Amore e distruzione

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Era una danza.
Un colpo.
Una schivata.
Un'altro colpo.
Una distrazione.
Una rovinosa caduta.
Dolorante di nuovo in piedi.
Un'altro colpo.
Un'altra schivata.
Un'altra caduta.
Con la difficoltà di mettere a fuoco di nuovo in piedi.
Non avrei accettato la resa.
"Abbiamo finito per oggi" disse Marcus, il suo allenatore, un uomo sulla trentina, bello indubbiamente con la barba corta i muscoli esposti e gli zigomi affilati.
"Di già?" rispose lei in un rantolo.
Le mancava l'aria, era stanca, il suo corpo bruciava ma non voleva smettere.
Voleva combatterà ancora e ancora, danzare in eterno.
"Ci vediamo domani" le disse lui sorridendo mentre si slacciava i guantoni di pelle nera e usciva dalla sala.
Iniziò anche lei a levarsi i guantoni, in quel rituale sempre uguale ogni giorno, li posò nel suo borsone logoro buttato a un angolo della sala, chiuse la cerniera di metallo difettosa e si mise il borsone in spalla.
Si girò a guardare un'ultima volta la sala vuota in cui ancora sentiva il rumore delle contusioni che aveva guadagnato quel giorno e che avrebbero virato a un viola simile a quello che si immaginava tingesse un anima spezzata prima di spegnere la luce e uscire dalla sala.
Scese i gradini con grande difficoltà, le ginocchia continuavano a dolerle e farle male, il giorno seguente avrebbe cercato su qualche sito qualunque cosa le potesse dare supporto, anche se fino a quel momento si era rifiutata per la paura di ammettere che continuare a sfiancare il suo corpo le cominciasse a provocare un dolore quasi insostenibile.
Una volta scesa nella hall e uscita dal grande edificio con il buio e la luna alta nel cielo, senti un sferragliare di ruote, un finestrino che si abbassava.
" Che fai stasera?" le chiese Marcus dall'interno del suo suv nero.
"Vado a casa?" gli rispose confusa, il loro rapporto era professionale al contrario di come molti pensassero all'interno della palestra, i loro continui sguardi e gli allenamenti prolungati a quanto pare dicevano il contrario agli occhi degli altri.
Non sapevano che loro condividevano qualcosa di più grande di una storiella da palestra.
"Vabene" rispose lui evidentemente troppo poco coraggioso da chiederle qualunque cosa a differenza di quanto dimostrava sul tappeto da combattimento.
Stava per partire e chiudere il finestrino...
Non doveva farlo, non doveva chiederlo, doveva farsi gli affari suoi...
"Cosa volevi chiedermi?" gli urlo prima che la leggera lastra di vetro chiudesse definitivamente la conversazione tra loro e le evitasse di esporsi.
"Mi ha scritto David, ha detto che lui e gli altri sono a una festa di universitari che si è trasformata in una specie di ring a scommessa alcolica..." fece una pausa studiando il volto di lei, immobile nel gelo della notte e percorsa da brividi.
La stava invitando a una festa con i suoi compagni di corso?
Rimase in silenzio, non si sarebbe esposta ancora, o glielo chiedeva direttamente o sarebbe andata a casa.
"Tu vai?" gli chiese visto che Marcus non rispondeva e continuava a fissarla con un misto di compassiona.
Sapeva che lei odiava quegli sguardi, glie la avrebbe fatta pagare il giorno successivo.

"Si" prese un respiro "dove atri venire anche tu" aggiunse finalmente rilassando la postura delle spalle in tensione per la stretta presa del volante.

Rimase a guardarla in attesa di una risposta...sempre con quello sguardo.
Lei odiava quello sguardo e sopratutto voleva che pensassero che era un asociale, visto che spesso a lezione parlavano ad alta voce per farsi sentire da lei riguardo i loro piani e lei diligentemente li ignorava.
Doveva accettare la sfida, qualunque essa fosse.

"Vabene"
"Sali".

Quando arrivarono alla festa, si accorse che era meglio se fosse andata a casa.
Non era una festa.
Era un combattimento clandestino...
"...sembra che si è trasformata in una specie di ring a scommessa alcolica".

"Dove mi hai portata?"
"Andiamo Cortana" disse lui lanciandole uno di quei sorrisi bianchi come la luce di una stella nella notte a cui nessuna ragazza sapeva dire di no.
Nessuna ragazza tranne lei.
"Io..."
Non fece in tempo a terminare la frase, lui la interruppe.
"Ormai siamo qui, dovresti almeno entrare a vedere...non devi per forza partecipare" concluse mentre si avviava verso il vecchio edificio grigio davanti a loro e faceva scattare la chiusura della macchina.

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