Prologo

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Dopo 9 anni in America, precisamente a New York, con la mia famiglia adottiva, ero finalmente riuscita a staccarmi da loro e a salire su un volo di sola andata verso la mia città Natale: il Giappone.

 All'inizio ero esitante nel ritornare nel luogo in cui i miei genitori erano morti, ma, grazie alle parole di  Michelle e di Edward, la donna e l'uomo che mi avevano cresciuta come una madre e un padre da quando avevo 16 anni, mi ero finalmente decisa a tornare in quel bellissimo, e allo stesso tempo nostalgico, posto, con la loro promessa di venirmi a trovare. 

Avrei vissuto nella vecchia abitazione dei miei nonni: una villetta in stile occidentale con del verde tutto intorno. O almeno era così che me la ricordavo. 

Avevo passato molte estati nel giardino dei nonni da bambina prima che morissero e prima che i miei genitori avessero quell’incidente letale.

 I miei genitori erano morti sul colpo, io invece ero sopravvissuta soltanto grazie alle cinture del seggiolino e della macchina: mia madre era una donna molto paranoica e, secondo lei, più sicurezza c'era meglio era. 

Proprio grazie a lei ero riuscita a uscire da quell'incidente con solo una caviglia rotta e qualche settimana in ospedale. 

In tutto quel periodo in cui ero in un letto d'ospedale avevo solo le infermiere e qualche medico che venivano e andavano a controllare come stessi.

 La persona con cui avevamo fatto l'incidente non si era fermata, era corsa via subito dopo l'impatto… illesa. 

Un giorno, però, mentre giocavo con un'infermiera, entrò una donna: aveva lunghi capelli neri con qualche capello grigio che scappava al nero opaco e occhi color ghiaccio, e a peggiorare tutto alla me bambina c’era la sua statura, alta e snella.

All'inizio ne fui spaventata, ma quando i medici mi dissero che dovevo andare via con lei ero assolutamente terrorizzata. 

Pregai l'infermiera con cui mi ero più affezionata di non lasciarmi andare via con lei ma le mie preghiere furono nulle. 

Una volta che mi fui ripresa del tutto lasciai l'ospedale con quella donna che mi terrorizzava, ma non sapevo ancora che il luogo in cui mi avrebbe portata mi avrebbe terrorizzata ancora di più. 

Era una grande struttura fatta in pietra con un cortile immenso tutto fatto in cemento, non c'era un minimo di verde. Lo odiai all'esterno ma lo odiai ancora di più all'interno. Le pareti grigie avrebbero messo timore anche ad un adulto, il pavimento faceva rimbombare i passi dei tacchi della governante per tutta la stanza. 

Le espressioni dei bambini erano tristi, sembrava che non avessero avuto più nulla di bello in quella vita. 

Odiavo quel posto freddo e cupo come lo odiavano gli altri bambini, anche se non lo facevano vedere, per paura di essere puniti. 

Odiai quel posto fino ai miei 16 anni, quando due persone sono entrate e mi hanno preso con loro. Erano Michelle ed Edward. 


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