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ci sono persone, al mondo, che non hanno mai ricevuto affetto. da nessuno, che siano genitori, fratelli, maestre o professoresse, o magari i direttori del loro orfanotrofio.

persone che non sanno nemmeno cosa diamine sia l'affetto, o l'amore, o cosa voglia dire voler bene a qualcuno.

e sono quelle persone, quelle che si chiudono in loro stesse senza lasciare trasparire nulla.
sono quelle persone che si stupiscono se qualcuno dice che è loro amico, perché non pensano possa essere una cosa così spontanea. una cosa così genuina e naturale, che si crea da sola nel tempo senza bisogno di patti di sangue, giuramenti a vita o qualche rito.

io sono fra quelle persone, e mi chiamo Doppio Vinegar. Io non ho mai ricevuto affetto. sin dalla mia nascita, quando mia madre ha provato ad avvelenarmi e, dopo il fallimento del suo piano, mi ha portato in orfanotrofio.

Tutti mi consideravano il bambino strano, nessuno mi approcciava, e perfino i direttori mi stavano lontani.

Tutti, nessuno escluso.

La vita non è un film. solo nei film succede che un bambino nota il bambino reietto e diventano amici. Ma la vita non è così. non la mia.

Non sono mai stato adottato. Ero troppo strano per venire accettato da degli adulti. Appena qualcuno cercava un bambino, i direttori gli presentavano tutti i bambini tranne me. E se capitava che qualcuno chiedesse di me, gli dicevano che avevo problemi mentali e che non conveniva prendermi.

La mia non è stata una bella infanzia. Per niente.

Perché avrebbe dovuto esserlo, per un bambino che sin dalla più tenera età dimostrava bipolarismo, schizofrenia, ansia, disturbo di personalità multipla e autolesionismo?

Il giorno dei miei 18 anni mi hanno comprato una casa minuscola e mi ci hanno portato dentro, con solo una specie di stipendio di cinquecento al mese.

Ovviamente mentre ero da solo i miei problemi non hanno fatto che peggiorare e aumentare in numero. Puntualmente si sono aggiunti, alla mia sfilza di problemi, anche istinti suicidi, disturbo borderline e depressione.

Gli istinti suicidi erano troppo forti.

Ovviamente dopo il circa cinquantesimo tentato suicidio mi hanno portato in un manicomio.

Peggio di una prigione. Ero chiuso in una stanza tutto il giorno e mi imbottivano di farmaci. Nei giorni critici mi legavano, oppure già che c'erano, mi chiudevano dentro una camicia di forza, per evitare che io mi uccidessi, tagliassi, o che ammazzassi qualcuno.

Dopo tre anni nulla era cambiato. O almeno, nulla apparte i traumi che quel posto mi ha lasciato.

E un giorno un angelo mi ha portato fuori di lì. Non so come, non so perché, ero nel momento più critico della mia vita e l'unica cosa che mi ricordo di quell' uomo sono gli occhi gentili, i capelli lunghi e il sorriso più rassicurante dell'universo.

Bruno Bucciarati.

Senza nessuna spiegazione mi ha portato con sé. È stato il primo. Il primo a sopportarmi. A sopportare i miei sbalzi d'umore, i tentativi di suicidio, anche i miei tentativi di stuprarlo, i giorni in cui non mangiavo e quelli in cui non mangiavo troppo, i giorni in cui non dormivo e quelli in cui dormivo tutto il giorno.

Insieme a suo marito. Che era lì a parlarmi, a medicarmi i tagli, a fermarmi quando avevo attacchi di rabbia, rischiavo di spaccare muri e altro.

Non so tutt'ora il perché. Perché mi hanno salvato? perché hanno dato una possibilità a uno come me? perché non mi hanno lasciato nell' oscurità?

I miei ricordi per quel periodo si fermano per circa un anno e riprendono dopo la transizione di Bucciarati.
Eravamo ancora solo noi in quella casa. Io, Bruno, Leone, Giorno, Guido, Narancia e Fugo.

The ultimate JoJo omegaverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora