4. Veleno

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Annalisa

La mattina successiva il sole di Verona illuminò la mia stanza d'albergo con una luce dorata.
Mi sentii leggera, come se il peso delle preoccupazioni degli ultimi mesi fosse stato sollevato. Quella mattina ero libera e dopo una certa ora mi preparai, ansiosa di incontrare Tananai per passare un po' di tempo al pranzo con lui. Avevamo deciso di approfittare del tempo libero per esplorare la città e passare più tempo insieme.

Ci incontrammo in una piccola trattoria nel cuore di Verona. L'atmosfera era accogliente e familiare, con il profumo di pasta fresca e vino che riempiva l'aria. Tananai era già lì, che mi aspettava seduto a un tavolo e non appena mi vide entrare mi accolse con un sorriso caloroso e amichevole.

«Anna, sei radiosa questa mattina!» disse abbreviando il mio nome in tono gentile mentre mi sedevo. Poi scherzosamente aggiunse: «È semplicemente l'effetto di una serata di successo oppure sei sempre così bella?» sorrisi e mantebendo una vena di umorismo gli risposi «È anche l'effetto di una buona compagnia» risposi mentre avvertii il calore salire alle guance.

Passammo il pranzo tra risate e conversazioni leggere. Parlammo delle nostre carriere, dei nostri sogni e delle sfide che avevamo affrontato. Tananai aveva un modo unico di farmi sentire a mio agio, come se ogni parola che diceva fosse giusta e capace di unirci in una connessione più profonda.
«A proposito di sfide» dissi ad un certo punto, «mi hai fatto ricordare una volta in cui ho preso una bella botta» «Ah sì? Raccontami» rispose lui, curioso mentre mi sorrise pensando che fossi ironica, ma poi incominciai a raccontargli.

«Era all'incirca poco più di anno fa. Stavo scendendo le scale di SanRemo di corsa e con abbastanza sicurezza nonostante indossassi dei tacchi abbastanza alti, come faccio sempre, e non ho visto uno dei gradini. Sono caduta e ho sbattuto la testa contro il muro. Finì tutto con una corsa al pronto soccorso e qualche punto di sutura» Tananai divenne serio e mi guardò con gli occhi spalancati, probabilmente non era mai venuto a conoscenza di quel dettaglio prima. «Dev'essere stato terribile» «Sì, lo è stato. Ma più del dolore fisico, fu il senso di impotenza a colpirmi di più. Non poter fare nulla in quel momento, dover dipendere dagli altri... non è facile per una persona abituata a essere indipendente» «Sai,» disse lui, «a volte le esperienze difficili ci rendono più forti. E tu sembri essere diventata ancora più determinata» «Sì, è vero. Anche se, devo ammettere, che incidenti come quelli ti fanno riconsiderare molte cose». Proseguimmo il pranzo, continuando a scambiarci racconti seri ma anche risate.

Sentivo che con ogni parola, con ogni sguardo, il legame tra noi si rafforzava.

Non era solo una questione di attrazione fisica, c'era qualcosa di più profondo che ci univa.

Quando finimmo di mangiare, decidemmo di fare una passeggiata lungo l'Adige. Il fiume scorreva placido, riflettendo la luce del sole e creando un'atmosfera quasi magica. Mentre camminavamo, iniziammo a parlare del nostro progetto in comune, la canzone Storie Brevi che stavamo ultimando.
«Sai, Anna, penso che questa canzone possa essere qualcosa di davvero speciale» mi disse Tananai, guardando l'acqua scorrere.

«Sì, anch'io lo penso. E mi piace l'idea di lavorare con te. Hai una sensibilità unica che rende tutto più... autentico».

Passammo il pomeriggio a discutere idee e a immaginare come avrebbe potuto essere la nostra esibizione.
C'era un'armonia tra di noi, un equilibrio perfetto tra professionalità e intimità.

Quando il sole iniziò a calare, decidemmo di fermarci in un piccolo caffè per un ultimo bicchiere di vino. Seduti al tavolino all'aperto, circondati dal mormorio della città e dal calore delle luci, ci sentivamo come se fossimo in un mondo tutto nostro.

«Albe» gli dissi improvvisamente, pronunciando il suo reale nome «voglio ringraziarti per oggi. Non so dove ci porterà tutto questo, ma sono felice di poterlo scoprire insieme a te». Lui mi prese la mano, stringendola leggermente. «Anch'io, Nali. Sento che questo è solo l'inizio di qualcosa di meraviglioso. E sono grato di poterlo condividere con te». Rimanemmo lì, in silenzio, a goderci quel momento di pace e complicità. Sapevamo che c'erano ancora molte sfide davanti a noi, ma con ogni passo, con ogni parola, stavamo costruendo qualcosa di unico e prezioso.

Quella sera, sotto le stelle di Verona, il mio cuore trovò un nuovo ritmo.

E mentre ci salutavamo e ognuno tornava al proprio hotel, sapevo che quella storia che stavamo iniziando a scrivere insieme sarebbe stata una delle più importanti della mia vita.

Tananai

Il giorno successivo, decidemmo di incontrarci nuovamente per lavorare sulla canzone.

C'era una piccola sala prove vicino all'hotel dove alloggiavamo, perfetta per creare un ambiente intimo e concentrato. Stavamo discutendo riguardo ai vari passaggi della canzone, quando Annalisa si alzò per prendere una bottiglia d'acqua. La osservai mentre si muoveva con grazia, sprigionando il suo entusiasmo contagioso. Ma proprio mentre stava tornando verso di me, accadde l'imprevedibile. Il tacco della sua scarpa destra si impigliò e scivolò su un cavo mal posizionato, facendole perdere l'equilibrio. Il tempo sembrò rallentare mentre la vedevo cadere all'indietro. La sua espressione che passava dalla sorpresa allo spavento. Allungando un braccio tentai di afferrarla, ma era troppo lontana. Con un tonfo sordo, Annalisa colpì il pavimento, battendo la testa contro una sedia. «Annalisa!» gridai, correndo verso di lei. Il mio cuore batté all'impazzata mentre mi inginocchiai al suo fianco. «Anna, stai bene? Puoi sentirmi?»
Lei gemette, portandosi una mano alla testa.
«Tananai...» la sua voce era debole e confusa. «Hai preso una brutta caduta» dissi, cercando di mantenere la calma. «Dobbiamo portarti in ospedale?» le chiesi preoccupato. Dopo con l'aiuto del personale della sala prove, riuscimmo a farla sedere su una sedia. Annalisa sembrava stordita, ma cosciente.
Ma incerto su come potesse stare realmente chiamai un taxi e, con estrema cautela, la accompagnai al pronto soccorso.
Ogni minuto trascorso in quella sala d'attesa sembrava un'eternità. Il ricordo della sua caduta continuava a ripetersi nella mia mente, e la preoccupazione per la sua salute mi divorava.

Finalmente, un medico uscì dalla sala visite. «È stata fortunata» disse il medico con un sorriso rassicurante. «Ha subito una lieve commozione cerebrale e alcune contusioni, ma nulla di grave. La terremo sotto osservazione per qualche ora, solo per sicurezza». Tirai un sospiro di sollievo, sentendo un peso enorme sollevarsi dal mio petto. «Potrei vederla?» «Certo, ma per favore, non fatela affaticare troppo».

Entrai nella stanza dove Annalisa era distesa su un letto. Giaceva sveglia e non appena mi vide si tirò su a sedere e tentò di ricomporsi per quanto più poteva, mentre un debole sorriso le illuminò il volto. «Ti sei preoccupato, eh?» mi disse con un filo di voce, mentre tentò di mantenere il suo solito tono determinato e anche vivace. «Non hai idea» risposi, prendendole istintivamente la mano. «Mi hai fatto prendere un bello spavento». Lei strinse la mia mano, mentre il suo sguardo diventò serio. «Grazie per essere venuto qui. Non so cosa avrei fatto senza di te» «Non devi ringraziarmi» dissi, accarezzandole delicatamente la mano. «Siamo una squadra, ricordi? E io sono qui per te, sempre».

Rimanemmo in silenzio per un po', godendoci la tranquillità del momento. Sentivo che quell'incidente, per quanto spaventoso, aveva rafforzato ulteriormente il nostro legame. Era una prova, un modo per ricordarci quanto fosse preziosa ogni istante che passavamo insieme. Mentre la osservavo riposare, mi resi conto di quanto fosse diventata importante per me. Non era solo per via della collaborazione musicale, ma qualcosa di più profondo, un legame che andava oltre le parole e le note. E in quel momento, sebbene avessi paura di ciò che il futuro poteva riservarci, sapevo che ero pronto a vivere ogni sfida, ogni gioia e ogni dolore al suo fianco.

«Diamante lei e luce lui»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora