Parte Prima

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Quattro giorni dopo il gran casino con Francesca Mantonea, ricordiamo il grande amore di Aloisi nonché la psicosi assassina e necrofila della suddetta, Pino Benvenuti doveva analizzare i vetrini della strana sostanza estratta dal cervello di Michele Longone, giornalista ucciso in maniera shakespeariana poi ritornato fra noi, sotto forma di zombi idiota e goloso di carne umana. Il caro George Romero ci ha lasciati qualche anno fa, peccato! Fosse ancora vivo sarebbe stato d'uopo consigliargli Guadovecchio come tappa turistica.

Franco, lo sveglio assistente del medico legale, era in laboratorio e, in attesa che Benvenuti si facesse un'improvvisa pisciata fuori programma, mise l'occhio nella lente del microscopio. L'assistente rimase basito guardando quel vetrino.

"Ah dottò! Venga qua!" gridò verso il bagno.

"Un attimo, sto alla fase sgrullo." rispose Benvenuti sempre goliardico.

Passati alcuni secondi, Pino Benvenuti raggiunse Franco, che aveva ancora quell'espressione sbigottita.

"Ma che c'hai?" gli chiese il medico guardandolo.

Franco indicò il microscopio.

"Nun c'è più..." mormorò.

"Ma che caz...? Vabè, mo guardo." disse Benvenuti.

Il medico legale posò il suo occhio sulla lente e regolò la messa a fuoco. Assunse, poi, la medesima espressione del suo assistente e si voltò verso di lui.

"Che le dicevo, dottò? Nun sarò 'n pozzo de intelligenza, ma so come è fatta 'na cellula cerebrale, pure se è morta, e questa qua è come tutte l'altre. Quello che lei ha trovato l'altro giorno e che secondo lei ha fatto resuscità Longone..."

"...è sparito..." concluse Benvenuti sconsolato.

I due fecero un'approfondita analisi di tutto l'encefalo e dell'intera arteria cerebrale media. Per non escludere nulla, ispezionarono tutto il midollo spinale ed il liquor. Niente! Quella sostanza, probabilmente responsabile della resurrezione, sembrava come se mai fosse stata inoculata nel corpo del giornalista.

"Emocromo?" propose Franco.

"Macchè, Frà...s'è volatilizzata. 'Nnamo a casa, và" rispose triste Benvenuti. Addio scoperta del secolo.


2

3 marzo.

Alla Boscaglia Der Duca, ad inizio primavera, i guadovecchini solevano fare delle lunghe e corroboranti passeggiate. Il grande parco del paese, poi, aveva aggiunto più vegetazione, diversi piccoli punti ristoro ed alcune giostrine per bambini.

Aldina, una bimba di cinque anni dai capelli rossicci legati in un tupè, correva ridendo in mezzo ad una distesa di margheritine gialle e bianche. Si fermò e raccolse tre di quei fiorellini. Una donna sulla trentina, la raggiunse e le si chinò accanto sorridendo.

"Che fai?" le chiese, con un amorevole sguardo da madre.

"Ho preso tre margheritine. Una per me, una per te e una per papà!" rispose Aldina, con una vocina che avrebbe fatto sciogliere anche il più trucido degli individui.

La donna prese i fiorellini e li avvolse in un fazzoletto. Guardò amorevolmente la figlia, ma non smetteva di pensare al fatto che, ogni volta che tornava dalla casa del padre, la bambina aveva un nuovo livido o una contusione o una piccola frattura. I due erano separati perché l'uomo era ludopatico ed era dedito ad accessi di ira. Non aveva mai picchiato né lei né la bimba, quando erano sposati, ma le scene di incazzo clamoroso e di oggetti scaraventati in aria erano all'ordine del giorno. La madre di Aldina era più che convinta che, per sfogare la propria rabbia incontrollata, il pezzo di merda fosse passato al livello successivo. Senza contare che Aldina, forse per timore, non ne parlava con la madre, lasciandola, così, nel dubbio. La bambina avrebbe visto il padre fra una manciata di minuti, ma questa volta, Miriam, così si chiamava la giovane madre, non era così in ansia: aveva assunto i nostri detective preferiti per incastrare il presunto picchiatore di figlie piccole Mattia Picciomi.

Dovevano Essere MortiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora