42.Gabriel

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Non riuscivo a credere che si fosse fatta tutte quelle ore di volo solo per me. Aveva rischiato di affrontare le urla di mia madre, ignorando ogni possibile conseguenza. Non aveva pensato a nessuno, solo a me. E poi il modo in cui avevamo fatto l'amore... non avevo mai provato nulla di così intenso, di così travolgente.
La guardai accanto a me, ancora distesa sul letto, con i capelli spettinati e un'espressione rilassata che raramente avevo visto. Il mio petto si riempì di un calore che non riuscivo a spiegare.
«Hai fame?» le chiesi, accarezzandole il viso prima di darle un bacio dolce sulle labbra.
«Forse un po'...» rispose con un sorriso timido, il viso leggermente arrossato.
«Ho ordinato due pizze.» dissi alzandomi per cercare i miei pantaloni.
«Due? Ma sei qui da solo.» replicò, alzandosi lentamente anche lei, avvolta nel lenzuolo.
«Mangio molto. Ho bisogno di crescere.» scherzai, mostrando il mio bicipite con fare teatrale.
Lei scoppiò a ridere e si avvicinò, prendendo il mio braccio e dandogli un morso leggero. «Immagino.»
«Ahia! Ma che fai, mordi?» protestai ridendo.
«Andiamo, prima che mi mangi.» dissi ridendo, chinandomi per darle un altro bacio sulla fronte. Poi mi infilai la maglietta e mi diressi verso la porta. Lei indossò una mia maglia , per quanto fosse piccola le andava a vestito. Era semplicemente stupenda.
Ci sedemmo a tavola, aprendo i cartoni delle pizze che avevo ordinato. Il profumo del formaggio fuso e del basilico fresco riempiva la stanza.
«Quando inizierai a lavorare?» mi domandò Sofia, prendendo un morso della sua pizza margherita.
«Ho iniziato pochi giorni fa.» risposi, osservandola mentre si puliva distrattamente un po' di salsa dall'angolo della bocca. Sorrisi. «Cosa farai senza di me?» aggiunsi, cercando di alleggerire il tono.
Lei alzò gli occhi al cielo, ma un sorriso comparve sulle sue labbra. «In realtà, vorrei visitare la NYU. Mi sarebbe sempre piaciuto studiare lì.» confessò, facendo un sorso dalla lattina di Coca-Cola.
Mi appoggiai allo schienale della sedia, osservandola con interesse. «NYU, eh? Una scelta ambiziosa.» dissi con un accenno di orgoglio nella voce. «Ti piacerà sicuramente. È un campus fantastico, e poi... sarebbe bello averti qui a New York.» Lei arrossì leggermente, abbassando lo sguardo sulla sua pizza. «Dici davvero?»
«Certo che sì. Non voglio perdere l'occasione di avere una scusa per vederti tutti i giorni.» risposi con un sorriso sincero. Sentivo che quel momento, così semplice e ordinario, aveva qualcosa di speciale. Con Sofia, anche i gesti più banali sembravano pieni di significato.

Finimmo di cenare e ci spostammo sul divano, scegliendo un film tra le opzioni che Netflix ci offriva. Lei si appoggiò comodamente contro di me, e io la strinsi con un braccio attorno alle spalle, accarezzandole distrattamente il braccio.
«Credi che tua madre scoprirà la verità sul mio viaggio?» mi domandò, alzando il viso per guardarmi con un misto di preoccupazione e curiosità.
La guardai negli occhi e sorrisi. «Se lo scopre, ti basta dire che volevi visitare l'università. La questione della NYU è una motivazione più che valida.»
Sofia ridacchiò, nascondendo il viso contro il mio petto. «Sì, hai ragione, potrebbe funzionare. Sicuramente è meglio della scusa di Amanda.» Risi a mia volta. «La scusa di Amanda reggerà tre giorni, massimo. Dopo di che, mia madre inizierà a preoccuparsi, e tu dovrai inventare qualcos'altro.»
«Tre giorni sono già un bel traguardo.» rispose con tono scherzoso, sollevando il viso per guardarmi.
Le baciai dolcemente il capo, cercando di infonderle tranquillità. «Vedrai che andrà tutto bene. Per adesso, concentriamoci su di noi.» Sofia annuì con un lieve sorriso, tornando a rilassarsi tra le mie braccia mentre il film iniziava. Il suo calore contro di me e il suono della sua risata mi fecero sentire come se, almeno per quella sera, tutto fosse al suo posto.

Verso metà film aprii lentamente gli occhi, leggermente appiccicati dal sonno. Mi guardai intorno, ancora un po' stordito, e la vidi. Sofia dormiva beatamente tra le mie braccia, con una ciocca di capelli che le cadeva sul viso. Non potei fare a meno di sorridere.
Le scostai delicatamente quella ciocca, sistemandola dietro l'orecchio. «Piccola, vogliamo andare a dormire?» le sussurrai cercando di svegliarla, ma lei fece solo un verso incomprensibile, senza aprire gli occhi.
Non volendo svegliarla del tutto, la presi in braccio con attenzione, cercando di non farle perdere quel sonno profondo. La portai in camera, dove la distesi delicatamente sul letto, sistemando il cuscino sotto la sua testa. Lei si girò leggermente su un fianco, continuando a dormire.
Mi infilai accanto a lei sotto le coperte, avvicinandomi per abbracciarla da dietro. Sentire il suo corpo rilassato contro il mio era una sensazione che mi faceva stare incredibilmente bene.
«Buonanotte, amore mio.» sussurrai, baciandole dolcemente il capo prima di chiudere gli occhi, con il cuore finalmente tranquillo.

La mattina seguente mi svegliai con la luce del sole che filtrava dalla finestra. Socchiusi gli occhi, ancora assonnato, e mi girai verso Sofia. Dormiva profondamente, i suoi capelli disordinati le cadevano sul viso, rendendola ancora più bella. Sorrisi tra me e decisi di prepararle una colazione a letto.
Mi alzai lentamente, cercando di non fare rumore, e chiusi la porta della camera con delicatezza per non svegliarla. Mi diressi in cucina e iniziai a preparare dei pancake. Mentre la padella faceva il suo lavoro, presi alcune fragole e banane, tagliandole a spicchi precisi e disponendole sul contorno del piatto.
Quando i pancake furono pronti, li sistemai su un piatto, versai sopra un filo di sciroppo d'acero e aggiunsi una fettina di banana al centro per decorare. Preparai anche una spremuta fresca.
Sistemai tutto su un vassoio di legno, facendo attenzione a rendere il tutto perfetto. Con il vassoio tra le mani, tornai lentamente in camera, pronto a sorprenderla.
Entrai in camera in punta di piedi e posai il vassoio con la colazione sul comodino accanto al letto. Mi avvicinai lentamente a Sofia, sfiorando il suo viso con una serie di baci leggeri, partendo dalla fronte fino alle guance. Sentii un lieve sorriso formarsi sulle sue labbra, anche se aveva ancora gli occhi chiusi. Continuai finché non la vidi stiracchiarsi e aprire lentamente gli occhi.
«Buongiorno, principessa.» dissi con un tono dolce, guardandola con affetto.
«Buongiorno.» rispose con voce ancora impastata dal sonno, prima di baciarmi piano.
Aspettai che si sistemasse a sedere, poi presi il vassoio e glielo porsi con un sorriso soddisfatto.
«Amore, non c'era bisogno che facessi tutto questo.» disse, con un tono premuroso che tradiva la sua gratitudine.
«Certo che dovevo.» risposi, piegandomi verso di lei per rubarle un altro bacio.
«Cosa vuoi fare oggi?» dissi avvicinandomi a Sofia, sistemandomi più vicino a lei nel letto. Con un sorriso malizioso, rubai una fragola dal suo piatto.
«Hey, quella è mia!» disse facendo il broncio, ma non riuscì a mantenere quell'espressione a lungo. Mi avvicinai piano e le morsi dolcemente il labbro inferiore.
«Non saprei... tu hai qualche idea?» mi rispose, mentre continuava a mangiare, sorridendo.
«Vorrei portarti in un posto speciale per me, dove andavo quando avevo otto anni.» dissi, guardandola con affetto.
«Mi farebbe davvero piacere. Quindi sei cresciuto anche qui?» mi domandò, pulendosi le labbra delicatamente.
«Sì, per il lavoro di mio padre, abbiamo vissuto qui fino ai miei 14 anni. Poi siamo tornati a Madrid, e lì ho conosciuto Amanda e Theo.»
«Quindi vi siete conosciuti letteralmente da bambini?» disse, finendo la sua colazione. Mise il piatto sul comodino e mi regalò di nuovo tutta la sua attenzione.
«Sì, grazie ai nostri genitori. Sia il padre di Theo che quello di Amanda lavoravano con mio padre.» La vidi alzarsi dal letto, e con il suo movimento, la maglia si sollevò leggermente, mostrando il suo sedere perfetto. Cercai di non pensare troppo a quella vista, mantenendo il controllo su me stesso.
Si avvicinò al comò e prese una vecchia foto di me e mio padre. Era una foto di Halloween, dove ero vestito da Peter Pan. Mi guardò con un'espressione tenera sul volto.
«Mio Dio, come eravate belli.» disse, osservando la foto con un sorriso affettuoso.
Mi alzai anche io dal letto e mi avvicinai a lei con un sorriso che non riuscivo a nascondere. Le accarezzai le mani delicatamente e posai delicatamente la foto sul comò. Mentre la guardavo il mio cuore iniziò a battere così velocemente che sembrava volesse uscire dal mio petto. Misi una mano sulla sua nuca, avvicinandomi lentamente a lei, e la baciai con dolcezza. Non avrei mai smesso di baciare quelle labbra.
«Ti amo.» Non ero mai stato così sicuro nella mia vita se non in quel momento.
Lei sorrise e mi rispose con la stessa intensità: «Anche io da morire.» Quella sensazione di completezza, di amore, era tutto ciò di cui avevo bisogno.

𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 || 𝐕𝐎𝐋𝐔𝐌𝐄 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora