7. 🧸

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“Dario, potrei aver fatto una cazzata.”
“Ti direi che fra dieci minuti sono da te ma, al momento, ho un bambino di 5 anni attaccato alla gamba e una bambina che piange da ore in braccio.” rispose il ragazzo più grande dall'altra parte del telefono.

Duccio si lasciò cadere sul letto, sprofondando sui cuscini, con il cellulare in mano.
La sera prima aveva avuto la grande idea di baciare Andrea sulla guancia prima di essere praticamente scappato via dalla sua auto.

Aveva bisogno di confrontarsi con qualcuno (o meglio, di piangere sulla sua spalla).
Duccio aveva chiamato il suo migliore amico, sperando in un po' di conforto ma, dopo la sua risposta, si ricordò che effettivamente anche lui aveva una vita abbastanza impegnativa.

Lavorava cinque giorni su sette nell'unico asilo nido del paese (gestito da lui) e, nel weekend, era o in libreria o a dare una mano al bunker.

Duccio sentì la voce di un bebè strillare attraverso la chiamata e rifletté un attimo, prima di dire
“Facciamo così. Ti raggiungo io all'asilo, così ti aiuto e ti racconto la gran cavolata che ho fatto.”
Ci fu un secondo di silenzio, interrotto dalla voce di Dario che cantava una ninna nanna.
“Va bene. Ti aspetto.” disse poi, chiudendo la chiamata.

Un quarto d'ora più tardi, il rosso si trovava al centro del salone pieno di giocattoli, seduto su un tappeto colorato, con un infante in grembo e una bimba che giocava con i suoi capelli.

“Quindi, se ho capito bene... siete stati ad un appuntamento e tu l'hai baciato.”
"Non era un appuntamento!" esclamò Duccio sottovoce, per non svegliare il pargolo fra le sue braccia.

“Ti ha letteralmente chiesto di uscire. E ti ha portato a mangiare. Fra l'altro in un posto sperduto.”
“Fosse quello il problema.”
“Non capisco di cosa ti preoccupi.” sospirò Dario, appoggiandosi sul muro azzurro pastello, mentre controllava con la coda dell'occhio un gruppo di bambini giocare davanti a lui.

“L'ho baciato. Sulla guancia!”
“E...?”
“Si può essere più patetici di così?”
“Giuro che non ti capisco. Vi siete tenuti per mano, è chiaro che Andrea sia interessato a te.”
“Sì ma... non in quel senso, l'ha fatto semplicemente perché voleva consolarmi.”

La bambina che lo stava pettinando gli tirò i capelli. Ahia.

“A me sembra che tu stia cercando di autoconvincerti di non piacergli.”
“È palesemente etero.”
“Ancora con questa storia? Ma tu non eri quello contro i pregiudizi?” la voce di Dario suonò disperata.

“Non ricordarmi di come ha parlato a Jacopo della sue conquiste in discoteca. Da quando l'ho sentito mi domando come faccia a piacermi uno come lui. È palesemente etero!” questa volta la sua voce risuonò per la stanza, attirando l'attenzione della bambina con le manine sulla sua testa.

“Coa vol die?” chiese innocente, mostrando i denti che le mancavano.
“Giulia, lascia stare, questi sono discorsi da grandi.” la riprese Dario.
“Sta arrivando la tua mamma. Vieni che ti metto le scarpine.”

Il ragazzo rasato approfittò di quell'occasione per allontanarsi da Duccio e dalle sue inutili paranoie, prendendo Giulia per mano.

Mentre ascoltava il suo amico che aiutava la bimba a prepararsi, osservò il neonato fra sue braccia.

Si chiese se quello che aveva detto Dario fosse vero. Si stava autoconvincendo che fra lui e Andrea non ci fosse nulla?
Era così tanto tempo che non si sentiva realmente amato che, ogni volta che qualcuno dimostrava un singolo gesto di affetto nei suoi confronti, lui non si reputava all'altezza.

Dario tornò senza bambina.
“Tra poco è orario di chiusura, li passeranno a prendere entro mezz'ora.”
“E questo bimbo?”
Il più basso si chinò, facendo cenno a Duccio di passarglielo.
“Lo porto di là con gli altri piccoli. Tu puoi dirigere questi marmocchi all'ingresso?”

Mani Strette | Faster/PiccoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora