2. Per una volta

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POV Carli Coyote

Otto ore fa, mio fratello mi aveva detto di rimanere ferma al motel e aspettarlo lì. Da allora avevo fatto un giro al centro commerciale più vicino ed ero riuscita a sgraffignare un nuovo paio di jeans, e due reggiseni.

Odiavo mettere il reggiseno, ma il mio corpo aveva deciso che i miei undici anni fossero il momento giusto per iniziare a farselo crescere, e ora che ne avevo compiuti dodici, quell'escrescenza aliena sul petto mi dava ancora i brividi.

Non ero particolarmente alta ma avevo l'impressione che il seno fosse sufficiente a confondere le persone riguardo alla mia età. Potevo passare per una quattordicenne. Forse persino una quindicenne.

Quei pochi anni in più facevano la differenza. Le persone mi notavano. I commessi mi tenevano gli occhi addosso quando mi vedevano allungare le mani sugli scaffali dei loro negozi. Era più difficile taccheggiare, ma era una vera benedizione non venire più fermata dagli agenti della sicurezza che volevano a tutti i costi sapere dove fossero i miei genitori.

E c'era un altro risvolto interessante.

Potevo osservarlo anche in quel momento, accasciata alla parete esterna di un pub male illuminato, con ragazzi e uomini che facevano avanti e indietro nel locale per fumare lungo la via delle motociclette parcheggiate.

I loro sguardi viaggiavano su di me, e ci restavano, chi per un momento, chi per due. Probabilmente alcuni si chiedevano semplicemente cosa ci facessi lì. Ma altri indugiavano. Mi guardavano in un modo che avevo imparato a riconoscere.

Mi dava un piacevole brivido stare lì, circondata da potenziali predatori, con il nostro motel a soli cinque minuti di distanza.

Era passato abbastanza tempo, Cassy doveva essere rientrato e aver notato la mia assenza.

Forse.

Forse sarebbe passato a dare un'occhiata.

"Ehi. Non è un posto per bambini, questo."

Alzai gli occhi su un grosso tipo barbuto. Aveva tatuaggi sulle braccia scoperte e un grembiulino bianco da brava donna di casa.

"Fortuna che non sono una bambina, allora."

L'uomo alzò entrambe le sopracciglia. Beh... il seno riusciva ad ingannare quasi tutti. 

"Torna dalla tua mamma o chiamo la polizia."

"E alla polizia cosa frega se sto qui appoggiata ad un muro?"

"Gli frega che è il mio muro. Chiaro?"

La nuvola di fumo attorno al gruppo di motociclisti più vicini iniziò a diradarsi quando gli uomini in cerchio smisero di assaporare la nicotina per interessarsi a noi. 

C'era qualcosa di sbagliato in me. Tutti quegli occhi addosso, invece di intimorirmi, mi facevano sentire piena di energia.

"Però... a me questo muro piace molto."

Quell'uomo aveva l'aria di una persona violenta. Non avrei saputo dire quali dettagli nella sua postura o nella sua espressione lo rivelavano, ma sapevo sempre riconoscere una persona violenta.

Chi non è abituato ad alzare le mani per risolvere i propri problemi ha addosso un odore diverso. Un'aura di patetica docilità.

L'uomo fece un passo avanti, ma prima che potesse raggiungermi una mano mi stritolò la spalla, facendomi voltare di scatto.

"Ce ne stiamo andando."

Mio fratello Casper non era una persona docile. Non mi aveva mai colpito, ma guardandolo lo si capiva subito... che era un persona violenta.

Blind & BorderlineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora