Capitolo 3

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A distanza di nove anni ritorno ad aggiornare questa storia. È passato del tempo, i miei gusti sono cambiati e, come sarà visibile leggendo questo nuovo capitolo, la mia idea di scrivere una fanfiction è stata abbandonata per lasciare spazio a una semplice storia. Per l'aspetto del protagonista maschile ho mantenuto l'ispirazione presa all'epoca, ossia Tristan Evans, sebbene il cognome del personaggio sarà diverso.
Ringrazio chiunque, a distanza di nove anni, riprenderà a leggere questi pochi capitoli iniziali.❤️




Non sapevo quanto tempo avessi passato ad ammirare le mani callose di Connor, abbandonate sui suoi jeans scuri preferiti, quando mi sentii sfiorare una spalla da un tocco gentile e al contempo deciso.

Sollevai la testa di scatto, gli occhi sgranati, e alzai istintivamente le mani in segno di resa.
Mi trovai di fronte due iridi del colore del cielo in tempesta e un'espressione prima sorpresa, poi sghemba.

"Scusami, non volevo spaventarti", ghignò Tristan, liberando lentamente la mia spalla dalla sua presa. "Stacey è andata in bagno, vuoi ancora quel bicchiere d'acqua?"

Sbattei le palpebre meccanicamente almeno tre volte, con le mani ancora alzate, prima di rendermi conto di cosa mi avesse chiesto. Lui inarcò un sopracciglio, in attesa.

"Va bene", risposi alzandomi in piedi e strofinando i palmi, improvvisamente sudati, sui jeans. Che figuraccia, mi ritrovai ad ammettere.

Lo seguii per un breve tratto di corridoio, sentendomi bruciare la schiena. Scostai appena la testa, guardandomi alle spalle, e scoprii lo sguardo divertito di Connor a squadrarmi.

Soffocai un sorriso e feci spallucce, tornando a concentrarmi su ciò che mi si parava davanti.
L'assistente di volo che alla partenza mi aveva sorriso era completamente assorta in un libro, sembrò non notarci neppure.

Sentendomi stranamente sollevata raggiunsi il termine del corridoio, dove Tristan mi fece superare una specie di arco. Alla mia sinistra trovai una piccola stanzetta con la sigla 'W.C.' sulla porta e, dall'altra parte, due sedili vuoti e una tenda coprente in velluto.

Lo seguii oltre quest'ultima, ritrovandomi in una stanzetta angusta, con spazio sufficiente per due persone. In fondo erano posizionate altre due postazioni vuote e alla mia destra scorsi diversi mobiletti divisi in più piani, il tutto in tinta con le tonalità del blu cobalto.

Nella parte inferiore del mobile più vicino a me c'erano diverse file composte da due cassetti ciascuna e, in cima, un piano in granito azzurro con un piccolo lavandino in metallo; in alto, invece, potei osservare un armadietto e tre mensole, su cui erano riposte delle sacche per l'ossigeno.

Il ragazzo aprii il primo cassetto della seconda fila da sinistra e mi passò una bottiglietta di acqua oligominerale naturale, senza preoccuparsi di chiedermi se avevo preferenze al riguardo.

La presi, la stappai e bevvi un sorso, lentamente.

"Come ti chiami?" Mi domandò, andandosi a sedere nel primo dei due sedili.

"Spencer." Mi concessi un altro sorso, studiando la posizione delle sue spalle come mi aveva insegnato mia madre: era teso, sembrava trattenersi dal fare qualcosa.

Annuì, facendo scrocchiare le dita, senza distogliere per nemmeno un secondo gli occhi dai miei.

Allontanai la bottiglia dalle labbra, pensando a cosa potessi chiedergli per avviare una conversazione.

Ti ha chiesto il tuo nome, ha già avviato una conversazione, mi costrinsi a ragionare, contrariata, appoggiandomi al ripiano.

"Il tuo è Tristan, giusto?" Mi ritrovai a chiedere infine, passando probabilmente per un'idiota.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 09 ⏰

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