1 - toronto

66 7 3
                                    

COURTNEY

Non mi sembrava vero, quel maledetto aereo era finalmente atterrato.
Penso di non aver mai fatto un volo peggiore di quello...
Scesi da quella sottospecie di trappola mortale e fortunatamente l'entrata per l'aeroporto era giusto a pochi passi, non avrei dovuto prendere nessun autobus puzzolente per arrivarci.

Entrai e mi guardai attorno, dovevo recuperare le mie valige.
Controllai i cartelli e seguii quello con scritto Bags.
Il nastro scorreva ma come al solito la mia valigia sarebbe stata l'ultima.

Mi soffermai ad osservare la gente attorno a me.
Vi era una donna sulla quarantina, il volto stanco, i capelli spettinati e due piccoli gemellini al suo fianco, avranno avuto all'incirca tre anni e li vidi saltellare non appena il nastro fece comparire le loro valigie delle tartarughe ninja. Mi chiedevo come riuscissero certe donne a crescere dei figli completamente da sole, magari non era il caso di quella donna o magari sì, ma era una domanda che mi ponevo spesso.
La donna recuperò anche la sua valigia, era blu scuro, quasi notte, grande, molto grande e all'apparenza anche molto pesante, la vidi voltarsi verso di me, come se sapesse che la stavo osservando, mi sorrise, prese per mano i suoi bambini ed andò via.

Finalmente vidi il nastro sputare fuori la mia valigia viola, sussultai nel vederla, quasi come se fossi stata smossa da uno stato di trance e mi affrettai a recuperarla, seguendo poi i cartelli ed avviandomi verso l'uscita.
Quel corridoio sembrava infinito e, vedendo tutta quella gente nonostante fossero le quattro del mattino, non riuscii a fare a meno di immaginare dove andassero, se qualcuno li stesse aspettando.
Adoravo immedesimarmi nella gente sconosciuta e provare a fantasticare su come fosse la loro vita.
Era una cosa sicuramente strana ma poco mi importava.

Finalmente uscii da quel labirinto che sembrava non finisse mai e cercai di trovare una testa corvina, trovandola dopo pochi istanti.
«Heather!» Sventolai una mano in aria, attirando l'attenzione della mia migliore amica.

Vedendomi scattò e cominciò a correre verso di me, stringendomi in un abbraccio talmente forte da farmi cadere la valigia e la borsa, ma ricambiai allo stesso modo, chiudendo gli occhi e godendomi al cento percento quel momento.
«Mi sei mancata così tanto Court!» Singhiozzò tirando su con il naso subito dopo.
Stava piangendo. Heather Lee, la ragazza meno emotiva che conoscessi stava piangendo.

«Ehi socia, non piangere dai!» La allontanai leggermente e le asciugai le lacrime. «Sono qui, siamo di nuovo insieme.» Intrecciai le dita delle mani con le sue ed appoggiai la fronte contro la sua.

«Ohi chica, adesso che sei qui hai intenzione di rubarmi la ragazza?» Disse con tono canzonatorio, ma chiaramente ironico, una voce, mi sentii poi circondare le spalle con un braccio.
«Ale!» Ridacchiai ed abbracciai forte quel ragazzo che per me era ormai come un fratello.
Lui era nato e cresciuto in Spagna, a Madrid per la precisione, si era trasferito poi a Toronto a tredici anni ma non aveva mai spiegato bene il motivo.
«Non sparire mai più per tutto questo tempo, a breve avrei messo Heather su un aereo e te l'avrei spedita come pacco regalo, era diventata insopportabile.»
In risposta Heather lo colpì con un pugno sul braccio, facendogli esclamare un "Ahia!".

Risi di gusto e, mentre la mia migliore amica mi aggiornava su alcune novità, uscimmo dall'aeroporto, camminando verso l'auto di Alejandro.
Forse però è meglio fare qualche passo indietro...

Quattro anni prima... 16 giugno

«María, nunca sucederá! Courtney non rimarrà qui un segundo más, punto e basta! Verrà con me in Colombia. Eso es todo
Mio padre urlava con così tanta rabbia e veemenza che notai subito gli occhi di mia madre riempirsi di lacrime.

Ruthless - DuncneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora