Cap 2 (parte 1) - Ricevimento finito in malora

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La camera di servizio era ampia, ma arredata con appena l'essenziale.
Sotto la grande vetrata che si apriva sul cortile posteriore, era posizionata la brandina col letto spoglio, mentre a pochi metri da esso, alla parete vi era addossato un capiente armadio in mogano lucido a doppia anta il cui stile ricordava il barocco.
Il paravento che fungeva in quel frangente anche da spogliatoio era all'altro capo del materasso privo di lenzuola, affiancato da un comodino di legno dal design semplice.
In fondo all'angolo sinistro invece vi era l'entrata alle toelette.

Al luogo in generale, ci si accedeva attraverso un corridoio nel retro della magione.

Si capiva a mille miglia distanti che quella stanza fosse adibita esclusivamente per il trattamento degli schiavi ed in effetti, fu lì che Lucilla malconcia fu condotta.
Le domestiche incaricate l'attendevano appena superato l'uscio, ritte come giunchi, già pronte a darle la dovuta sistemata.
Parevano congegni a molla, in procinto a scattare alla minima sollecitazione.
I volti tesi, uguali gli uni agli altri.

Munita di riluttante rassegnazione, la donna infilò la porta sotto la marziale osservazione del suo aguzzino; le gambe che tremolavano, quasi fossero fatte di gelatina, avanzarono incerte a piccoli passi fino a giungere dalle serve, i piedi scalzi, sporchi di sudiciume.

«La voglio pronta tra quaranta minuti intesi?»
Abbaiò l'uomo dal doppio mento alle signore, che all'ordine si mossero solerti, trainate da una forza invisibile e sconosciuta all'umana comprensione.

Subito, due si distaccarono dal gruppo per approcciare Lucilla che venne afferrata con discreta attenzione ad ambo i lati sotto le ascelle, e trasportata cautamente in senso letterale nel bagno, ove l'aspettava la pulizia corporale.
Lei inerte, non oppose resistenza al gesto, primo perché giustamente era troppo debilitata per pensare di potersi ribellare - e tentare adesso equivaleva ad un suicidio catodico - secondo perché aveva un bisogno urgente di cure.

Versava in condizioni pietose, di sicuro se la famiglia l'avesse vista conciata in quel modo avrebbero stentato a riconoscerla. Ma grazie al cielo, l'educazione impartita di pari passo alla bellezza fisica furono la sua ancora di salvezza. Il mezzo che le permettesse di oscillare tra la schiavitù e l'integrazione alla vita nobiliare.
O almeno lei era convinta così.

E comunque, in vista di quella gentilezza così genuina, divincolarsi dalle loro premure come una pazza scriteriata risultava una mancanza di rispetto nei confronti di quelle signore, che infondo facevano solo il loro lavoro e che senza dubbi, fossero nella stessa situazione di lei, data la mesta espressione perpetuamente dipinta sui volti.

Restò in religioso silenzio mentre sentiva le punte dei piedi strusciare sul pavimento piastrellato.

Il Drago Celeste accostato allo stipite della porta, tenne sott'occhio ancora per qualche attimo il gruppetto seguendone i movimenti, fino a quando si convinse a lasciarle andare, abbandonando neutrale il campo.

«L'abito è pronto?»
Abbaiò duro al sottoposto affianco. Costui sobbalzò annuendo col capo.

«Perfetto!»
Esultò compiaciuto, mentre i tacchi delle scarpe ne accompagnarono la voce che fece eco per il corridoio.

Una volta in bagno, Lucilla fu messa a sedere sulla panca adiacente ai sanitari, e con l'aiuto offerto dalle altre, sfilò via gli stracci che a malapena le coprivano gli attributi. Appena libere, le mani accorsero leste a coprire con foga il seno generoso.

Non le era mai piaciuto esporsi dal punto di vista fisico, ma non perché si vedesse brutta o per scarsa autostima, semplicemente teneva molto nell'essere pudica. Generalmente i momenti audaci erano sporadici, mostrati soltanto in presenza di una cerchia ristretta di conoscenze di cui lei vi riponeva la fiducia più totale.
Ora circondata da facce nuove, si sentiva pressoché a disagio, sebbene le domestiche fossero prese sul da farsi e la considerassero quel poco che bastava.

Lucilla, la principessa di MarijoaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora