«Continuo a chiedermi come fai a stare comodo in quella posizione, Jurassic park.»
Ramiro alzò gli occhi dal suo blocco da disegno e li puntò sul ragazzo che, da quella fatidica notte piovosa, aveva iniziato a essere una costante nelle sue giornate al college.
Grayson Helmer aveva una sigaretta che gli pendeva da un angolo delle labbra, una piccola scia di fumo gli offuscava un lato del viso, un occhio azzurro era socchiuso e aveva le mani ficcate nelle tasche del giaccone verde militare.
Ramiro si era appollaiato su un muretto, sotto un paio di salici piangenti spogli, a disegnare con i carboncini sul blocco che si portava sempre nello zaino. Si era posizionato con una gamba piegata sul muretto che sosteneva il blocco, una a penzoloni e la lunga schiena completamente curvata in avanti. Era una posizione indubbiamente scomoda per molti, ma non per lui.
Fuori faceva freddo, ma non lo pativa anche se aveva le mani sempre gelide; il cielo era grigio, a ogni piccolo respiro si innalzava una nuvoletta densa di condensa, ma all'interno di palazzo Franklin c'era troppo fracasso e fermento per via degli ultimi test prima dell'inizio delle vacanze di Natale e gli stava venendo mal di testa, nonostante le cuffie che lo proteggevano.
Aveva un'ora di buco prima della prossima lezione con Sebastian e la professoressa Reyes, quindi aveva deciso di trascorrerla fuori.Non aveva ancora intravisto Mae e Jamila, ma aveva il presentimento che si sarebbero presentate dinnanzi a Ramiro prima del termine della sua ora di buco. Era l'ultima lezione della settimana, quello stava a significare che l'indomani sarebbe dovuto andare al pranzo-compleanno dei colleghi di Evan.
Non gli stava ancora venendo un attacco di ansia sociale, ma sapeva che era appostato dietro l'angolo, pronto a fare un salto in lungo per arrivare da lui e fargli venire una delle sue consuete crisi.
«Sto bene», rispose brevemente Ramiro.
Grayson roteò gli occhi, afferrò con indice e medio il filtro della sigaretta e rilasciò una nuvola di fumo che si confondeva con il grigio del cielo di quel giorno a Rockford.
«Ne dubito, Lockwood. Non sembri una persona che sta bene», replicò e si andò a sedere accanto a lui sul muretto, le caviglie incrociate e ai piedi un paio di Nike dello stesso verde del giaccone con le suole infangate.
Ramiro inarcò le spalle e continuò a muovere il carboncino sul foglio. Quando disegnava con i carboncini gli si scurivano sempre le unghie, ma non gli dava fastidio.
Avvertì le occhiate di Grayson e la nicotina che gli faceva pizzicare le narici.
«Chi è questa bambina?» chiese il nipote del rettore.
Ramiro sollevò il carboncino dal foglio e si mise a scrutare il suo lavoro. Non sapeva bene come si fosse ritrovato a disegnare il profilo di Fiona, il naso e le guance ricoperte di lentiggini chiare e le labbra appena imbronciate.
Fiona era una bambina speciale. Raramente Ramiro si trovava a essere in sintonia con qualcuno, figuriamoci con un bambino, eppure quella bambina dai capelli arancioni aveva qualcosa di diverso. Aveva qualcosa che aveva attirato Ramiro.
«Si chiama Fiona.»
Grayson gli sfilò il blocco dalle mani, il carboncino che stava usando gli cadde atterra. Ramiro sospirò, l'irritazione che prese a pungolargli quel lato del sistema nervoso che non funzionava come un cervello standard.
«Non ti ho chiesto come si chiama, ma chi è. Tra l'altro, Fiona è un nome di merda.»
Ramiro si riprese il blocco prima che Grayson decidesse di sfogliare il resto dei disegni, ce ne erano alcuni che ritraevano Evan e non voleva che li vedesse. «È la figlia di Evan.»
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Come una lucciola tra le nuvole (Red Moon Saga Vol. 6)
ChickLitAsperger. A Ramiro gli è stato diagnosticato solo a quattordici anni. Per tutta la vita non hanno fatto altro che farlo sentire strano, fuori posto, sbagliato, con tutte le rotelle fuori posto. Tranne sua madre. La vita in Messico non è stata faci...