1 - 𝘐 𝘥𝘦𝘮𝘰𝘯𝘪 𝘶𝘴𝘢𝘯𝘰 𝘪𝘭 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘢 𝘱𝘢𝘴𝘴𝘦𝘨𝘨𝘪𝘰 (Haborym pt. II)

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Emerse da un lago nero, vomitando acqua

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Emerse da un lago nero, vomitando acqua.

Una piatta distesa di ossidiana senza confini, sormontata da una volta priva di luna o stelle.

Haborym riprese fiato tenendosi a galla in quel mondo privo di contorni.

Nero, ovunque guardasse.

Poi, un alto cancello.

La porta del Sottomondo.

Haborym si toccò la tasca e sentì qualcosa di piccolo e rotondo. Nell'oscurità, tra indice e pollice comparve una moneta d'oro.

Nuotò in direzione della riva, finché i suoi piedi non toccarono terra. Uscì dal lago, i vestiti appesantiti dall'acqua. Seduta di fianco all'ingresso del regno di Xatozl sedeva una vecchia piccola e curva, intenta a cucire un drappo che si tuffava in una botola aperta sotto i suoi piedi. Haborym sapeva che quello era il suo arazzo, che raffigurava tutte le scene importanti della sua vita, e che era appena giunto al termine.

«Voi siete la Kaladin» disse.

La vecchia mise via i ferri e, senza rispondere, tese il palmo raggrinzito verso di lui.

Haborym strinse la moneta nel pugno.

Soltanto due ore prima aveva offerto a suo padre Xatozl il sangue di un empio.

Soltanto un minuto prima aveva le labbra su quelle di Liliana.

Liliana.

Haborym diede le spalle alla Kaladin e urlò a pieni polmoni fino a sentir graffiare la gola, ma il suo dolore si disperse senza eco sulla superficie del lago immobile.

«Finisce così» sibilò, serrando i denti. «Una vita a servire mio padre ed è questo ciò che mi spetta? Un'eternità di vuoto e fredda oscurità?»

La Kaladin lo guardò impassibile.

«Dite qualcosa, per l'amor di Xatozl!» ringhiò. «Mio padre mi scarica nella pattumiera non appena ha una nuova prediletta? Io...»

Gli mancò il fiato.

Il viso di Liliana. In quei dieci secondi, tra il coltello piantato nel suo collo e la morte, non aveva scorto un briciolo di rimorso.

Era stata brava. Paziente. Non come tutti gli altri, così frettolosi di strappargli via il potere da commettere errori goffi.

Invece, stavolta quello che aveva commesso un errore era stato lui.

Si era fidato.

«Non posso rimanere qui, vero?»

La Kaladin tese di nuovo la mano.

Haborym fissò l'alto cancello. Qualunque cosa lo stesse aspettando lì dentro, non sarebbe stato glorioso neanche la metà di quanto si raccontava nel Libro di Xatozl. Ora era un indegno. Un'anima come tutte le altre.

Il libro di Argoroth | 𝐅𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐲 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐨 (𝐗𝐕𝐈𝐈 𝐬𝐞𝐜.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora