Capitolo 4

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"Sicuramente si è rifugiata nel suo camerino", rimbombò la voce roca dell'uomo proprio davanti alla porta dietro la quale mi nascondevo, il mio corpo sbiancato e tremante raggelato dal terrore

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"Sicuramente si è rifugiata nel suo camerino", rimbombò la voce roca dell'uomo proprio davanti alla porta dietro la quale mi nascondevo, il mio corpo sbiancato e tremante raggelato dal terrore. Un barlume di speranza balenò dentro di me al sentire quelle parole, ma si spense subito come una fiamma al vento quando un'altra voce irruppe nella quiete tesa.

"Che diavolo state facendo qui?!", tuonò Tae-gon, anch'egli posizionato davanti alla porta del camerino. "Sparite subito da qui! Questo è un posto per veri signori, non per malavitosi come voi", aggiunse con voce irritata, vedendo le sue entrate monetarie sfumare davanti ai suoi occhi. "Non potete entrare qui e..."

"Ascolta, stronzo", lo interruppe l'uomo alto con un sogghigno malefico. Non potei resistere e sbirciai attraverso il piccolo buco della serratura. L'uomo aveva afferrato Tae-gon per il colletto, sollevandolo da terra mentre il mio manager cercava disperatamente di rimettersi in piedi.

"Noi non solo possiamo entrare qui, ma possiamo fare anche quello che ci pare e piace, chiaro?", urlò con tono minatorio, avvicinandosi al viso del mio agente fino quasi a sputargli in faccia. Il mio cuore si gelò quando l'uomo estrasse una pistola e la puntò alla testa di Tae-gon.

"Ora", riprese a parlare con voce falsamente calma, "ci mostri dov'è andata quella ragazzina o vedrai la tua testa esplodere come questo locale", aggiunse con un sorriso sadico.

"D-da questa parte", balbettò Tae-gon, il viso cadaverico e le guance leggermente arrossate per la mancanza di ossigeno. "Vi faccio v-vedere-", aggiunse mentre l'uomo lo appoggiava a terra e si avviava verso il mio camerino.

Insultai mentalmente Tae-gon, bollandolo come un traditore codardo, alla stregua di Minho. Ma onestamente, con una pistola puntata alla testa, non potevo biasimarlo del tutto per le sue azioni e decisioni. Non ero sua figlia, né tantomeno qualcuno a cui fosse legato da un legame che andasse oltre il nostro semplice rapporto lavorativo.

Un altro boato assordante di due spari squarciò l'aria, seguito dall'inquietante suono di una porta che veniva spalancata. Un fascio di luce accecante mi investì in pieno viso, strappandomi un gemito soffocato mentre mi raggomitolavo ancora di più su me stessa. Alzai il viso con gli occhi sgranati, preparata a vedere l'imponente figura del bruto alto due metri o il suo amichetto nanetto di 1.70.

Ma con mia grande sorpresa, l'uomo che si stagliava davanti a me non era nessuno dei due. I suoi capelli color nocciola, mossi e ribelli, gli incorniciavano il viso, nascondendone parzialmente gli occhi. Una camicia bianca sporca di macchie di sangue gli avvolgeva il torso, alla vista del quale un conato di vomito mi assalì, accompagnato da un brivido di ribrezzo che mi percorse la schiena.

"Fine della corsa, Angel", sibilò l'uomo con voce gelida e tagliente, infilando la mano nel camerino angusto e afferrandomi per il polso. Un dolore acuto mi squarciò il braccio mentre mi trascinava fuori, facendo barcollare il mio corpo indifeso nel corridoio.

His Captive - Jungkook x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora