Quarantadue

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Per anni, Hans ha pensato che l'amore fosse solo corpo.

Corpo sacro, corpo stracciato, corpo fragile, corpo teso, corpo di muscoli, pelle, ossa, capelli, denti, corpo morso, leccato, graffiato, corpo posseduto, depersonalizzato, a volte svuotato.

Poi, a un certo punto, altri pensieri hanno preso forma dentro di lui: sono germogliati semi nascosti, come sottili ramoscelli d'Ulivo. Segni di pace.

Non c'è amore che ferisca il corpo. L'amore nutre, accetta, non pretende. L'amore è sacro e trasversale. È un concetto che passa da tutte le cose: e quando si ha la fortuna di vederlo, davvero, ogni giorno è denso di genuino stupore.

Nel presente, Hans sposta la testa sull'altro corpo, quello non suo, quello che è per certi versi ancora estraneo, per altri la cosa più familiare del mondo.

Alcuni pezzi di James gli sono più cari di altri; il bel viso, la linea elegante del collo, le spalle spioventi in modo appena percettibile. Le mani grandi, ben curate, col callo dello scrittore sul dito medio della destra; le labbra piene, i denti dritti, bianchi come perle.

La sua coscia. Su cui Hans, adesso, appoggia la testa – il collo nudo contro i jeans ruvidi e il resto del proprio corpo abbandonato sul tappeto, le mani incrociate sotto lo sterno, le caviglie sovrapposte e i piedi scalzi. Sono entrambi davanti al camino, James ha le gambe incrociate mentre legge Guida Galattica per gli Autostoppisti. Ogni tanto, il legno del fuoco scoppietta. Fuori dalla finestra nevica copiosamente già dalla prima mattina.

Ad Hans viene una fitta al cuore a pensare che non riesce a vedere il viso di James, nascosto in parte dalla copertina del libro. Dentro di lui orbita il pensiero che ogni momento adesso potrebbe essere l'ultimo. Presto, l'Erasmus di James finirà. Lui tornerà in Inghilterra, a casa sua, in una dimensione che Hans non conosce. Lontano dai mostri, dalle fiabe, dal loro castello di ghiaccio.

«Va bene,» sta leggendo James «la risposta fondamentale... sulla vita... l'universo... e tutto quanto... è... quarantadue

Hans lo guarda. Ha ancora qualche difficoltà con l'umorismo inglese.

«In che senso?»

James appoggia il libro vicino a lui. Da dietro la montatura delle lenti da vista, i suoi occhi sembrano enormi. Tutto il suo viso ha il calore dorato del fuoco, ne riflette le sfumature arancioni.

«Questo. Sai che sta roba qui, del quarantadue, ha creato un vero e proprio inside joke in tutti i più gradi colossi tecnologici? Il numero preferito di Amazon Alexa è quarantadue. Se cerchi su Wolfram Alpha the answer to life, the universe and everything, ottieni quarantadue. Prova a domandare a Siri il senso della vita: ti risponderà, di nuovo, quarantadue. E anche l'assistente Google. »

Quando James ha queste uscite, Hans rimane sempre incantato. Lui non sa quasi niente di quel mondo fatto di matematica, fisica, tecnologia, calcoli. Anzi.

Hans ha sempre pensato fosse un universo gelido, privo di qualsiasi emozione. Invece James riesce a colorare qualsiasi cosa. È il suo vero dono: vedere le cose attraverso un filtro multicolore, luminoso e qualche volta caotico.

«È la risposta a qualsiasi domanda del mondo?» esita Hans.

Perché, a proposito di domande, ce ne è una che lo assilla. Gli pungola le tempie, lo corrode dall'interno. Non riesce a dar lei voce: prova ancora troppo spesso quella sensazione.

Quella di essere di troppo. Di non riempire un vero e proprio spazio. Di non avere una voce forte, capace di farsi sentire.

Hans ha ancora troppo spesso paura delle cose che prova. Di non saperle riconoscere e proteggere. Gli spezza il cuore, ogni volta, la prospettiva che la felicità per lui sia fatta soprattutto di dolore.

James appoggia il libro sul tappeto, gli passa le dita tra i capelli. Hans ha la netta sensazione che il ragazzo lo veda, che sappia passargli attraverso. Chiude gli occhi per un attimo, rilassato sotto quella carezza.

«Che succede?» gli chiede James.

«Niente,» esordisce Hans, come tutte le volte in cui deve dire qualcosa «solo, pensavo che tra un po' te ne andrai.»

Sente silenzio dall'altra parte.

La cosa lo spaventa. Forse ci sono domande a cui neanche James sa rispondere. Equazioni la cui incognita rimane questo: una variabile incomprensibile.

«Sai,» dice James «non mi manca così tanto alla laurea. Quando tornerò a Canterbury dovrò solo scrivere la tesi, avrò molto tempo libero. Potrai venirmi a trovare, se vorrai. E verrò da te ogni volta che potrò.»

Hans apre gli occhi. James ha la solita espressione tranquilla, insondabile. Sembra sempre così forte – che non ci sia niente al mondo davvero in grado di spaventarlo.

Mentre Hans ha paura. Di perdere quel sostegno, quella colonna. E anche quel qualcosa che sente nascere, che gli scalda lo sterno.

«Potrebbe volerci un po', perché io sia pronto.» dice, sottovoce.

«Quando mai il tempo è stato un problema tra noi?» risponde James, con un sorriso.

Hans vorrebbe dar voce a tutti i dubbi che ha. Come per esempio, che in Inghilterra James trovi qualcuno migliore di lui. Qualcuno di più semplice, con meno problemi, più disposto a farsi avvicinare. Che magari torni ad avvicinarsi a quel Paris. Che lui, alla fine, non sia abbastanza.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, James gli appoggia una mano sulla fronte.

«Quarantadue.» Gli dice.

Ad Hans basta quella parola. Che lo distrae, lo coglie di sorpresa, mette un freno all'ossessività dei suoi pensieri altrimenti incontrollabili. Il nodo nel suo petto si scioglie e scoppia a ridere di gusto. Forse non capisce lo humor inglese, ma capisce James.

«Sai cos'altro dice Douglas Adams? Solo se conosci la domanda, conosci la risposta

Hans ci pensa un attimo. Nei secondi interminabili che passano, la domanda la sente. È sulla lingua, sbatte contro i denti, chiede di uscire dalle labbra: ma allo stesso tempo è intrappolata in fondo alla gola. In un punto dove fa persino male, spinge, brucia, chiede di vivere.

«Sì,» dice James. Hans lo guarda. Di nuovo, ha la sensazione di essere capito senza dover parlare troppo. Dentro di lui comincia a farsi spazio una serenità calda, densa come miele.

«Sì?» chiede esitante.

«Sì, certo che ti aspetto,» sottolinea James, mentre continua a giocare coi suoi capelli «tutto il tempo che serve.»

La somma di tutti i momentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora