Quello che succede a Venezia rimane a Venezia

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Marzo 1750

Il cocchiere posò i bagagli a terra e concesse un sorriso ad Aziraphale, quando quest'ultimo gli porse la paga e una sonora mancia. 

"Here we are." Esclamò Crowley, invece, scendendo barcollante le scale della carrozza, che ripartì subito. L'angelo alzò gli occhi al cielo.

"Rimango ancora dell'idea che avremmo potuto miracolarci direttamente qua, come le altre volte." Continuò il demone, scrollandosi i calzoni da uno strato di sporco che percepiva soltanto lui stesso.

"Sei duro come un macigno, quante volte ancora devo dirtelo? Non è una delle tante volte, non avremmo potuto, sarebbe stato un miracolo decisamente troppo vistoso, e avrei dovuto spiegarlo... come, sentiamo? Siamo qui in incognito, se non l'hai ancora capito."

Ma il demone si ridestò in fretta, sentì nell'aria qualcosa di inconfondibile. "La Serenissima, che... città. L'essenza della lussuria più sfrenata. Non lo senti questo odore di sesso, Aziraphale?" Chiese, facendo vibrare la lingua.

In rimando, l'altro si strozzò con la sua stessa saliva: "Di... cosa, scusa?"

"Sesso, caro."

Aziraphale sentì il viso imporporarsi. Questo viaggio era cominciato bene. "Per quale motivo credi... uhm... che sappia associare un odore simile?"

Crowley ci pensò su: "Hai ragione, effettivamente. Sei decisamente troppo puro e innocente, ma stando qui imparerai a riconoscerlo. Puoi cominciare guardando alla tua destra, c'è una coppia."

Ovviamente trattenne l'impulso di esaudire la sua richiesta, continuando invece imperterrito: "Non abbiamo tempo per perdere tempo, Crowley. Vedi di non perdere d'occhio il nostro obiettivo: prima tappa, locanda, poi organizzazione del piano d'azione." 

"Facciamo come ti pare, che noia." Sbuffò, per poi aggiungere: "Comunque, seriamente vuoi andare nella prima topaia che trovi? Lo sai che hai standard alti, non ti ci troveresti bene." Ammise, con aria di seria preoccupazione nei suoi confronti.

"Sì, caro, e non cercare di dissuadermi."

"Accomodati, allora, non mi permetterei mai." Ribatté, alzando le mani. "Io vado in Hostaria del Salvadego, mi è stata consigliata da un... amico. È dietro Piazza San Marco, ci vediamo lì." Concluse il demone con un ghigno, girandosi verso la sua meta e scomparendo dalla vista del suo amico, nel giro di qualche secondo.

Sarà un lunghissimo soggiorno.

*

Aziraphale varcò l'entrata della sua taverna, nel sestiere di Campo santo Stefano. "C'è nessuno?" Chiese, non essendosi presentato anima viva al bancone e rimanendo solo con sé stesso per qualche minuto.

A seguito della sua domanda, si sporse dalla porta sul retro una donna con la cuffia in testa, mentre si asciugava le mani sul suo grembiule lercio di solo Dio sapeva cosa. Strabuzzò gli occhi. "Vi siete persi, per caso?" Gli chiese, con aria sospetta.

L'angelo le sorrise amabilmente: "No, vorrei prendere una camera per almeno due notti."

"Voi?" Gli domandò in rimando, sempre più sorpresa.

"Sì, io, c'è qualcosa che non va?" Iniziò a sentirsi a disagio, tant'è che si strinse le mani in grembo.

"Avete notato dove siete entrati? Questo posto fa schifo - e non mi vergogno a dirlo perchè sono pagata una miseria - e Voi vi presentate qua, con le vostre scarpette d'argento, il fazzoletto ricamato nel taschino e i gemelli in perla ai polsi."

Aziraphale si guardò attorno. Effettivamente era disgustoso: ragnatele a ornare le pareti, la muffa sul soffitto, le blatte morte rimaste sul pavimento, e la puzza di qualsiasi cosa fosse che impregnava l'aria. Chissà cosa avrebbe trovato in camera, forse avrebbe preso i pidocchi.

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