OPPORTUNISTA -Jisung

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Si guardò per l'ennesima volta nello specchio dell'ascensore. Ma che doveva controllare? Era maledettamente perfetto! Il ciuffo nero che gli ricadeva di poco sugli occhi marroni, il naso che sembrava appena scolpito, le labbra rosse carnose; la camicia candida, sulla quale penzolava la cravatta color pece, infilata nei jeans attillati, neri come le sue scarpe. Non potei che sbuffare e fare una smorfia nel vederlo con il suo sorrisetto.

«Che hai? Il signor Kim ha scelto il ragazzo più sexy per questo lavoro e te come suo partner. Dovresti sbavarmi dietro, non sbuffare.» mi disse con voce bassa.

«Non sono un cane con la rogna.» risposi guardando il numero del piano dove eravamo arrivati. Ne mancavano ancora due.

«Sei interessante... come ti chiami?»

«Ma fai sul serio?» Lo guardai male. «Han Jisung.»

«Mh? E chi parlava con te!» Rise maleficamente. «Parlavo a questo bellissimo ragazzo davanti a me!» Toccò il suo riflesso.

«Come va splendore?»

«Dovevo ridere in faccia al signor Kim quando mi ha offerto questa "opportunità"...» sussurrai.

In quel momento si aprirono le porte dell'ascensore e corsi fuori immediatamente. Meno stavo con quel tipo, meglio era.


Percorsi il corridoio della centrale per più di un quarto d'ora, poi finalmente trovai la stanza delle riunioni. Aprii la porta e feci un inchino per salutare i miei superiori. Posai il mio zaino sulla sedia, che era davanti al tavolo con un cartellino con scritto "Han Jisung", e mi tolsi il giubbotto di pelle.

«Agente Han?» Mi girai sentendomi chiamare «Ispettore Kim, molto piacere.»

«Piacere mio, ispettore.» Gli strinsi la mano.

Il signor Kim era un ragazzo alto che, dato il fisico, mi sembrò avere solo qualche anno in più di me. Aveva i capelli neri acconciati in un ciuffo perfetto, gli occhi da drago castani e due fossette profonde gli davano un aspetto più dolce di quello che sembrava. Le spalle larghe e possenti, quasi come le braccia lasciate scoperte perché indossava una maglietta a maniche corte blu. I jeans scuri e gli stivaletti gli davano un'aria più cool.

«Il suo collega dov'è? Non eravate insieme?» mi chiese, serio.

«Sì, ci siamo incontrati in ascensore ma sono stato più veloce di lui.»

«E perché mai?»

«Era troppo intento a fare complimenti al suo riflesso.»

L'ispettore fece una risata che camuffò con un colpo di tosse. «Guardi, agente Han, se non fosse ancora in tirocinio, l'avrei scelta come agente capo del caso.» Mise la mano sulla mia spalla e notai che portava una fede al dito.

«La ringrazio. Farò del mio meglio nella posizione in cui sono ora.»

L'ispettore mi sorrise e andò a sedersi al suo posto. Io lo imitai e tirai fuori dal mio zaino un taccuino e una penna per prendere appunti. I superiori iniziarono a discutere per un'ora sul caso per spiegarmi il tutto e, quando finimmo, vedemmo la porta aprirsi di scatto.

«Agente Lee! Alla buon'ora!» gli disse con tono seccato il signor Kim.

«Perdonatemi, ho cercato per tutta la centrale il mio partner senza trovarlo e non mi sembrava corretto venire senza di lui.»

«Bè, si da il caso che "il suo partner" sia arrivato qui in orario senza di lei per motivi noti a entrambi, vero agente?»

«Io...» Il mio collega mi fulminò con lo sguardo. «Mi dispiace, non succederà nuovamente.» Fece un profondo inchino.

«Sarà meglio...» L'ispettore e tutti gli altri superiori uscirono dalla stanza, passando di fianco alla figura inchinata del mio collega.

Sorrisi soddisfatto del mio lavoro e mi rifeci lo zaino, rimettendomi la giacca e facendo la stessa cosa che gli altri agenti avevano fatto prima di me. Peccato che il mio polso venne tirato indietro. Alzai lo sguardo e con la testa inclinata guardai il mio collega.

«Brucia?» gli chiesi.

«Mi hai fatto fare brutta figura con il capo, contento?»

Sorrisi beffardo. «Non me ne può fregare di meno di te. Ho fatto solo il mio lavoro. Tu piuttosto, dove sei stato?»

«Non ti interessa.»

«Hai la cravatta allentata e un succhiotto sul collo. Devo dire altro?»

Mi lasciò la mano e si toccò il collo. Feci un verso di scherno e me ne andai.

«Jisung!» sentii gridare alle mie spalle. «Tra cinque minuti in caffetteria!»

«Certo padroncino!» lo imitai.



«Come hai fatto?» Il mio collega sbatté le mani sul nostro tavolo e mi guardò.

«Fatto cosa?»

«Come sapevi cosa avevo fatto?»

«Sono un ottimo osservatore.» Sorseggiai il mio caffè americano.

«Mh... Cosa mi dici del caso?»

«Devo farti davvero il riassunto di tutto quello che è successo?» Feci una smorfia.

«Sì e se non vuoi te lo ordino.»

«Wow...» Finii la mia bevanda. «Sono anni che gli "Stray kids" sfuggono alla polizia e hanno chiamato noi come ultima chance. Sappiamo solo che hanno metodi di tortura atroci e che lasciano le loro vittime sempre con scritto una minaccia diversa. Ieri sera hanno trovato il corpo di una ragazza con gli arti staccati dal corpo e il cuore messo in bocca. La minaccia era "Provate a prenderci e vi riduciamo così".»

«E tu cosa pensi?»

«Non sono tenuto a dirtelo.» Mi alzai «Vieni, dobbiamo esaminare il corpo per trovare qualcosa.»

«Dobbiamo?»

«Senti, signor "mi voglio sposare il mio riflesso", qui dovresti essere tu quello che indaga. Io sono il tuo "partner", non il tuo servo.»

«Ma tu sei sempre stato così o ci sei diventato?» Mi guardò male e iniziò a camminare.

«Sai almeno dove stai andando?» gli chiesi, ancora appoggiato al tavolo.

Lui si fermò di colpo e mi venne incontro. «Fai strada.» Lo fissai gelido. Lui sbuffò. «Per favore, 

puoi farmi strada verso l'obitorio?»

«No.» e iniziai a camminare, ricevendo svariati insulti da parte del mio collega.





                                                                                        -Minho-

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                                                                                        -Minho-

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