Capitolo 2

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«E cosa è successo poi?» Il dr. Beckett mi ferma dopo aver sentito parte della storia.

«È arrivato il mio salvatore. » Abbassa gli occhiali da vista e mi guarda.

«Chi è questo salvatore.» Mi domanda dopo che ho mentito su gran parte dell'accaduto.

«Il ragazzo che anche se per poco mi ha fatto sentire al sicuro.» Giro i pollici tra di loro e mi perdo a fissare il gesto.

🌺🍒

Apro gli occhi lentamente quando il rumore di qualcuno che bussa alla porta si fa persistente. Sbatto le palpebre per abituarmi alla luce del sole e metto a fuoco l'ambiente circostante.

Sono in una camera da letto. E riconosco all'istante arredamento e le lunghe tende bianche che coprono la vetrata. Il cuore mi muore in gola e subito mi metto a sedere, controllando sotto le coperte.

I ricordi della sera precedente si fanno vividi nella mia testa e mi alzo dal letto quando sento il rumore della porta d'ingresso che si apre.
Faccio la prima cosa che mi passa per la mente e corro in bagno.

Chiudo a chiave la porta alle mie spalle e addrizzo l'orecchio contro la superficie in legno. Delle voci indistinte raggiungono la camera da letto, giusto in tempo per nascondermi.

Porto la mano sul cuore dopo che il respiro mi si accelera e perdo un battito quando riconosco la voce di Elliot.
Il sangue si gela nelle vene e l'incapacità di muovermi prende il sopravvento.

L'unica cosa che i miei muscoli riescono a fare è scivolare contro la porta. Le piastrelle in marmo bianco lucido mi fanno accapponare la pelle per il freddo e porto entrambe le ginocchia al petto.

Ricordo di aver perso i sensi prima di volermi buttare in mezzo alla strada trafficata. Probabilmente con l'intento di porre fine al mio dolore. Probabilmente come reazione istintiva senza consapevolezza delle mie azioni.

La mia mente è troppo annebbiata per scindere cosa è giusto e cosa sbagliato.

«Una ragazza bionda. L'hai vista? » La voce di Elliot si confonde con il rumore del cuore che pompa nelle orecchie.
Stanno parlando di me.
Trattengo il fiato per quanto più tempo possibile e origlio la conversazione tra i due interlocutori. Se Elliot mi sta cercando, tanto vale tentare la via di fuga in qualche modo.
Ma l'unico modo per uscire da questa stanza senza usare la porta è la finestra del bagno.

«Discutiamo dei termini del contratto in un'altra circostanza. Ora se permetti, ho un volo da prendere.» Appoggio le mani sulla porta e schiudo le labbra, concentrandomi sulle voci.
L'altro interlocutore sembra aver sorvolato la domanda di Elliot.

Non molto dopo nella stanza cade il silenzio. Così faccio per alzarmi in piedi, ma la maniglia del bagno che si abbassa senza aprirsi, mi fa ricredere.
Insiste un paio di volte per poi bussare.

«Apri la porta. So che sei lì dentro.» Chiudo gli occhi come reazione istintiva mentre lui continua ad insistere con la maniglia. E se con lui c'è Elliot? Se è stato proprio Elliot a portarmi qui? Non so cosa diavolo fare.
Se aprire la porta e rischiare di essere presa di nuovo  o buttarmi dalla finestra e rischiare la vita.

Tanto la mia famiglia non sentirebbe la mia mancanza. Forse mia sorella si, ma non credo che nello stato in cui è, mi riconoscerebbe neanche.

«Nessuno ti farà del male. Ti do la mia parola.» Chissà cosa dovrei farci con le sue parole. Scuoto la testa e stringo le gambe al petto. «Non mi costringere a chiamare la reception per farmi aprire la porta.» La sua voce profonda rimbomba attraverso la piccola fessura chiusa.

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