Capitolo 2

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Giorno X del Metaverso Fantasyland. Sala della natività

“Benvenuta dove?” domandò la ragazza con tono acuto e gli occhi sbarrati.
Kalla sciolse il contatto tra le loro mani e si portò la sua alla bocca per schiarirsi la voce: “A Fantasyland, il mondo delle creature create e immaginate dall’uomo. Sono felice di accoglierti qui quest’oggi. La tua evidente confusione è molto comprensibile. Tuttavia, permettimi di farti qualche domanda, serviranno a te per schiarirti le idee e a me per accertarmi che la procedura di Natività si sia svolta correttamente”.
Natività?” ripeté la giovane, sempre più smarrita.
Kalla ignorò la sua domanda: “Molto bene ragazza, dimmi...come ti chiami?”.
La ragazza parve rifletterci un momento, come per comprendere quanto realmente sapesse di se stessa, a quante domande sul proprio conto avrebbe saputo rispondere. In quel momento la parola “Natività" assunse un sapore più familiare: si sentiva come appena venuta al mondo, uscita da poco dal grembo materno.
“Queenie Holbrook” rispose infine.
Kalla continuò: “E sapresti dirmi come si chiamavano i tuoi genitori? Che lavoro facevano?”.
“Quali intende? Le due merde mafiose che mi hanno biologicamente creata o i genitori adottivi?” fece Queenie con una voce che sembrava aver bandito ogni insicurezza e stupore per accogliere sfrontatezza, disprezzo, saccenza e, sotto sotto, un pizzico di dolore.
Kalla si limitò a sorridere: “É sufficiente...ottimo. Memoria della storia passata funzionante…”.
Quelle ultime parole la donna più che altro le bofonchiò, spuntando poi la casella di un paragrafo di una lista cartacea che si era fatta fulmineamente passare da Frac.
“Bene Queenie, non ti è concesso uno specchio e non puoi toccarti...con queste premesse sapresti dirmi che cos’hai sul petto? Spara la prima cosa che ti viene in mente”.
“Una cicatrice, mi sono tagliata con un coltello di mio padre da bambina” disse prontamente Queenie.
“Eccellente. Spuntiamo la consapevolezza dei tratti fisici...quelli psicologici e caratteriali ho già avuto modo di constatarli”.
E Kalla spuntò due caselle.
“Si può sapere a cosa serve tutto questo interrogatorio?” domandò Queenie, piuttosto infastidita.
“Ora la domanda più importante” riattaccò Kalla, di nuovo ignorandola, “Pensaci bene...chi sei veramente, Queenie Holbrook?”.
Queenie guardò Kalla negli occhi per la prima volta e decise di immergersi in quelle pupille di uno strano colore argenteo per riflettere sulla domanda. Chi era veramente? La figlia di due mafiosi, adottata da una buona famiglia e poi rapita, una ragazza di diciannove anni costretta a crescere troppo in fretta...che cosa voleva sapere Kalla?
Mentre Queenie rifletteva, tuttavia, sentì un’improvvisa fitta al cranio e d’un tratto la spirale dei suoi pensieri parve arrestarsi per poi restringersi e implodere improvvisamente su se stessa. Una sola certezza le era rimasta nella mente in quel momento, quella che le dava la possibilità di osservare ciò che aveva intorno con una nuova prospettiva.
“Sono il personaggio di un libro”.
Kalla spuntò anche la casella della Consapevolezza: “Ok, andiamo. Frac, prendimi la giacca, per favore!”.
“Subito, Presidentessa” rispose prontamente l’assistente mentre già si stava muovendo in direzione dell’attaccapanni.
Queenie vide la donna davanti a lei incamminarsi per uscire dalla sala e rimase a fissarla in confusione solo per alcuni secondi prima di decidersi a seguirla.
“Aspetti, era tutto qui quello che aveva da dirmi? Non mi spiega nient’altro? Dove stiamo andando?” domandò tutto d’un fiato.
“Usciamo dalla sala della Natività e ci imbuchiamo fino all’Emimondo dove vivrai e…” Frac non fece in tempo a finire la frase che venne bruscamente interrotto dalla voce nasale e irritata di Kalla.
“Frac, devi imparare a stare al tuo posto. Vedo che sei molto impaziente, Queenie. Ti spiegherò tutto strada facendo, non preoccuparti”.
“Lei chi è? Quest’uomo l’ha chiamata “Presidentessa” prima. É lei che comanda?”.
Queenie dava un’intonazione sempre più incalzante alle sue domande. Sentiva il disperato bisogno di conoscere tutto subito, era una delle sue caratteristiche più marcate. Talvolta la sua mancanza di pazienza arrivava a tal punto da portarla a scartare i regali di Natale settimane prima del 25 dicembre. I suoi genitori adottivi si arrabbiavano così tanto. Ora le sembrava strano ragionare sui membri della sua famiglia o sui genitori biologici, parlare di loro come di madre o di padre...l’unico che l'aveva generata era l'autore del libro di cui era protagonista. O forse era un'autrice...non aveva idea di chi fosse l’entità che le aveva dato vita tramite semplici parole poste in fila l’una dopo l’altra su una pagina. E la cosa più assurda fra tutte era l’essere tanto consapevole della sua situazione, della sua natura...si sentiva come se fosse nata con uno schema interpretativo della realtà già incorporato. In un certo senso era proprio così, uscita da quella capsula era la Queenie che ha vissuto le vicende del libro, che conosce solo ciò che l’autore ha scritto lei debba conoscere.
Improvvisamente si sentì inutile: aveva davvero vissuto? O la sua esistenza era solo stata descritta su una pagina?
La voce di Kalla impedì che l’intrigata matassa dei suoi pensieri si srotolasse ulteriormente: “Io sono Kalla, la Presidentessa di Fantasyland, il mondo dove vivono tutte le creature generate dalla fantasia dell’uomo attraverso libri, film, disegni eccetera”.
Queenie annuì in segno di comprensione, poi prese a scrutarla dalla testa ai piedi: portava una tailleur verde scuro con bottoni dorati, accompagnato a una lunga gonna dello stesso colore. Tutto del suo abbigliamento esprimeva solennità, potere e controllo, ma allo stesso tempo ordinarietà e sicurezza. Sembrava una donna qualunque del mondo degli umani, anche se, a dire il vero, Queenie non aveva mai vissuto in quel mondo, non davvero. Mentre continuavano a camminare, la ragazza decise di far divergere lo sguardo dalla Presidentessa per concentrarlo su quel buffo ometto che la affiancava. Alto poco più di un tavolo da cucina, Frac si muoveva a saltelli per stare al passo con le ampie falcate di Kalla: era alquanto buffo da osservare, sembrava un bassotto intenzionato a non lasciare mai la gamba della padrone.
Queenie si scostò dal fianco della Presidentessa per farsi vicino a Frac.
“Tu chi sei?” domandò.
Frac non si sforzò nemmeno di schiudere le labbra, quasi si aspettasse che non gli sarebbe stato concesso di parlare, e infatti fu quello che accadde.
“Fracol Wonka, detto Frac. É il mio assistente personale nonché segretario” rispose Kalla.
Queenie aggrottò le sopracciglia, contrariata: “E Fracol Wonka non può presentarsi da solo? Mi pare possieda la facoltà di parola”.
Il tono sarcastico e di sottile sfida con cui la ragazzina si era rivolta a lei fece visibilmente fremere l’intero corpo di Kalla. Tuttavia, la donna continuò a camminare composta e impettita come un soldato in marcia, dal suo tono di voce non trapelava nemmeno il minimo indizio di turbamento.
“Queenie, lo so che l’irriverenza fa parte del codice genetico del tuo personaggio, ma con me dimenticatela. Ci siamo capite?” e girò il volto verso quello della nuova arrivata, rivolgendole uno sguardo capace di spogliarla di tutti i suoi strati fino a ridurla un pugnetto di ossa.
Queenie deglutì, riflettendo per un momento se provare strenuamente a difendere il proprio orgoglio. Per il momento, decise di non provocare oltre la Presidentessa.
“Chiaro”.
Kalla non la stava già più guardando, manteneva gli occhi fissi in avanti mentre continuava a camminare, il rumore dei tacchi bassi delle sue scarpe verniciate nere era l’unica cosa che disturbasse il silenzio con un ritmo rassicurante.
Queenie guardò Frac per qualche secondo, poi corrugò la fronte come colta da pensieri disturbanti: “Fracol Wonka...Wonka...è una coincidenza o?”
“No” la interruppe immediatamente Kalla, “non è una coincidenza. Frac è uno dei 12 fratelli di Willy Wonka, il famoso cioccolatiere. Credo che il tuo personaggio ne abbia sentito parlare”.
Queenie sgranò gli occhi: “Certo, ma...non sapevo che Willy Wonka avesse fratelli. Dove se ne parla?”
“Da nessuna parte, ma secondo la Dea Suprema ne ha e fanno parte del suo background, della sua storia, anche se Roahl Dahl non ne ha mai fatto menzione. E mi raccomando, non confondere i personaggi dei libri con quelli dei film”.
Queenie non era sicura di comprendere appieno che cosa significasse quell’ultima affermazione, ma c’era un’altra domanda che le premeva in gola tanto dolorosamente da costringerla a lasciarla uscire: “Chi è la Dea Suprema?”.
Kalla e Frac si arrestarono di colpo. Le guance di Frac si tinsero di uno strano colore rosso mentre si abbassavo il cappello sugli occhi (proprio un cilindro alla Wonka, in effetti). Kalla si schiarì la voce per poi continuare a camminare: “Non si parla della Dea Suprema. Molte regole di questo mondo sono un mistero per noi, ma dobbiamo venerare la Dea Suprema e confidare in lei, il nostro destino è nelle sue abili mani. Nemmeno noi, che siamo le sue figlie, sappiamo nulla di lei”.
Queenie frenò il passo con la stessa forza di un animale selvatico in fuga che si fosse accorto troppo tardi del baratro di fronte a sé. Anche Kalla e Frac si fermarono per non distanziarsi troppo da lei con la furia dei loro passi.
“Lei è figlia della Dea?” domandò Queenie con un filo di voce, in uno stato di evidente confusione e soggezione.
“Sì, ma è una storia complicata. Non sono mai stata neonata, bambina o adolescente...a pensarci bene, non sono nemmeno sicura di essere mai nata. Ciò che so è che un giorno mi sono trovata in questo mondo, nella forma e nelle sembianze in cui mi vedi ora. Nessuno mi ha spiegato nulla, avevo già tutte le informazioni necessarie nella mia testa. Sapevo di dover essere la Presidentessa e come funzionasse Fantasyland, tutte le sue regole...conoscevo ogni cosa senza averla mai imparata, proprio come tu sai di essere un personaggio di finzione senza che qualcuno te ne dovesse ragguagliare. L’unica cosa a me sconosciuta era la mia origine...nonchè il motivo di queste…”.
Kalla si sbottonò il collo alto  della giacca verde, scoprendo la pelle del collo e del petto, quasi fino a dove cominciava la linea dei seni: una fioritura di squame dal colore argento e verde le risaliva il decolletè per poi intrecciarsi sul collo fino al punto che poteva essere coperto dal colletto.
Queenie rimase a bocca aperta, mentre Kalla si premurò di terminare la sua storia riabbottonandosi la giacca: “Quando mi ritrovai in questo mondo, Fracol si fece accanto a me e si presentò. Disse che era stato creato anche lui quel giorno stesso e che sapeva di dover essere il mio assistente. Sapeva anche che ero figlia della Dea Suprema e che la Dea sceglieva come assistenti personaggi la cui esistenza era solo potenziale, puramente teorica, mai accennata in alcun libro, film e quant’altro. Nessuno può negare che Willy Wonka avesse dei fratelli o che la Bella Addormentata avesse tremila cugine sparse per il mondo. Se la Dea dice che esistono, allora a Fantasyland esistono. Ma ora procediamo, si sta facendo tardi e dobbiamo arrivare a destinazione entro pochi minuti o il portale si chiuderà”.
Queenie la seguì senza obiettare, e per qualche minuto rimase in silenzio a fissare i suoi piedi che si muovevano l’uno davanti all’altro e a tentare di elaborare quel fiume in piena di informazioni da cui era stata travolta. Per di più, aveva notato come il tono normalmente glaciale di Kalla si era intenerito quando aveva iniziato a parlare di sé. Queenie credette di capirla, solo frugando nel passato si possono trovare le proprie debolezze, solo partendo dallo strato più profondo di una persona è possibile scoprire le sue fragilità...in superficie si trova solo la corazza che si è stati costretti a costruire. Queenie ne sapeva qualcosa, o per lo meno il suo personaggio.

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