2 - I sogni nel cassetto sono destinati a rimanere tali?

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Fate in modo che i vostri sogni divorino la vostra vita così che la vita non divori i vostri sogni.
(Antoine de Saint-Exupéry)

Ero arrabbiata.

Frustrata.

Delusa.

Mi asciugai le lacrime con rabbia e scagliai a terra, accanto alla scrivania, quel manoscritto che avevo letto e aggiustato non so quante volte, prima di spedirlo alle case editrici, piena di sciocche speranze.

Forse dovevo arrendermi e abbandonare quel sogno che mai come ora sembrava così lontano e impossibile.

Quante volte mi avevano rifiutato? Nove, o forse dieci... Ero stanca di credere in qualcosa che ormai era chiaro non si sarebbe mai avverato.

«Nipote che succede?»

La voce di mia zia, mi fece sussultare.

«Nulla di che zia, per sbaglio ho fatto cadere dei libri».

«D'accordo. Scendi in cucina? La cena è pronta» rispose, anche se non ero sicura di averla convinta.

Zia Claire non era mia zia a tutti gli effetti; per farla breve, lei era da sempre un'amica di famiglia e non aveva mai avuto dei figli. Quando, all'età di sedici anni, avevo litigato con i miei genitori e me ne ero andata di casa, lei era diventata la mia nuova famiglia.

Così, mi ero trasferita con lei in una piccola città di nome Miracle. Avevamo deciso di ricominciare entrambe e per me lei era stata la miglior madre e il miglior padre che avessi mai potuto desiderare.

Solo che non mi andava di raccontarle di quel nuovo rifiuto da parte di una casa editrice; non volevo deluderla ancora. Eppure, lei mi era sempre stata accanto, ad ogni rifiuto mi prendeva sottobraccio e mi portava a comprare un gelato o un nuovo vestito; non poteva capire quanto bene mi aveva dato e quanto continuava a darmene.

«Jo! Che fai lì impalata? Coraggio, muoviti! Non devi lavorare stasera?»

«Sì, scusa zia. Ti aiuto a sparecchiare e poi vado».

«Comunque, prima o poi gliene dirò quattro al tuo capo! Come può pretendere che i camerieri che lavorano nel suo ristorante, debbano tornare a casa così tardi? Alla mia età i ristoranti chiudevano molto prima!» inveì, menando il suo fidato bastone in aria.

«Te l'ho già detto zia, non mi pesa affatto. Altrimenti mi sarei già licenziata da un pezzo, non credi?»

Una piccola bugia bianca, anche se prolungata, non avrebbe mai fatto male a nessuno. Non potevo raccontarle perché ogni notte rincasavo molto tardi, e non potevo neanche spiegarle il perché di quelle mance belle gonfie, che ci permettevano di toglierci più di qualche sfizio.

Zia Claire era una donna vecchia scuola, non avrebbe mai acconsentito se avesse saputo.

Raccolsi la mia divisa e corsi verso la macchina.

Giunta a destinazione, lasciai la divisa sul sedile, ed entrai nel retro di un edificio moderno, uno dei migliori night club di Saint-Tropez, il Justice.

«Hailey Amber! Sei in ritardo, ancora». Félix, il bartender, nonché titolare del locale, mi ammonì usando apposta il mio nome d'arte, non appena varcai la soglia per andare verso i camerini.

«Ops!» La mia risposta, accompagnata da una linguaccia, lo ammorbidirono.

«Sei fortunata che sei la mia punta di diamante, ma non potrai approfittarne per sempre».

«Anch'io ti voglio bene!» mi limitai a rispondere prima di chiudermi la porta del camerino alle spalle.

Lanciai la borsa su una sedia e mi accomodai di fronte al mio specchio da trucco; mi preparai l'occorrente per il make up, come ero solita fare, e mi truccai. Questa sera optai per tonalità sul rosso e l'argento, che si abbinavano al nuovo costume di scena che avevo acquistato.

Eternal. Primo romanzo saga Libellule di diamanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora