mi pettino i capelli, mi faccio una treccia e scendo le scale per dirigermi in salotto. Non l'avessi mai fatto. Celeste è al centro di un capannello di amiche di mia madre che la inondano di attenzioni che non meriterebbe. Mi metto in un angolo e guardo la porta in attesa di una qualsiasi scusa per andarmene.

Una mano si poggia sulla mia bocca e qualcuno mi tira indietro verso il corridoio. Riconosco che la mano è di un ragazzo. Faccio in tempo ad afferrare di nascosto un coltello dal tavolo del buffet prima che il ragazzo mi tiri via. Appena siamo nascosti alla vista degli altri, gli tiro una gomitata e, approfittando del momento di confusione, gli punto il coltello alla gola. «Chi sei?» gli chiedo, ma poi mi acciglio. Sta sorridendo e la sua mano si muove sulla mia schiena come se cercasse qualcosa. Ad un certo punto il fiocco che mi legava i capelli cade a terra e i miei capelli folti mi ricadono sulle spalle e arrivano fino al fianco. Lo so che sono lunghi, ma a me piacciono così. E poi, mia madre non me li farebbe mai tagliare più corti. Guardo il ragazzo, confusa. Mi ritrovo a pensare che ha dei bellissimi occhi. Un misto fra blu, azzurro e verde, ma non caotico. Ordinato. Come un quadro. Oh, ma cosa penso? Ma che mi è preso? Devo capire chi è, non guardare se è bello! Mi rimprovero mentalmente.

«Sei bella» mi dice. La sua voce è strascicata e impastata e il suo alito puzza di alcol. Questo qui è ubriaco marcio. A malapena si regge in piedi. Mi metto il coltello nel corsetto: potrebbe sempre servire, ma non ritengo questo ragazzo pericoloso. Avrà al massimo sedici anni, come me. Mi allontano di un paio di passi e lo scruto. È alto e una zazzera di capelli neri scompigliati gli adorna la testa. La maggior parte dei ciuffi sono spiaccicati sulla sua fronte, bagnati. Perché ha i capelli bagnati?? Non importa, non mi deve importare. Il volto è bello, oggettivamente. Lui è bello. Ha un' aria strafottente e gli zigomi pronunciati il giusto. Ora che guardo meglio, non è neanche vestito elegante. Indossa dei vestiti arrangiati e rovinati, anch'essi bagnati, e al collo porta una catenina con un ciondolo che non capisco cos'è. «Sei ubriaco» constato. Lui ride e alza lo sguardo su di me. «Potresti aver indovinato» dice con voce roca.

Lo guardo diffidente e poi mi avvicino. Riprendo il coltello per fargli capire di non fare cose troppo avventate. «Senti, devi andartene. Sei ubriaco, non sei elegante e se mia madre ti trova qui finisce male. Soprattutto finisce male per me, perché sono qui con te. Quindi ora ti faccio vedere l'uscita e tu te ne vai» mi dispiace dirgli queste cose, ma devo. Gli punto il coltello contro mentre mi avvicino circospetta e sento una voce familiare che mi chiama.

«Didi! Ma cosa fai?!» le scarpette col tacco di Veronica e la sua voce squillante mi raggiungono come una secchiata di acqua fredda. Mi afferra per le spalle e mi strappa il coltello di mano. I suoi riccioli biondi le ricadono ordinati sulle spalle e il vestito rosa che indossa la fa sembrare una bambola. Sorrido e la guardo. «É ubriaco. Aiutami a portarlo fuori» le dico. Lei è abbastanza abituata alle mie follie, quindi mi aiuta a prenderlo sottobraccio e a portarlo fuori. Incredibile, ho anche trovato una scusa per andarmene.


~Angolo autrice~
Allora preannuncio che questa storia l'avevo già pubblicata, solo che non mi convinceva quindi ho annullato la pubblicazione e ho deciso di riscriverla da capo. I personaggi sono praticamente tutti gli stessi, anche se cambierò delle caratteristiche sia fisiche che caratteriali e modificherò delle parti delle loro backstories (si scrive così?). Anyways, spero che vi piaccia. turnergroind leggi da qua che l'altra l'ho levata.

La Dama RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora