Capitolo 85: Respirare - ✓

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«Finalmente posso uscire da questo fottuto inferno. – esordì Jake, massaggiandosi le tempie con aria esasperata. – Sono stanco di dover fare gastroscopie e lavande gastriche.»

«Hai ingerito lo schifo del Potomac. Nonostante fossi cosciente, il tuo stomaco si è ridotto piuttosto male.» commentò ironico Sully. «Almeno adesso hai la sicurezza di essere pulito.»

Jake abbassò le spalle, sedendosi contro la spalliera del letto dell'ospedale con un sospiro. Chiuse gli occhi, sentendo ancora il labbro mezzo addormentato per l'anestesia locale che gli avevano fatto alla bocca. Anche se era stato salvato e rianimato da Sully, era chiaro che i suoi polmoni e il suo stomaco fossero ancora caratterizzati da qualche residuo di acqua contaminata, così si era fidato del dottore e aveva firmato per essere ricoverato e per procedere a tutte le manovre di pulizia del suo stomaco; dopo una bella gastroscopia avevano confermato la presenza indesiderata di acqua e quella mattina si erano dedicati alla lavanda gastrica. L'avesse mai fatto. 

Era stata una tortura. Per fortuna c'era stato Sully accanto a lui.

Non l'aveva abbandonato nemmeno per un minuto.

Dall'ambulanza al ricovero, lo aveva assistito per qualunque cosa, addirittura si era premurato di andare a casa a prendergli un ricambio, visto che non aveva avuto neanche il tempo di darsi una lavata ed una sistemata. Adesso il cecchino era vestito con abiti civili, un maglione nero attillato, un paio di jeans blu scuro strappati con una catena attaccata alla vita e degli scarponi. Non aveva subìto molte ferite, quindi il suo volto sereno era tinto dall'ormai perenne cicatrice che non poteva più essere cancellata. Da quel lato, Jake la vedeva di poco: e gli andava bene così. Più che altro si sentiva davvero uno schifo. Non era passato neanche un giorno da quando era tutto finito, ma il suo corpo era come uno straccio usato fino ad essere rovinato. 

Dopotutto era stata la sua prima missione dopo tre anni di fermo e aveva combinato un bel casino. La memoria muscolare c'era eccome, ma l'abitudine doveva essere ripristinata.

Si sgranchì il collo con movimenti rotatori e se lo massaggiò per eliminare una lieve contrattura. Era stato davvero strambo il passaggio di tempo che aveva vissuto dopo aver fatto esplodere la bomba; prima stava volando giù dal ponte, poi aveva sentito il freddo del fiume e dopo era tra le braccia di Sully. Già proprio stretto fra le sue braccia, come se il cecchino avesse voluto riscaldarlo, mentre continuava a sentire nei pressi del suo orecchio se le sue frasi di conforto, quella voce bassa e profonda che avrebbe fatto cadere qualunque donna ai suoi piedi.

Armoniosa, ma al tempo stesso graffiata, a comando, raggiungeva picchi non troppo striduli e non risultava mai fastidiosa all'udito. Totalmente opposta alla sua, un po' più roca e bassa, nonostante fosse più piccolo di tre anni.

«Dovrò dire addio ad un bel po' di schifezze per almeno una settimana...Che noia...» brontolò.

Sully soffiò, divertito. «Zia Amanda pazienterà, non preoccuparti. Non appena ti vedrà entrare nel suo locale, ti sfornerà la crostata all'albicocca più buona di tutto il quartiere, fidati.»

«Non mi parlare di queste cose, ti prego! Mi fai venire fame. Sono a digiuno da ieri sera!» si disperò Jake. «E il sol pensiero che a pranzo avrò quello schifo di roba ospedaliera...uh. Che nausea.»

«Appena uscirai, ti preparo qualcosa di più gustoso.»

«In effetti è da tantissimo tempo che non facciamo una di quelle serate di cinema.»

«L'ultima volta a chi è toccato? A me o a te? – Sully si massaggiò la barbetta sul viso. – Penso a te, perché mi avevi cucinato quelle costolette con salsa barbecue alla texana che ancora mi aumenta la salivazione al sol pensiero, cazzo.»

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora