Capitolo 1

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Sono una ragazza di Milano. Una normale adolescente di 15 anni, anche se la mia vita è tutt'altro che normale.

Tutto è iniziato quando io avevo 11 anni. Mi sono trasferita quasi ogni anno da piccola, per il lavoro di papà. Poi finalmente sono arrivata in un quartiere di Milano, dove abbiamo deciso che avrei frequentato la scuola media.

La mia scuola non era molto grande, c'erano a malapena 300 studenti, quindi in poco tempo ho avuto modo di conoscere un po tutti, anche solo di vista.

Amavo fermarmi in un angolo a ricreazione, per guardare le altre persone. Mi piaceva cercare di capire com'erano dentro. Vedere le emozioni che procavano nei loro occhi, il modo in cui nascondevano quelle negativo con un finto sorriso.

Passavo il mio tempo libero così: guardando le altre persone.

Non ero una ragazza popolare, anzi. Mi sentivo invisibile agli occhi altrui e, a volte, questo mi piaceva. Non amavo ricevere troppe attenzioni, non facevano per me.

Un giorno di primavera, a ricreazione, mentre osservato un gruppetto di ragazze della mia età fare le galline con i più grandi per farsi notare, mi sentivo sotto tiro. Mi sentivo un facile bersaglio, spogliato di ogni cosa, apparte quell'orribile sensazione di essere fissata.

Mi sono guardata attorno. Alla mia destra, nulla. Alla mia sinistra, nulla. Di fronte a me: un ragazzo con i capelli un po lunghi e neri come la cenere, con gli occhi color azzurro mare ed uno di quei sorrisi da mozzare il fiato, mi stava guardando.

Notai qualcosa di diverso in lui. I suoi occhi non sembravano nascondere solo dolore. Sembravano nascondere un intero mondo mai esplorato.

"Driiiiiiin!"

Accidenti, la campanella. Sono tornata in classe e, per le ore seguenti, non ho fatto altro che pensare a quello sguardo.

Quando è finita la scuola, sono andata a riporre i miei libri nell'armadietto. Ero immersa nei miei pensieri e..
«Ma guarda dove vai, primina!»
Tutti i miei libri erano a terra. Riconobbi subito quella voce. Era quella dell'insopportabile pettegola di terza, Chelse, assieme alle sue ochette al guinzaglio.

Se ne andarono lascandomi raccogliere da sola le mie cose. Io ho cercato di scusarmi, ma non me l'hanno permesso: continuavano ad insultarmi, pensai.

Mi misi a raccogliere i libri caduti, quando vidi due mani che mi stavano aiutando. Avevano uno strano anello, forse ottocentesco, che non avevo mai visto prima. Alzai lo sguardo e vidi due occhi che mi guardavano sorridendo.

Non avevo dubbi, era lui. Quegli occhi azzurri che nascondono luoghi inesplorati, quel sorriso che stende chiunque lo guardi.

Si, non c'erano dubbi. Era Damon, il ragazzo che mi fissava a ricreazione.

«Tutto okay, Margherita?» mi chiese, preoccupato.

«Credo di si.. Ma come sai il mio nome?»

«È scritto sui tuoi libri» mi fece notare, ridendo. Mi misi a ridere anche io, imbarazzata.
«Tieni. Questi erano gli ultimi a terra.» mi porse gli ultimi libri, sorridendo.

Io lo ringraziai e me ne andai senza aggiungere una parola. Mi sentivo a disagio. Il cuore mi batteva molto forte in petto, quasi volesse uscire ed unirsi a qualcosa di esterno, o forse qualcuno.

Mi sono avviata per tornare a casa, ma il viaggio è stato più lungo del solito. C'era davvero molto traffico quel giorno, mi chiedevo come mai.
Arrivata a casa, ho lasciato la cartella sotto la scrivania e mi sono seduta un attimo sul mio letto. 

La casa era vuota, nessuno era in casa, appartenente me. Saranno andati a fare la spesa, ho pensato.

Non sapendo cosa fare, mi sono sdraiata sul divano per guardare la tv. Erano le 17.30 e stava andando in onda la mia serie preferita.

"Diiin dooon!"

Era il campanello. Mi ero addormentata.

«Ehi, credo tu abbia perso questo, oggi» disse una voce profonda.
Sentii le guance infuocarsi. Non ci credevo. Mi sembrava quasi di sognare, non poteva essere vero.

Un paio d'occhi azzurri come il cielo mi stavano guardando, sorridendo: Damon.

Mi sono stropicciata gli occhi. Dovevo essere conciata davvero male dal modo in cui mi guardava..

«Oh scusami, ti ho svegliata?» doveva essere proprio dispiaciuto per aver interrotto il mio riposino.

«Tranquillo, è lo stesso.»

Eravamo entrambi molto imbarazzati.

Damon aveva in mano un braccialetto. Lo riconobbi subito. Era il bracciale di mamma, quello che mi aveva messo al polso prima di andarsene. Era l'unica cosa che mi rimaneva di lei.

Era morta poco dopo avermi data alla luce, per un tumore.

Il braccialetto era molto semplice. Era di perle bianche, con in mezzo una perla nera. A me piaceva pensare che era il male dentro al bene e che, essendo un regalo di mamma, mi avrebbe protetta.

Lui mi porse il gioiello ed io rimasi come incantata per circa 10 secondi a fissarlo, prima di rendermi conto che dovevo prenderlo.

«Oh, ti ringrazio! Nemmeno mi ero accorta di averlo perso..»

«Ti è caduto quando Chelse ti ha urtata. L'ho trovato poco dopo che sei scappata via» rise. Dio, sarei rimasta a guardare quel sorriso tutto il giorno. Ma che dico, anche tutta la vita.

«Come facevi a sapere dove trovarmi?» anche se in realtà non mi interessava il come. A me bastava che mi avesse trovata.

«Abitiamo a mezzo isolato di distanza, non è stato difficile trovarti» ammise.

«Ah, ho capito. Ti va di entrare?» non sapevo cosa stavo dicendo, ma sapevo per certo che la sua presenza mi rendeva più felice di qualunque cosa, in quel momento. Avevo bisogno di quella presenza.

SPAZIO SCRITTRICE:
Ecco la mia prima storia. Spero vi possa piacere!
Grazie in anticipo a chi leggerà questa storia e a chi metterà una stellina.
-Pamy.

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