Dormire, forse sognare

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Nel dormiveglia, James avverte la necessità di girarsi. Il materasso si è scaldato sotto il peso del suo corpo e l'unica soluzione possibile è quella di cambiare fianco, per trovare refrigerio nell'altro lato del letto.

Ma c'è qualcosa che gli impedisce di girarsi. Anzi – qualcuno.

Sente nitidamente il peso della fronte di Hans in mezzo alle proprie scapole. Si sono addormentati insieme, la sera prima: stavano guardando un film e a un certo punto, James si è accorto di sottecchi che la testa di Hans oscillava in avanti, gli occhi semichiusi.

Con la tenerezza annidata nel petto, James gli ha chiesto:

«Vuoi andare a dormire?»

Ed era già pronto ad alzarsi, a lasciare la stanza. Ma Hans gli ha detto solo:

«Resta.»

Per metà della notte, James si è rigirato nel letto con il cuore a mille. È la prima volta che dormono insieme – tralasciando il weekend alle Vestmann, dove James aveva la febbre così alta da non capire cosa stesse succedendo.

Come uno scemo, James ha controllato il sonno di Hans a più riprese. È stato attento che dormisse, che non facesse incubi, che fosse sereno. Ha verificato più e più volte che fosse ancora al suo fianco, incredulo.

Ora che è mattina, non vuole muoversi. Non vuole svegliare Hans, né liberarsi dei piccoli pesi che il suo corpo gli impone: quello della fronte, ma anche quello del braccio sul suo fianco, del ginocchio premuto contro il retro del suo.

James sta attento persino a come respira, per paura di fare troppo forte.

Solo quando sente Hans muoversi con un piccolo scatto, gira la testa.

«Che ore sono?» gli chiede quello, stropicciandosi gli occhi.

È più bello che mai, appena sveglio. Forse non lo è in modo universale, ma lo è per James.

Hans ha un velo di occhiaie, i capelli scompigliati, una maglietta grigia a mezze maniche un po' troppo grande che ha il pregio di lasciar vedere bene il suo collo elegante; i pantaloni della tuta finiscono sui piedi scalzi, che hanno calciato via il piumone.

Sono così felice, è il pensiero di James che, per un attimo, si scorda di controllare l'ora, abbagliato da quella visione delicata.

Poi, quando si ricorda della richiesta di Hans, si gira verso il comodino e afferra il telefono, spingendo sul tasto laterale per accendere lo schermo. Il cellulare segna le sette e dodici.

«È ancora presto,» dice ad Hans, sapendo che entrambi non hanno impegni prima delle nove del mattino.

Hans lo guarda per un attimo. Poi, con il suo modo un po' goffo di fare, al quale James ancora non si è abituato, si avvicina di nuovo. Come un uccellino con il suo nido, torna con il viso sulla schiena di James, abbracciandogli i fianchi un po' più forte.

James, colto di sorpresa, rimane per un attimo immobile. Ha sempre paura di fare, o dire, la cosa sbagliata. Così lascia che sia Hans ad avvicinarsi, a creare le sue regole per stare bene.

«Dormiamo ancora, ti va?» domanda Hans.

Solo a quel punto, James sposta la mano e intreccia le dita con quella di Hans. La stringe forte, tenendosela sulla pancia.

«Va bene,» risponde, chiudendo di nuovo gli occhi.

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