PROLOGO

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L'uomo nel bosco camminava svelto, a tratti correva, e l'unica illuminazione di cui disponeva era la sua torcia a batteria che usava per lavorare in cantiere  durante  il turno notturno.  Era l'una e cinquantotto del mattino,  sapeva che doveva raggiungere  alla svelta il cimitero di Trebiasso e sapeva bene che aveva un compito molto importante da svolgere. Un compito che poteva costargli la vita.
Il vecchio e arrugginito cancello del cimitero era illuminato solo dal flebile chiarore della luna piena, che splendeva candida in un cielo senza stelle. L'uomo credette di dover scavalcare rischiando l'osso del collo, ma ben presto si accorse che non ce n'era bisogno. Il cancello non aveva lucchetto e con una forte spinta data da braccia nerborute si aprì.
Quello non era un cimitero per brava gente e non era segnalato da google maps, né sulla cartina del paese. Era un cimitero in cui giacevano delinquenti e criminali psicopatici, filibustieri della peggior specie, che da vivi erano stati pazienti di un manicomio che si trovava a pochi chilometri da quel luogo. Furono sottoposti a torture di ogni genere fino a quando, privi di qualsiasi barlume di buonsenso, si tolsero la vita con le loro mani. I loro corpi, fatti a brandelli, furono sepolti nella terra umida, come fossero stati quelli di animali.
L'uomo si muoveva lesto verso la tomba posta in un angolo, all'ultima fila. Era la tomba di sua moglie  Gisella, deceduta diversi anni prima. Tirò fuori dalla tasca del suo giaccone un libro dalla copertina nera, opaca e invocò il nome dell'amata.
Leggendo pronunciò strane parole, angoscianti parole, in una lingua occulta e misteriosa. D'un tratto il cielo sembrò farsi più oscuro e si levò un gelido vento, come se di lì a poco fosse in arrivo un uragano. L'uomo mostrò al chiarore lunare una catena di ferro con una croce rovesciata, impregnata di sangue che non era il suo. Nell'aria c'era un freddo insolito, glaciale, ma la croce si fece rovente, tanto che l'uomo mollò la presa e la fece cadere, procurandosi una vistosa bruciatura.
Il rituale di preghiera continuò, e la croce venne assorbita dalla terra umida della tomba, come se fosse caduta nelle sabbie mobili. Il vento si fece sempre più  forte e protestò, quasi fosse composto dalla spiritica voce oppositore degli altri defunti. Quando raggiunse il massimo acume, l'uomo si tagliò i polsi con un coltellino svizzero, in segno di sacrificio.
Grosse chiazze di sangue caddero sulla tomba, che ben presto  formarono una pozza rossastra.
"Gisella!" gridò l'uomo barcollando, che ormai a stento si reggeva in piedi. Il vento continuò a soffiare e soffiare, le folate sembravano lame taglienti.
"Gill, ho seguito le istruzioni, ti prego ho bisogno di te!"
La testa violacea di una donna (o di un essere, per meglio definirlo) si stagliò dal terreno. Aveva rivoli di sangue che le scendevano dagli occhi e dalle labbra. La sua pelle era irregolare, presentava lividi e graffi su guance, mento e zigomi. La sua voce, lugubre e rauca, continuava a ripetere un nome.
Dani.
Diminutivo di Danilo, l'uomo che aveva eseguito il rituale per riportare in vita la sua amata, e ora era carponi davanti a quella testa parlante di zombie, e stava per morire.
"D-D-Dani"
"Sono qui mia cara. Il rito ha funzionato. Tu sei viva. Ora possiamo stare di nuovo insieme."
Danilo pronunciò quelle parole con uno sforzo immenso, quasi prono al terreno, con una mano che reggeva un polso sanguinante. La sua faccia, pallida e madida di sudore freddo, segnava l'arrivo di una morte imminente.
"Puoi curarmi?" chiese a Gill mostrando il polso tremolante. Ma lo sguardo di Gill, vacuo e atono, indicava che non era affatto quello il suo intento.
"Gill, con i tuoi poteri tu puoi curarmi. Ti prego fallo! Saremo di nuovo..."
Una morsa alla gola lo attanagliò prima che potesse finire la frase. Si sentiva come se fosse sott'acqua e stesse affogando. La mano di Gill era stretta attorno al suo collo, unghie penetranti e taglienti affondarono nella sua carne e il sangue scorse come un fiume in piena.
"D-Dani deve morire!" la voce di Gill si fece più chiara, come se da lui stesse prendendo energia vitale.
"N-no Gi-i..."
"Dani deve morire."
Ora la sua voce era chiara e limpida come l'acqua di una piscina.
La mano di Gill si strappò con estrema violenza dal collo del marito, che giacé a terra, esanime, in un bagno rosso-sangue.

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