1 - Sogni che si avverano

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Seduto nella sua ampia sala di controllo tappezzata di schermi di ogni dimensione, Vox premette l'indice sul pulsante muto schioccando rumorosamente le fauci

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Seduto nella sua ampia sala di controllo tappezzata di schermi di ogni dimensione, Vox premette l'indice sul pulsante muto schioccando rumorosamente le fauci.
I televisori mandavano in onda migliaia di immagini diverse di ogni singolo anfratto della città, compreso l'esterno dell'Hazbin Hotel nella sua nuova veste ricostruita. Erano i numerosi cavi che gli spuntavano dalle tracce dietro al cranio - dalla forma stessa di un televisore - che rendevano Pentagram City dominata dal suo vigile sguardo.
Mantenendo il capo chino, sollevò di scatto gli occhi iniettati di sangue verso l'immagine dell'Hotel < .. >
Fu un violento pugno elettrostatico, contro la superficie della scrivania, a rompere bruscamente il silenzio che si era creato nella stanza. Rabbia, ira, frustrazione, odio, impazienza e tormento; quante emozioni lo animavano? Un turbinio di male che non lo lasciava mai andare, specialmente da quando quello stronzo di Alastor era tornato ed ogni cosa sembrava andare quasi perfettamente a suo favore. Nemmeno la pericolosa ferita di Adamo era riuscita ad annientarlo.
Rimase così, irrigidito e percorso da numerose scariche elettriche per tutti gli interminabili istanti in cui analizzò le sue emozioni, ma poi iniziò a scuotersi gradualmente da una risata sommessa che si fece via via più crescente. Con uno sbuffo di stanchezza tornò indietro con le spalle, appoggiandosi allo schienale della poltrona girevole nel tentativo di svuotarsi da tutto il male che lo animava e che non lo faceva dormire da settimane.
< Non posso continuare ancora così, il mio corpo cederà. Quel cane maledetto.. > denso di rabbia, serrò nuovamente le fauci con violenza. Aveva addosso la sua giacca migliore ed il suo papillon rosso tirato a lucido tanto quanto il cappellino da dove spuntavano le antenne. Sotto, il gilet a righe rosso e nero con parte della camicia visibile dallo scollo.
< Non ce la fa a morire, non ce la fa.. > in un nuovo impeto di rabbia, rilasciò una scarica elettrica che percorse uno dei cavi fino a raggiungere il collegamento degli schermi che, in un istante, si sintonizzarono tutti sui vari ambienti interni all'Hotel: camere comprese.
Allungò di scatto le braccia e le sue dita iniziarono a ticchettare freneticamente sulla tastiera dei comandi < Dove cazzo sei!? > ringhiò, mentre i suoi occhi scorrevano sui vari schermi seguendo le immagini - comprese quelle dei conosciuti ospiti dell'albergo - che si spostavano dentro a quello centrale < Dove sei, Alastor..? >
Eccolo. Si bloccò con un tuffo al petto. Era nella sua stanza. < Non ti sei ancora ripreso, cane codardo, eh? > rise, perdendo bava rossa dal sinistro sorriso che lo animava < Ti ha fatto male Adamo..? Eh > lo sguardo era sempre più sgranato e le iridi sfrigolavano come saette elettriche.

Alastor era lì, seduto su una poltrona dall'aspetto antico, ai piedi del suo letto a baldacchino in legno scuro, in quella stanza matrimoniale sui colori marroncini e rossi, dalle pareti tappezzate da oggetti demodé e vintage, radio, ramificazioni di corna da cervo e la porta del bagno sulla destra rispetto a quella d'ingresso. Più che seduto si potrebbe dire che era riverso in avanti; le ossute spalle erano ricurve, il gomito destro appoggiato sul medesimo ginocchio ed il viso nascosto nel palmo della sua mano, sommerso dai capelli rossi dalle punte nere che gli avvolgevano le guance rendendo impossibile scorgere la sua espressione.
Aveva addosso solo i pantaloni e la camicia rossa priva di papillon, i piedi erano scalzi e si coglievano perfettamente le zampe da cervo. La giacca ed il bastone radio erano poggiati sul letto.
Mentre Vox fissava, sbavante, la figura di Alastor sullo schermo principale, l'immagine di Charlie si spostava da un altro, dalla Hall, abbandonando Lucifero e Veggie per risalire le scale ed immettersi nei vari corridoi in direzione della Torre Radio.
Le orecchie di Alastor, che se ne stavano perlopiù schiacciate sulla nuca, vibrarono un attimo prima del bussare contro la sua porta. Le rizzò immediatamente insieme al viso, facendo spuntare i suoi occhi affilati dalle fessure delle dita. Era impossibile vederne la bocca poiché premuta contro il palmo della mano.
< Al..? Sono.. sono io, Charlie. Posso entrare..? > la voce acuta e titubante della bionda, riecheggiò ovattata dalla porta chiusa.
< .. > Alastor esitò emettendo il rumore infastidito di un'interferenza radio < ..puoi entrare > tornando eretto con la schiena, pronto ad accoglierla nella veste imperscrutabile del suo sorriso.
La porta si aprì rivelando la figura della ragazza, bionda, dagli occhi dorati, l'iride vermiglia e quel viso animato con graziosi tratti pagliaccetti. Addosso il suo completo dall'immancabile giacca rossa, i pantaloni neri ed i piccoli tacchi che riecheggiavano titubanti oltre l'ingresso.
< Va.. va tutto bene? Come stai..? > stringendo apprensiva le mani contro il seno.
< Oh, sto perfettamente, cara ~ > .. < A breve mi sarò del tutto ripr- > la voce di Alastor, distorta dall'effetto radio che la contraddistingueva, si interruppe contro un dolorante rantolo. Incurvò di nuovo le spalle afferrandosi tremolante il fianco con gli artigli. Charlie si allarmò con tuffo al petto, aumentando il passo, raggiungendolo, ed inginocchiandosi a terra davanti alle sue gambe < Alastor! > esclamò disperata poggiando la sua mano sul dorso di quella con cui il Demone della Radio si tamponava la ferita.

Love and Destroy - HAZBIN HOTELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora