Capitolo 78: Boom... - ✓

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La vita da cecchino non era mai stata esuberante come quella di un soldato impegnato nella mischia. Quando si imbracciava un fucile di precisione era solo questione di tempo, di secondo, di un battito di ciglio, che un singolo colpo poteva cambiare le sorti della partita. I rumori erano i tuoi amici, mezzi per mimetizzarti al nemico; bastava un'esplosione, un fuoco d'artificio, un guasto tecnico, un tonfo energico, che il proiettile – per quanto avesse potuto essere silenziato – passava maggiormente inosservato e la vittima svaniva da questo mondo senza che nessuno potesse farle compagnia per vivere i suoi ultimi istanti di vita; non lo sentiva nemmeno. Un attimo prima pattugliava, quello dopo non c'era più e doveva ricominciare daccapo una nuova vita senza ricordarsi di essere morto.

In fin dei conti Sully non era mai stato un tipo religioso.

Non aveva mai creduto fedelmente al Paradiso, all'esistenza di un luogo dove chi si era inchinato per ricevere la benedizione di Dio, veniva perdonato e condotto in cielo, dove avrebbe vissuto beatamente per l'eternità. Se doveva essere sincero, lui era un peccatore che avrebbe dovuto bruciare all'inferno, perché in fondo si era macchiato anche lui le mani; non importava se lo avesse fatto per il bene e per legittima difesa; non uccidere era comunque parte dei dieci comandamenti. Non sarebbero bastate milioni di giustificazioni per impedirgli di scendere negli inferi. 

Se davvero lassù ci fosse qualcuno che li stava osservando marcire piano piano, non avrebbe avuto nulla da ridere. Non era mai stato superstizioso, ma alla fortuna ci credeva eccome. Soprattutto quando smetteva di essere un dongiovanni ed indossava una divisa; due vite diverse con equilibri altrettanto diversi. La vita da cecchino non dipendeva dal suo fascino, ma dalla tecnica, dal sangue freddo, da una parte della sua anima che affiorava solo quando si isolava dal resto della squadra; disteso su un nascondiglio, mimetizzato alle volte, il cuore che doveva quasi entrare in bradicardia per evitate che il colpo mancasse il bersaglio. 

Tuttavia c'era sempre qualcosa che andava storto quando il suo occhio aveva l'onore di poter osservare tutto, o quanto bastava. E diciamo che in quel momento l'atmosfera era abbastanza critica da non essersi mosso di un millimetro da dove si era puntellato con il fucile. Da quando avevano scoperto della presenza dell'autobus scolastico, dei civili, bambini per la maggior parte, e dei nemici che stavano girovagando dietro il mezzo per usarlo come scudo, la stasi e il silenzio che si respirava sul ponte era colmata dal trambusto degli altri luoghi in cui stava perversando lo scontro e le sirene non smettevano di echeggiare per il quartiere.

Il suo occhio si posò su Jake, ancora immobile dietro l'auto, invisibile per il momento al nemico; tramite lo zoom, Sully registrò purtroppo l'espressione tesa del collega.

«Non fare quella faccia, Shakalaka.» disse alla radio.

Notò le spalle di Jake fare su e giù dallo spavento. «Stavo pensando...diamine.» scoccò un'occhiata nella sua direzione, senza mutare lo sguardo serio.

«Pensavi al fatto che Noè fosse arrivato in soccorso del nostro Generale? Perché a dirla tutta sono stupito anche io.» ammise.

«In verità sono contento. – udì all'orecchio; la voce di Jake era soave e morbida, qualcosa che non aveva nulla a che vedere con la ruvidità di un soldato. Sully l'aveva sempre apprezzata. – Sono felice che quei due siano riusciti in qualche modo a mettere da parte le ostilità; il Generale mi era sembrato davvero giù alla cerimonia, quando ha raccontato la diatriba che quei due hanno avuto.»

«Ancora tu non li hai visti insieme, ma sono pericolosi. Sapessi quanti insulti si scaricano dalla mattina alla sera. All'inizio non ci ho creduto tanto, alla fine Noè è solo un ragazzo, ma appena l'ho visto con i miei occhi mi sono dovuto ricredere.»

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora