Prologo

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Il vento freddo di quel giorno mi penetrò fino alle ossa. Attorno a me, altri studenti e professori del campus rimasero in silenzio, i loro volti pallidi e tesi.

Sentivo il mormorio soffocato delle preghiere e i singhiozzi sommessi. Nessuno riusciva a guardarsi negli occhi; il dolore era troppo grande, la colpa troppo pesante.

C'era così tanto non detto, così tanto irrisolto.
La leggera pioggia cadeva incessantemente, come se il cielo stesso piangesse per la sua perdita. Stavo in piedi accanto alla tomba, il fango attaccato ai miei stivali e il mazzo di fiori che stringevo fino a rovinarli.

Mentre il prete continuava con le sue parole di conforto, mi sentii dentro ad un sogno.

Non riuscivo a credere che fosse successo davvero e che la sua risata contagiosa non avrebbe mai più riempito i corridoi del nostro dormitorio.
Mi voltai leggermente e vidi Ryan, con il viso segnato dalle lacrime, Yuna, il cui sguardo vuoto rifletteva la mia stessa disperazione.

Una presenza alle mie spalle mi stava divorando. Uno sguardo gelido e sinistro, nascosto dietro un volto familiare. Gli occhi ardevano di rabbia, uno sguardo così intenso e pieno di odio che sembrava riuscire anche a perforarmi l'anima. Ogni muscolo del suo volto era teso, le labbra sottili piegate in un'espressione di pura malevolenza. La sua presenza, seppur silenziosa, emanava una minaccia palpabile, un pericolo imminente che mi faceva rabbrividire.
Ma nulla aveva più importanza, ormai.

La bara venne calata nella terra con un rumore sordo, e un'ondata di nausea mi travolse.
Quando la cerimonia si concluse, la gente iniziò a disperdersi lentamente ed io rimasi lì, immobile, fissando il terreno fresco che ora copriva il suo corpo.

Una mano calda si posò sulla mia spalla, riportandomi alla realtà. <Non è colpa tua> sussurrò Kaito con voce ferma.

Mi girai verso di lui, le lacrime mi rigarono il viso.
<È tutta colpa mia invece> dissi, la voce rotta dal dolore. <Dovevo impedirglielo>

Il rimorso mi attanagliava il cuore, un peso insopportabile che mi schiacciava il petto. Ogni decisione sbagliata, ogni secondo sprecato a dubitare, tutto tornava a tormentarmi. Non potevo fare a meno di pensare a come avrei potuto evitare questa tragedia.

Il rimpianto si insinuava in ogni pensiero, e sapevo che non mi avrebbe mai più abbandonata.

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