3 - 𝘚𝘢𝘯𝘨𝘶𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘴𝘢𝘯𝘨𝘶𝘦 (Mitko pt. I)

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IL LIBRO DI ARGOROTH

3.

Sangue del mio sangue

Se sua madre avesse osato ripetere ancora una volta la frase "La duchessina è un ottimo partito", Mitko avrebbe vomitato i pirozhki dentro il bicchiere di vino o, peggio, soffocato il gatto che gli sonnecchiava in grembo, un delizioso esemplare di...

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Se sua madre avesse osato ripetere ancora una volta la frase "La duchessina è un ottimo partito", Mitko avrebbe vomitato i pirozhki dentro il bicchiere di vino o, peggio, soffocato il gatto che gli sonnecchiava in grembo, un delizioso esemplare di nebelung un po' troppo altezzoso per i suoi gusti.

La duchessina Larissa Ivanova suonava magnificamente il clavicembalo, ricamava e aveva imparato a memoria la parte di Yelizaveta, protagonista femminile dell'opera ispirata alla Saga di Varghjarta, ma questo non significava che non fosse stonata come un canarino strozzato.

Se ne stava lì, in una nuvola rosea di stoffe di broccato gonfiate dal pannier, il kokoshnik (1) orlato di perle che la faceva assomigliare a una bambolina di porcellana. Imbarazzata dalla conversazione che languiva, resa ancora più tediosa dal ticchettio della pendola.

«Temo che la carrozza mi stia aspettando, signore» mormorò la duchessina, sventolando il ventaglio orlato di piume in un gesto di falsa modestia che gli fece tornare la voglia di bere.

Mitko scattò in piedi dal divanetto foderato di seta con un po' troppo entusiasmo e le fece l'inchino.

«Duchessa Ivanova.»

Lei incurvò le labbra in un piccolo broncio, in attesa che Mitko si degnasse di prendere l'iniziativa e chiederle se aveva bisogno di essere accompagnata alla porta, così che lei potesse cinguettare che senza matushka (2) sarebbe stato inappropriato. Quando capì che non sarebbe accaduto, si tirò su le gonne con un gesto di stizza e uscì dal salotto, scortata dal maggiordomo.

Mitko si sentì addosso lo sguardo di sua madre.

«Che c'è?» Senza attendere risposta, schioccò le dita in direzione del valletto. «Mantello.»

Gli spalancarono la porta e attraversò il corridoio adornato da un filare di specchi incastonati in elaborate cornici argentate. I riflessi restituirono l'immagine di un giovane nervoso e pallido come la neve che ricopriva i giardini, gli occhi di un azzurro velenoso e corti e lisci capelli dorati. Tutto, di lui, suggeriva la fragilità di un fiocco di cristallo.

Il valletto lo inseguì fino al portone e lo aiutò a indossare i guanti e il cappotto. Il figlio dell'oligarca detestava essere meno che impeccabile.

«Mitko!» Sua madre accorse abbottonandosi lo shuba (3) arruffato in tutta fretta.

Mitko accelerò il passo tra i giardini. Arrivato alla fontana ghiacciata, ebbe pietà e rallentò. Sua madre lo prese sottobraccio, aggiustandosi i capelli pallidi quanto i suoi. Era il tratto distintivo dei Musialik, il segno della loro discendenza xulita dell'estremo nord, dove gli abitanti erano bianchi come il latte.

Il libro di Argoroth | 𝐅𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐲 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐨 (𝐗𝐕𝐈𝐈 𝐬𝐞𝐜.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora