Cap 2 (parte 2) - Ricevimento finito in malora

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L'edificio si delineò imponente davanti gli occhi stanchi di Lucilla che camminava ormai da venti minuti buoni, senza possibilità di fare sosta.
Senza prendere in considerazione il fatto che lei era incatenata come le bestie da soma attraverso un pesante collare metallico da cui partiva una catena ferrosa, sorretta e tenuta ben salda nelle mani del nobile.
A proposito come avevano detto che si chiamava? La domestica fifona si ricordò, l'aveva chiamato Ludwig.
Si era dimenticata il nome del suo aguzzino, tanto importante quanto irrilevante.
Il grassone a differenza di lei, viaggiava a cavalcioni su uno schiavo visibilmente deperito messo a quattro zampe, l'espressione vuota, priva di qualsiasi emozione; di ciò che ne era stato di lui, esisteva soltanto il guscio che eseguiva meccanico i compiti assegnati. Faceva pena. Ed era lì che la rabbia di Lucilla le ribolliva nello stomaco in egual modo a un vulcano in procinto di eruttare.

Se dio glielo avesse concesso, l'avrebbe strangolato a mani nude fino a farlo stramazzare per terra.

Dopo altri cinque minuti di cammino finalmente giunsero ai cancelli principali; le guardie uguali tra loro alzarono le sbarre con il verricello manuale per consentire l'avanzamento degli invitati.

La mora osservò il castello ora più grande grazie alla vicinanza. Si sentiva schiacciata dall'opulenza che quel luogo le trasmetteva ed era solo all'inizio, nel porticato. Non osò immaginare cosa l'attendeva una volta varcato l'uscio.

I primi gruppi di persone apparvero nel cortile anteriore, erano vestiti nella stessa tuta bombata di Ludwig, solo più decorata in vista dell'occasione, e come previsto dall'uomo, tutti gli sguardi si posarono su di loro, o meglio su Lucilla.
Era bastato mezzo secondo perché la notassero.

Indistinti commenti svolazzarono tra i presenti, ammirati alcuni invidiosi della sua bellezza che eclissava quella delle loro schiave. Le mogli si mostrarono irritate alle occhieggiate senza contegno dei mariti allungacollo.
La donna mora in me che non si dica, finì al centro dell'attenzione, proprio ciò che detestava. Le si infiammarono le orecchie mentre sfilava imbarazzata lungo il viale che conduceva all'ingresso.

Era cominciata malissimo.

Una volta nella sala, fu anche peggio. L'ambiente chiuso era la scusa adatta per poterla guardare meglio.
Lucilla desiderò che sotto i suoi piedi si aprisse improvvisamente una voragine che l'inghiottisse senza lasciare traccia.
Per fortuna le fu concesso un minimo di libertà e lei prese la palla al balzo mettendosi a sedere appartata in un angolo, lontana da occhi indiscreti a pensare all'avvenire.

In verità c'era poco a cui pensare. La sua vita era già andata a scatafascio, e il futuro si prostrava incerto davanti ai suoi occhi.
Bastava un singolo passo falso ed immediatamente scattava la punizione.
Poteva essere carina quanto voleva, poteva usufruire di trattamenti speciali, ma se si disubbidiva, non c'era bellezza che potesse pararle il fondoschiena.

Era persa nella tristezza quando il campanello tintinnò, annunciando l'arrivo degli sposini.
Nel campo visivo generale, apparve la coppia.
Il ricevimento decollò appena alla loro entrata.

La sposa indossava un abito candido dal taglio semplice, con il corsetto a nastro intrecciato e una scollatura dolcecuore dalle spalle scoperte, la gonna lunga possedeva uno strascico posteriore di svariati metri che strusciava gentile sul pavimento inceramato quasi come a carezzarlo, il velo era sostenuto dalla coroncina piena di diamanti e che scendeva oltre i fianchi seguendo le curve anatomiche della donna. Il mazzo sostenuto tra le mani era composto da due o forse tre varietà di fiori.

Lucilla riconobbe subito le calle.

Lo sposo invece vestiva un elegante frac a tre pezzi, con la catenella dorata dell'orologio a cipolla in bella vista e il papillon.
La differenza fisica corrente tra l'uno e l'altra era esponenziale: lei senza dubbi normopeso mentre il marito letteralmente un porco, con due coscioni di cui ci si poteva ricavare senza difficoltà del prosciutto.
Il grasso della pancia spuntava beffardo da sotto il gilet, sorretto a malapena dalla camicia bianca, i cui bottoni parevano sul punto di cedere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 18 ⏰

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Lucilla, la principessa di MarijoaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora