3-Dentro o fuori

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Perché quando lo strumento dell'intelligenza si somma alla forza bruta e alla malvagia volontà, il genere umano è impotente a difendere se stesso.

Dante Alighieri

«I Phénix Combattant? Che roba sono? Una specie di supereroi con i mutandoni che vanno in giro per la città a combattere i cattivi?» ironizzai io.

Quell'uomo dai capelli rossi che aveva appena detto di chiamarsi Adam, non si scompose, anzi, addirittura sorrise. «Puoi definirci come ti pare, ma sappi che è da quasi un anno che cerco una persona come te».

Fu il mio turno di sorridere. «Uno come me? Manco mi conosci».

«Il mio intuito mi dice che sei quella persona, l'ho capito da come ti muovevi poco fa con due imbecilli e lo capisco ora dal tuo sguardo. Sei incazzato con il mondo, sei stanco e nascondi qualcosa di cui provi... vergogna forse?»

«Ascoltami bene, razza di sensitivo da quattro soldi, non sono venuto a vivere in questa insulsa città per farmi trascinare in qualche stronzata. Quindi, se anche tu non vuoi prenderle, gira i tacchi e vattene».

«Ti propongo un accordo. Ti sfido ora in uno scontro a mani nude, con me, se mi batti ti lascerò andare libero per la tua strada, se invece sarò io a batterti diventerai un membro ufficiale dei Phénix e accetterai che io ti faccia da mentore» mi propose. «Perde chi rimane a terra per più di tre secondi».

«D'accordo. Se ti piace così tanto essere picchiato, fatti sotto» replicai sfoderando i pugni.

Gli andai incontro pronto per sferrargli un cazzotto sulla mascella, ma lui fu più svelto di me e sembrava aver previsto la mia mossa; abbassò la testa e mi colpì con un gancio destro dritto sul fegato.

Incassai male e mi piegai in avanti, dandogli modo di potermi colpire facilmente al viso con un gancio sinistro. Dopo neanche due secondi ero riverso a terra, confuso e totalmente incapace di alzarmi.

Adam appoggiò due dita sopra le mie scapole e iniziò a contare. «Uno... Due...»

Tentai in ogni modo di ordinare al mio corpo di alzarsi, ma era come se mi avesse appena investito un fottuto treno.

«Tre. Ti aspetto domani sera alle nove a questo indirizzo. Mi raccomando la puntualità» concluse posando un bigliettino vicino al mio naso.

La sera successiva, ancora arrabbiato con me stesso per essermi fatto stendere come un idiota, mi presentai al Lions de fer, nella zona sud est di Miracle. Visto da fuori sembrava un normalissimo edificio con all'interno degli uffici, ma poi notai l'ingresso del bar sulla sinistra e, una volta varcata la soglia, mi trovai in un posto completamente diverso. Non era un bar, era un locale notturno in piena regola; un discreto numero di persone si dimenava a ritmo di musica pop e le luci si alternavano tra il blu e il rosso. Il classico bar che evitavo come la peste.

Se, attirandomi qui, pel di carota voleva solo prendermi per il culo, aveva sbagliato soggetto.

Gettai il biglietto a terra, deciso ad andarmene, quando, con la coda dell'occhio, notai un volto familiare. In un angolo del locale, il privé forse, Adam stava seduto su uno dei divanetti, circondato da persone che ballavano e bevevano. All'ingresso del privé stavano due tizi di guardia a controllarne l'accesso. Mi diressi da lui senza attendere che quei due mi dessero il permesso, ma venni fermato.

Guardai prima la mano dell'energumeno e poi guardai lui. «Toglimi le mani di dosso se non vuoi che ti frantumi le ossa» dissi. La musica nella zona del privé non era alta, e non servì mettermi a gridare.

L'uomo non si scompose.

«Bene te la sei cercata» affermai afferrandogli il polso ma Adam mi fermò e sussurrò qualcosa a quello, che subito dopo si tolse dai piedi per farmi passare.

Eternal. Primo romanzo saga Libellule di diamanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora