Poker Face

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Secondo le sue fonti, la chiave era nelle mani di una mummia.

In realtà non gli era stato riferito esattamente così, ma quando Chuuya era entrato nella taverna non aveva visto alcun "Demone Prodigio, allontanati da lui appena puoi, ti farà esplodere il cervello con i suoi tranelli mentali!", ma solamente un mucchio di ubriaconi sciatti che cantavano canzoni piratesche con più rum che sangue in circolo e un'unica persona che gli aveva fatto prudere le mani dalla voglia di scaraventarla contro un muro non appena l'aveva scorta, opportunamente ricoperta di bende dalla testa ai piedi. E quando diceva "dalla testa ai piedi" lo intendeva con tutte le ragioni.

Ne fu stupito: risposte inconsce di tale portata non erano la quotidianità per il suo corpo, ma appena vide quel sorriso largo e viscido e quegli occhi dalle palpebre mezze calate rossastri e giudicanti, venne investito da un brivido lungo la spina dorsale che lo spinse ad alzare in un secondo tutte le sue difese.

Capì che quella era la persona che stava cercando.

Lo vedeva guardare brindisi rumorosi trasformarsi in risse spacca tavoli con la perfida calma di sapeva esserne il diabolico artefice e Chuuya decise di avvicinarsi al bancone dove era seduto, accomodandosi a qualche sedia di distanza con la spada che batteva alla sua gamba ad ogni passo. Il gestore gli piazzò sotto il naso una bottiglia polverosa di quello che sperava fosse vino, uno qualsiasi e non quelli che amava bere solitamente, ma era sicuro si trattasse solamente di rum annacquato di pessima qualità.

Soppresse una smorfia e pulì il collo con un colpo di manica prima di attaccarsi per prendere il primo, orribile sorso. "Questa cosa fa schifo!" Informò il gestore con rabbia, sbattendo con un tonfo la bottiglia sul legno del bancone.

Quello si limitò ad alzare le spalle, passando lo straccio sporco su boccali in legno già lerci.

Chuuya digrignò i denti, portando la bottiglia alle labbra dopo aver strofinato forte il vetro con un lembo di camicia, decidendo velocemente che avrebbe bruciato quei vestiti una volta terminata la missione.

Non era solito bere in quei frangenti ma, seriamente, quello non poteva essere nemmeno definito alcool. L'acqua la faceva da padrona, attenuando tristemente il pizzicore alcolico e facendogli chiedere quanto cazzo avessero bevuto gli ubriaconi al centro della sala se quello era il risultato.

Una gamba di legno volò alla fine di quel pensiero, roteando sopra la sua testa e ficcandosi violentemente dentro una vetrina che non aveva senso di esistere. Una rapida occhiata incuriosita e sì, la gamba non era di una sedia ma di uno dei casinisti che picchiava felicemente per chissà quale motivo.

Una sedia intera seguì la gamba di legno e Chuuya ritornò a concentrarsi sulla sua bevanda, annoiato e già stufo, pulendone ulteriormente il collo e scrutando per ogni possibile macchia disgustosa.

"Un pirata con senso di igiene." La voce cantilenante lo raggiunse nonostante la cacofonia di urla e mobili spaccati, tranquilla e piacevolmente incurante come se adulti alterati non si stessero azzuffando poco più in là. Chuuya alzò un sopracciglio ma non si girò, preferendo ingollare altra acqua sporca senza dar segno di aver ascoltato. A quello sembrò non interessare. "Curioso."

"Che non mi piaccia prendermi qualcosa? È già abbastanza deprimente così com'è."

Quello sogghignò. Lo vide con la coda dell'occhio e sentì l'irritazione cominciare a ribollire piano. "L'alcool o la bottiglia?" Sentì domandare, inclinando la testa come un gatto sornione.

"Questo rum non è rum." Borbottò senza staccare le labbra dal vetro. "E la bottiglia è da buttare direttamente."

"Avrei preferito non sapere di cosa parli, in realtà." Chuuya lo sentì sospirare. Si ritrovò a guardarlo scuotere la testa con aria dispiaciuta, come se tutti i problemi del mondo fossero sulle sue rachitiche spalle provate. "Concordare con qualcuno con un cappello del genere, sento il mio noto buon gusto tremare di terrore."

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