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Ho un serio problema con il sonno. Decisamente. Dormo pochissimo di notte e mi addormento durante la giornata appena mi rilasso un attimo. Però stavolta è colpa di qualsiasi cosa mi abbia iniettato quella sottospecie di dottore.

Mi sveglio con dei colpi violenti sulla porta, come se qualcuno stesse bussando. Mi stropiccio gli occhi e mi accorgo di essermi addormentata sul mio taccuino. Ho tutte le mani e la faccia macchiate di inchiostro.

Ignoro chiunque stia bussando, cosa che mi riesce alquanto facile, e mi dirigo in bagno. Mi sciacquo le mani e le strofino tra loro finché l'inchiostro non si leva completamente e poi passo alla faccia. Qui è un po' più complicato, perché fa male.

Dopo varie imprecazioni e molta pazienza (che non ho), mi pettino i capelli e mi dirigo verso la porta della stanza. Stranamente, fuori non c'è nessuno. Solo un biglietto. Strano.

In realtà speravo che fosse Veronica, perché devo parlarle. E poi, è la mia migliore amica e voglio semplicemente vederla.

Apro il biglietto, che è scritto con una grafia a dir poco incomprensibile. Neanche i bambini piccoli scrivono così male. Quindi capisco subito di chi è il biglietto.
Vieni a casa mia per il tè, muoviti. Tua madre ha detto che non ti dovevo disturbare quindi ti ho lasciato il biglietto. DATTI UNA MOSSA DIDI!!

Sorrido. È sempre la solita. Qui è lei quella che ci mette tanto a prepararsi. Mi faccio una treccia e sto per uscire, quando mi accorgo che sono in camicia da notte. Magari non è il massimo uscire così.

Mi metterei qualcosa di comodo, ma mi ha invitato ad un tè, quindi devo vestirmi elegante. Tra l'altro sua madre mi odia, quindi devo essere impeccabile. E, questo è scontato, scomoda che più scomoda non si può. Tra l'altro, questi vestiti non riesco a mettermeli da sola e devo sempre chiamare Lily, la mia domestica. Non saprei come altro definirla. È una specie di amica, ma questo nessuno lo accetterebbe perché io sono ricca e lei è solo la mia domestica.

Suono una specie di campanella che si trova sul mio letto e aspetto. Lily entra nella stanza e mi guarda, preoccupata. La liquido con un cenno della mano e le indico il vestito che ho tirato fuori. È blu, con delle finiture oro e molto ma molto scomodo.
«Sto bene. E ora vado da Veronica. E no, non so quando tornerò, quindi non perdere tempo a chiedermelo. Sono abbastanza di cattivo umore» è una specie di avvertimento. Del tipo "non mi parlare o ti giuro  che ti ammazzo"

Lei capisce, perché annuisce e si affretta ad aiutarmi a mettere il vestito. Mi scioglie la treccia e mi fa uno chignon perfetto. Non mi sarei aspettata altro, da quelle sue mani di ceramica. Non perché siano bianche, anzi, ma perché nonostante i calli sono lisce e delicate. E piccole. Tanto piccole.

La ringrazio e poi esco dalla stanza prendendo uno dei miei racconti dopo che Lily è uscita. Canticchio tra me e me mentre scendo le scale e saluto mia madre. Poi mi ricordo: sono una ragazza e quindi non posso andare in giro da sola.

«Lily! Mamma!» grido nella speranza di non dover risalire le scale, ma non ricevo nessuna risposta. Sto per risalire le scale, quando qualcuno mi mette una mano sulla spalla e mi fa sobbalzare.

«Se volete, signorina Roosley, posso accompagnarvi io. Dovunque dobbiate andare. Vostra madre al momento è impegnata» a parlare è stato il maggiordomo di famiglia. Non riesco assolutamente a ricordare il nome, non so perché. Però ora che ci penso, ultimamente mi sento molto strana: dormo molto di più, ho l'impressione di vivere in una specie di allucinazione e mi scordo i nomi come se fossero una qualche noiosa nozione di galanteria. Io mi scordo i nomi. Io. Che ho una memoria di ferro.

Mi volto verso il maggiordomo. «Dio, mi hai fatto prendere un colpo! Comunque, si, grazie. Gradirei essere accompagnata a casa di Veronica Charse. Grazie...ehm...» cerco di ricordarmi il nome, ma niente. Vuoto totale.

La Dama RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora