Capitolo 2

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«Certo, se per lei va bene, moudmuaselle!» pronunciava quel nome in un modo davvero molto buffo ed io sorrisi trattenendo una risata.

Dopo aver fatto un inchino in stile ottocentesco per farlo entrare, lui ricambia, prendendomi la mano e dandomi un leggero bacio sulla guancia.

Le sue labbra erano fresche e quando hanno toccato la mia pelle, ho sentito una scarica di energia positiva. Okay, forse farneticavo un po troppo.

«Che cosa vuole fare, mia signora?» dice, calandosi nella parte di un grande duca vissuto secoli prima.

«Potremmo scegliere un film da vedere assieme, che ne pensa mio signore?» gli ho retto il gioco, era divertente.

«Ottima idea! Quale?»

«Che ne dite di 'quasi amici'?» avevo già visto quel film mille volte, ma l'idea di vederlo un'ulteriore volta con Damon, non mi dispiaceva affatto. Dopotutto era uno dei miei film preferiti.

Ci mettiamo a guardare il film in salotto, sul divano. Ovviamente, su tre divani tra cui poteva scegliere, lui ha scelto quello un po più stretto fra tutti, quindi dovevamo stare abbastanza vicini. La cosa mi andava molto, ma davvero molto, bene.

«Grazie mille! A tra poco, signore.» Damon. Accidenti. Mi ero addormentata, di nuovo..

Mi trovo con la testa appoggiata al suo petto e con il suo braccio che mi cinge le spalle. Alzo la testa, ancora assonnata ed imbarazzata per essermi appisolata.

«Ben svegliata eh!» ed inizia a farmi il solletico. Odiavo il solletico, era un mio punto debole.

Dopo un paio di minuti si ferma.

«Visto che tu dormivi ed erano quasi le 19.30, ho ordinato delle pizze da mangiare assieme. Spero non ti dispiaccia» dice.

«Affatto!» rispondo.

"Diin Doon!"

Ecco le pizze.

Veloce sono salita al piano di sopra, in camera mia, per prendere i soldi dallo zaino. Mentre scendo le scale, sento la porta d'ingresso chiudersi.

«Ma no Damon, non dovevi! Non voglio recare alcun disturbo» dico, sentendomi un po in colpa. Aveva pagato lui le pizze.

«Consideralo un invito a cena non molto formale ahah» entrambe scoppiamo a ridere fragorosamente.

Mentre lui si va a sedere in salotto, io vado a prendere due coche e due cannucce. Dopotutto, che pizza è, se la coca cola non c'è? Ahah.

Apro la mia pizza e vedo che l'ha ordinata con prosciutto, funghi e ricotta, la mia preferita. Ma come faceva a saperlo?

«Posso farti una domanda?» gli chiedo.

«Certo, tutto ciò che vuoi!» poi sorride.

«Come facevi a sapere che pizza mangio di solito?»

«Be, era da un po di tempo che ti osservavo a scuola ed ho notato che in mensa, quando c'era la pizza, chiedevi sempre questa. Ho pensato ti piacesse più delle altre, quindi ti ho preso questa. Ho sbagliato?» dice. Sembrava sentirsi in colpa, povero.

«No no, anzi. È che non mi aspettavo di essere notata da qualcuno. Sono sempre stata definita 'la ragazza orfana di madre invisibile agli occhi di tutti' dai miei compagni» dico.

Subito dopo mi pento di aver parlato così. Non avevo mai detto queste cose a nessuno. Perché le stavo dicendo a lui? Perché a Damon? Dopotutto, lo conoscevo pochissimo, anche se quel poco mi bastava per capire che persona speciale sia per me.

Sono scoppiata in lacrime e sono scappata in camera. Lui ha cercato di fermarmi, ma non c'è riuscito prima che io chiudessi la porta, tenendola con tutta la forza che avevo in corpo.

«Ti prego, fammi entrare» dice.

«No» dico tra un singhiozzo e l'altro.

«Ti devo parlare. Apri la porta, per favore» dice con una voce che non era più quella dolce di prima, ma sembrava piuttosto fredda e distaccata.

A quel punto, ho aperto la porta, molto piano, e mi sono coperta il viso con la mano libera, quella che non teneva la porta.

Mi ha presa in braccio, ha chiuso la porta e mi ha stesa sul letto. Lui mi si è seduto accanto.

"Biip biip"

Il mio cellulare. Proprio nel momento adatto eh, ho pensato.

Era mio padre. "Devo rimanere fuori per lavoro, questa notte, con Teresa ed altri colleghi. Invita qualche amica a casa, se non ti va di rimanere sola. Ci vediamo domani pomeriggio. Buonanotte principessa. Papà"

Teresa era la sua compagna e, come avrete già capito, una sua collega di lavoro.

Si preoccupava sempre molto per me, da quando eravamo rimasti soli. Però il lavoro occupava molte ore della giornata, quindi potevamo passare assieme poco tempo.

"Okay babbo, buonanotte." gli ho risposto.

Quando mi sono voltata verso Damon, mi stava guardando. Il suo viso sembrava non avere espressione ora, come se qualcosa lo turbasse.

«Scusa per prima, non avrei dovuto..» non mi ha lasciata finire la frase, mettendomi delicatamente due dita sulle labbra. Ora il suo viso stava abbozzando ad un sorriso e si era addolcito.

«Non ti preoccupare, davvero» dice.

Mi alzo e lo abbraccio, lui sembra stupito dal gesto, ma comunque ricambia.

Mi stacco quasi di scatto e sento le guance arrossarsi. Lui mi riprende dalle spalle e mi abbraccia di nuovo.

«Sai, anche la mia storia è simile alla tua» dice, sempre tenendomi ben stretta a lui.

Io non capivo a cosa si riferisse.

«Cosa intendi dire?» ho chiesto, con voce innocente.

«Non sono quel ragazzo che tutti conoscono. Tutti mi classificano 'un ragazzo popolare', o meglio 'il ragazzo popolare', con cui uscire per ricevere attenzioni dagli altri. Mi sono stufato di questa vita» dice.

I suoi occhi ora erano tristi e doloranti. Ho rivisto quel dolore che non credevo fosse possibile vedere ancora. L'avevo incontrato con la morte di mamma. Mi ricordava lo sguardo di papà.

«Mi dispiace Damon..» non sapevo cosa dire. Mi aveva spiazzata.

«È arrivata l'ora di buttare fuori tutto. Sai Paul, il mio "papà "?» dice, mettendo le virgolette sulla parola papà.

«Si» dico, con un filo di voce.

«Ecco, non è mio padre. E mia madre non se ne è andata per lavoro, come tutti credono..

SPAZIO SCRITTRICE:
Eccoci con il secondo capitolo! Cosa nasconderà Damon? Quale sarà la causa del suo dolore? E chi sarà in realtà questo Paul?
Tutte le risposte nel prossimo capitolo! A presto ragazzi (:

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